AMNISTIA: CRONISTORIA E COMMENTI

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INES TABUSSO
00martedì 27 dicembre 2005 22:42

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NEW del 27 dicembre 2005
Amnistia in discussione oggi alla Camera dei Deputati
di Mauro W. Giannini

Da questa mattina ha luogo la seduta straordinaria richiesta da oltre 204 deputati per discutere la concessione di un'amnistia richiesta da alcune centinaia di parlamentari e da una marcia a Roma il giorno di Natale e che in in Italia non viene promulgata da 15 anni.

Alla proposta, lanciata da Roberto Giachetti della Margherita, avevano aderito molti esponenti dell'Unione ma anche parlamentari del centrodestra come Francesco Nitto Palma, Guido Crosetto, Michele Saponara e Maurizio Lupi (FI) e altri del Nuovo Psi e dell'Udc. I deputati presenti in Aula a Montecitorio all'inizio della seduta erano pero' un'ottantina. Per il governo presenziano i ministri Buttiglione e Baccini e quattro sottosegretari. Presenti molti esponenti della sinistra, fra cui quasi tutto il gruppo dei Verdi (critici verso il precedente indultino), ed alcuni parlamentari della maggioranza.

Secondo l'articolo 79 della Costituzione, "l'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale". L'esame dei progetti di legge in materia di amnistia ed indulto e' in realta' gia' in corso presso la Commissione giustizia, ma il testo unificato adottato dalla Commissione ha per oggetto solo la concessione dell'indulto.

Il 14 dicembre scorso la Commissione ha dato mandato al relatore del pdl di verificare presso i gruppi la sussistenza delle condizioni politiche necessarie per riprendere l'esame del provvedimento dopo una lunga pausa che dura dal 2003. Le possibilita' attuali sono essenzialmente due, quella di fissare al 10 gennaio una seduta che si concluda con ampia votazione a favore del provvedimento o quella di far durare la discussione fin quasi alle elezioni.

Ieri Maurizio Gasparri - incaricato di illustrare alla Camera la posizione del suo partito - aveva ribadito ai giornalisti il no di Alleanza Nazionale: "l'umanizzazione della pena non puo' essere trasformata in una sorta di perdonismo generalizzato". A giudizio di Gasparri, che invita tutte le parti in causa a prendere una posizione chiara in merito, "il lavoro delle forze dell'ordine, l'impegno per contrastare il crimine, la necessita' di tutelare la gente comune esposta alla criminalita' predatoria, devono imporre serieta', rigore e coerenza... No quindi ad amnistie e indulti, si' ad una maggiore rapidita' della giustizia ed alla certezza della pena''.

Sembra rispondergli Armando Cossutta, secondo cui "la certezza della pena è un elemento determinante della capacità di amministrare la giustizia. Tuttavia, le modalità con cui essa viene esercitata non possono lasciarci indifferenti" mentre "il panorama delle nostre carceri non è certo confortante". Inoltre "la detenzione riguarda infatti i più marginali, una massa di senza diritti" mentre la "maggioranza sforna leggi inutili, palesemente incostituzionali e intrise di cultura repressiva, proprio per nascondere le leggi ad personam per gli imputati eccellenti".

Secondo Clemente Mastella (Udeur), non si raggiungera' il consenso, come gia' accaduto in questi tre anni. Vittorio Sgarbi ha annunciato invece ieri che oggi, insieme a Corbelli, avrebbe occupato simbolicamente Montecitorio. In piazza Montecitorio e' in corso una manifestazione della Rosa nel Pugno e del movimento Diritti Civili. I DS avevano invece aderito alla marcia di Natale a favore di amnistia e indulto inviando fra gli altri i senatori Gavino Angius e Massimo Brutti.

La "Marcia di Natale per l'Amnistia, la Giustizia e la Libertà", promossa da personaggi di primo piano della politica e della societa' civile come Don Antonio Mazzi, Don Luigi Ciotti e Don Andrea Gallo, i senatori a vita Giulio Andreotti, Emilio Colombo, Francesco Cossiga, Rita Levi Montalcini, Giorgio Napolitano e Sergio Pininfarina e i presidenti emeriti della Corte Costituzionale Antonio Baldassarre e Giuliano Vassalli, ha voluto evidenziare "la più grande questione sociale del nostro Paese, determinata dalla non-amministrazione della giustizia e dalla disastrosa situazione delle carceri, fatti per cui lo stato italiano è stato condannato dalla giustizia europea, sin dal 1980 e ripetutamente, per violazione di diritti umani fondamentali".

I recenti dati, per i quali hanno espresso preoccupazione sia il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi che il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, parlano infatti di 60.000 detenuti ammassati in celle che potrebbero ospitarne al massimo 42.000, ma i promotori della marcia hanno sottolineato che almeno 18 milioni di cittadini italiani e le loro famiglie "sono parti in causa negli attuali 9 milioni di processi pendenti, molti dei quali destinati a risolversi per prescrizione (come è accaduto a 1 milione di processi negli ultimi cinque anni)". Infatti, secondo il recente rapporto del Consiglio d'Europa, circa il 30% della popolazione italiana e' in attesa di una decisione giudiziaria.


