1999: IL VANGELO SECONDO CAMILLO (di SANDRO MAGISTER)

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INES TABUSSO
00venerdì 18 novembre 2005 12:58
espressonline.it


18.11.1999
Il Vangelo secondo Camillo
di Sandro Magister


Niente più partiti cattolici al proprio servizio. Niente più milizie collaterali. Papa e vescovi scendono in campo direttamente. Come hanno fatto sulla scuola. E come da anni predica il cardinale Ruini


Mai vista una Chiesa cosÌ, in Italia. Nuda e cruda. Senza piu' un partitone come la Democrazia Cristiana a farle da scudo e piu' spesso da impaccio. Senza piu' quelle tesserate milizie di giovani, fanciulle, studenti, laureati, insegnanti, operai cattolici a farle da braccio ubbidiente e tante volte pasticcione. Libera, scatenata, extraparlamentare: è così che vogliono la Chiesa del 2000 il papa e il suo vicario, cardinal Camillo Ruini. Il lancio pubblico del nuovo prodotto l'hanno fatto in piazza San Pietro il 30 ottobre, tema la libertà di scuola. Ed è stato un uragano: in due ore un impatto pubblico maggiore che in mezzo secolo di inconcludenti pourparler di palazzo. Il rilancio sarà per il 16 novembre a Napoli, Teatro San Carlo. Col governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio, che darà il via a quattro giorni di stati generali della Chiesa, tema la società civile. E si prevede pioggia fine ma penetrante.

Al papa il patronato della svolta. Ma il vero stratega è questo cardinale di 68 anni, nato a Sassuolo da padre emiliano e madre veneta, del Cadore. Da giovane lo chiamavano don Camillo. Ma prometteva più come professorino che come parroco sull'argine del Po, con la canonica dirimpetto alla Casa del Popolo. E da professore ebbe del fiuto. Invece che sui teologi francesi alla moda sgobbò sui tedeschi, specie su un certo Joseph Ratzinger, che oggi è in Vaticano il cardinale che vigila sulla dottrina della Chiesa mondiale. In più aveva la politica nell'anima, sua vocazione seconda e qualche volta prima. E anche lì si mosse in anticipo sui tempi: si studiò per bene i maestri del liberalismo, da Tocqueville in giù, quando ancora nessuno li prendeva sul serio tra i cattolici intellettuali tutti progressisti e antiamericani. Così, quando nel 1985, in un memorabile scontro a Loreto, Giovanni Paolo II decise di cambiare la faccia pubblica della Chiesa italiana e di rimetterla in moto come «forza sociale», il neovescovo Ruini era pronto per servire l'idea. Prima come segretario della Conferenza episcopale, poi come presidente e cardinal vicario del papa. Da allora la politica italiana della Chiesa è sua, in simbiosi perfetta con Giovanni Paolo II. Più che il cardinale Richelieu col Re Sole.

Ma è soprattutto dal 1994 che la politica di Ruini è diventata grande politica. La morte della Dc egli la salutò felice, senza una sola lacrima, perché finalmente gli consentiva di muoversi a tutto campo. E con la Dc, considerò perduto anche il mondo cattolico politicante. I suoi leader hanno continuato a battere le strade consuete: presidenti e vicepresidenti dell'Azione cattolica nel partito popolare e nell'Ulivo (Alberto Monticone, Rosy Bindi, Raffaele Cananzi, Giuseppe Gervasio, Franco Monaco); presidenti e vicepresidenti delle Acli, l'associazione dei lavoratori, nell'Ulivo o nei Democratici di sinistra (Giovanni Bianchi, Franco Passuello, Mimmo Lucà); presidenti della Fuci, il cenacolo degli universitari, nei Ds (Giorgio Tonini); capi dell'Agesci, gli scout, anche loro tra Ppi e Ds (Giancarlo Lombardi, Piero Badaloni). Ma Ruini non se ne cura. Stando alla sua futurologia, tutti costoro si attardano su sentieri vecchi, sbagliati. Coi loro maestri. Alludendo a uno di questi, il monaco Giuseppe Dossetti, una volta Ruini disse che era portatore di una «visione catastrofale dell'Occidente». Triste e senza futuro.

Lui invece ha della transizione italiana tra prima e seconda Repubblica una visione molto più dinamica di quella che vige tra i professionisti della politica. L'ha detto lo scorso 20 settembre al consiglio permanente della Cei, ai cardinali e vescovi che vanno per la maggiore, in uno di quei suoi discorsi fiume introduttivi con cui ogni volta dà la linea, in pieno accordo col papa: «La società italiana appare probabilmente più innovativa e al contempo più realista del sistema politico che la rappresenta». E dunque «è molto importante che acquisti nuove capacità di esprimersi e di stimolare l'azione politica e di governo attraverso forme di aggregazione che sappiano intercettare i bisogni concreti e dar loro voce, al di fuori da visioni ormai obsolete e da condizionamenti ideologici».

Ruini parla geometrico, senza pathos. «Ragiona come un arcivescovo tedesco», dice di lui Giorgio Rumi, professore di storia contemporanea alla Statale di Milano ed editorialista dell'"Osservatore Romano". Però quando le sue parole diventano fatti, eventi mediatici, icone di massa, sviluppano una potenza di fuoco che fa tremare. Su scuola, famiglia, bioetica, grazie a quel formidabile atout che è papa Karol Wojtyla, Ruini sa far vibrare la società e scuotere la politica con arte consumata. «Non è un profeta ma un pragmatico», spiega Rumi. «La sua è l'etica della responsabilità. Quello che predica deve essere praticabile. E di tutto si sente in obbligo di calcolare l'effetto».

È taciturno, schivo, a molti enigmatico. Ma non solitario. Il suo disegno diventa più decifrabile se appena si ricostruisce la mappa dei suoi contatti, delle sue consonanze e ripulse. Al consiglio permanente della Cei del 20 settembre ha citato con ammirazione «una nota scrittrice». Non ne ha fatto il nome, ma era la laica Barbara Spinelli, per un editoriale uscito sulla "Stampa" due settimane prima. «Condividiamo con l'autrice di quell'articolo la convinzione che oggi occorre mettere al centro della missione della Chiesa non questioni di organizzazione ecclesiastica, ma la verità: verità di Dio e inseparabilmente verità dell'uomo».

"Avvenire", il quotidiano della Cei, è la lente più adatta per scrutare i pensieri segreti del cardinale. Lo dirige Dino Boffo, un ex capo dell'Azione cattolica che, al pari dell'altro ex presidente Mario Agnes, oggi all'"Osservatore Romano", ha optato per Ruini all'opposto di quasi tutti gli altri ex colleghi d'associazione. Il suo editorialista politico principe è Lorenzo Ornaghi, prorettore dell'università Cattolica di Milano e discepolo di Gianfranco Miglio. Ed è a lui che Ruini ha affidato la sezione politica della Settimana sociale dei cattolici italiani in programma a Napoli dal 16 al 20 novembre. Per capire perché, basta leggere il saggio che Ornaghi ha scritto sull'ultimo numero di "Vita e Pensiero", la rivista della Cattolica. I partiti «antichi» ne escono a pezzi, soprattutto Ds e Ppi. E forte attenzione invece raccolgono quelli «nuovi», i più aderenti ai reali «interessi» della società, dei suoi «ceti più dinamici e produttivi»: non più la Lega ormai «avvitatasi», poco i Democratici, di più la Lista Bonino, più di tutti Forza Italia, «moderata e razionalizzatrice/innovatrice insieme», nella quale anche un leader come Silvio Berlusconi, che tanti «continuano a ritenere un limite», in realtà «attualmente costituisce un punto di forza».

Sullo stesso ultimo quaderno di "Vita e Pensiero" scrive, sul tema bollente della scuola, anche Angelo Panebianco. Che è un laico, ma in tutto concorde con Ruini e il papa sulla parità scolastica e tante altre cose. Panebianco, che è anche editorialista del "Corriere della Sera", è il politologo non cattolico più stimato dal cardinale. Per due volte nell'ultimo anno lui e Ornaghi hanno incrociato le penne dalle rispettive tribune giornalistiche: lo scorso agosto con due coppie consecutive di editoriali alternati. Amichevolissimi. Convergenti nell'umiliare il pensiero cattolico progressista e nell'esaltare invece quello cattolico liberale di impronta anglosassone: «da Tocqueville a Lord Acton».

Un altro politologo laico caro a Ruini è Ernesto Galli della Loggia, anche lui editorialista del "Corriere". E del settimanale "Liberal". Che è un bel crocevia. Con la curiosa scritta, sotto la testata d'origine: «Un incontro tra cattolici e laici». E con una terna di cofondatori che più ruiniana non si può: Galli della Loggia, Rumi e Ferdinando Adornato, il direttore. "Liberal" ha il quasi monopolio delle rare presenze pubbliche extraecclesiastiche del cardinale. Promuove convegni, lancia manifesti politici: l'ultimo, nei giorni scorsi, sulla parità scolastica. Tesse contatti con magnati dell'industria e della finanza. Il patron della rivista, Cesare Romiti, da sempre cattolico professo e con un debole per la grande politica, è anche lui un prediletto di Ruini.

I poteri forti, infatti, non gli sono preclusi. Nel tempio una volta laico della Banca d'Italia Ruini è di casa. Il governatore in carica, Fazio, cattolicissimo e in profumo d'Opus Dei, è da sempre uomo di fiducia del cardinale. E l'ex governatore, poi passato ai vertici della politica, Carlo Azeglio Ciampi, è entrato nelle sue grazie da almeno un anno, da prima d'essere eletto capo dello Stato. Pessima è invece da tempo la considerazione che il cardinale ha di Oscar Luigi Scalfaro: uomo pio sì, ma troppo legato alla vecchia politica di palazzo per riuscirgli accettabile. Controprova: lo strillo di Scalfaro contro quella che ha definito «scena di contaminazione» tra Chiesa e Stato, sulla scuola, in piazza San Pietro.

E in tema d'economia? Anche qui Ruini ha le sue idee fuori dal coro. Il 1. ottobre, parlando ai professori della Cattolica, ha detto loro di togliersi dalla testa l'idea che il libero mercato necessariamente affami «le fasce più deboli delle popolazioni». Musica per le orecchie dei liberisti puri, sia laici come Antonio Martino e Angelo M. Petroni, sia cattolici come Dario Antiseri e Lorenzo Infantino. In politica internazionale è un realista e su "Avvenire" ha dato sempre spazio al controcanto dei sostenitori della guerra contro la Serbia, nonostante la diversa linea vaticana. I pacifisti, quelli a senso unico, non li sopporta. Ama scompaginare le appartenenze e ascoltare le voci trasversali. Ha gradito che la celebrazione del trentennale dell'"Humanae Vitae" venisse affidata alla firma laica di Lucetta Scaraffia, docente di storia all'università di Roma "La Sapienza". Per leggervi, scritto proprio da lei, un magnificat alla contestatissima enciclica di Paolo VI, promossa da «retrograda» a «profetica».

E sull'aborto, stesso colpo a sorpresa: un folgorante corsivo in difesa del diritto alla vita dell'embrione, firmato sulla prima pagina di "Avvenire" dallo scrittore Erri De Luca, non credente e di sinistra. Bipolarista convinto, il cardinal Ruini lascia fin troppo intuire per chi vota. Ma come uomo di Chiesa mira all'eterno, non è facile da imprigionare. Pensa da papa. E chissà che un giorno non lo diventi davvero.

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