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IL MESSAGGERO
27 Dicembre 2005
BUONI PROPOSITI MA SCARSI RISULTATI
di CARLO NORDIO

SECONDO l’insegnamento del grande storico Edward Gibbon, le doti del buon politico sono l’intelligenza per comprendere, il coraggio per risolversi e la forza per agire. In termini meno solenni, potremmo dire che quando si decide se fare o meno una cosa occorre capire prima cosa si vuole ottenere. Così è per l’amnistia: utile quanto a intenzioni, inutile quanto a efficacia. Vediamo il perché.
Come gesto di riconciliazione, o meglio come manifestazione di coraggioso auspicio per un miglioramento della giustizia, può anche andar bene. In fondo essa è stata una costante ciclica della Prima Repubblica mitigando, con frequenza biennale, la sgangherata iniquità del nostro sistema incancrenito da una legislazione bizantina e contraddittoria, tanto severa nel gridare le pene astratte quanto incapace di eseguire quelle concrete. Per di più essa è stata auspicata, e virtualmente suggerita, da una storica omelia del Santo Padre, cui le forze politiche hanno prestato, con corale entusiasmo, un ossequio sincero, se non addirittura servile. Infine essa è attesa da tempo dai detenuti presso i quali sono state sollevate, forse imprudentemente, trepidanti aspettative. La loro delusione, più che ingiusta, sarebbe crudele e forse pericolosa.
Se tuttavia si crede che essa possa risolvere, o almeno ridurre, i problemi della giustizia in genere e del sovraffollamento carcerario in specie, è bene chiarire che non serve a nulla, e per varie ragioni.
La prima è che circa la metà dei detenuti è in carcerazione preventiva: sta cioè in galera in attesa del processo e, si presume, della condanna. Per loro l’amnistia è generalmente incompatibile con i reati per i quali sono stati arrestati; e l’indulto, che estingue la pena, è ovviamente prematuro. La seconda è che, sempre una buona metà dei detenuti è in carcere per rotazione. Ci sta qualche giorno, viene liberata e sostituita da altri. Non occorre essere giureconsulti per capire che anche qui l’amnistia non serve a niente. In ogni caso, tempo un mese, saremmo daccapo. La terza è che, tradizionalmente, l’amnistia riguarda dei reati minori; e poiché la stragrande maggioranza dei detenuti in espiazione è condannata per delitti gravi, essi non ne trarrebbero alcun beneficio. Va da sé che una amnistia vera e seria dovrebbe allargarsi oltre i tradizionali confini dei reati bagattellari. Ma in tal caso le vestali del moralismo griderebbero allo scandalo, e ritorneremmo come sopra. L’ultima è che il sovraffollamento delle carceri è determinato da due problemi attualmente insolubili: la lunghezza dei processi, e l’esistenza di una cosiddetta microcriminalità che allarma molto i cittadini e che è legata a due fenomeni ben noti, la tossicodipendenza e l’immigrazione clandestina. Per il semplice fatto che i drogati e i clandestini rubano, potremmo dire, per necessità: i primi per pagarsi la droga, i secondi per pagare la mafia che li ha traghettati in Italia e per mantenersi. Questa realtà dura, ma evidente, può essere affrontata solo in termini strategici o, come si dice, strutturali. Ma innesta una problematica umana e sociale così delicata che le forze politiche, le quali hanno certamente l’intelligenza per comprenderle, non hanno il coraggio per risolversi e tantomeno la forza per agire. Il grande Edward Gibbon ha insegnato invano.


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LA STAMPA
27 dicembre 2005
La sagra dell’ipocrisia
di Michele Ainis

Stamani si riunisce la Camera in seduta straordinaria, su richiesta di 207 deputati. E va in onda per l’ennesima volta il teatrino della politica. Anzi il «teatrone», come lo definiva un paio d’anni fa un libro di Filippo Ceccarelli. Un luogo dove lo spettacolo soppianta la realtà, dove i contratti firmati in tv sopra una scrivania di ciliegio rendono superflua l’esposizione del programma di governo dinanzi a un’assemblea parlamentare, dove il salotto di Vespa conta ben più di Montecitorio e di Palazzo Madama. Che possiamo farci, è la legge del nostro tempo. Post-democrazia, è così che si chiama. L’emblema d’un paesaggio politico in cui il sondaggio ha ormai sostituito il voto, in cui la dichiarazione alle agenzie di stampa prende le veci della decisione, in cui i comici fanno campagna elettorale mentre i politici cantano le canzoni di Apicella.

D’altronde questa di oggi non è che una replica, una seconda volta. La prima assoluta si è celebrata il giorno di Natale, durante la marcia convocata da Pannella. E anche in quel caso l’importante era apparire, rilasciare un’intervista, bucare il video d’una telecamera. Sarà per questo che di gente comune se n’è vista poca. Ma il ceto politico no, era presente in massa. Presidenti e segretari di partito, ex capi di Stato, colonnelli delle più varie armate. Tutti loquaci, prima durante e dopo. Tanto più in un giorno di festa, quando la giberna delle cronache di Palazzo è vuota. Tanto più a Natale, quando tutti si sentono più buoni.

Sicché è iniziata la girandola delle dichiarazioni. Berlusconi si è detto favorevole all’amnistia, ci mancherebbe altro; però per tutta la legislatura non ha mai mosso un dito. I Ds non hanno preso ufficialmente posizione, ma D’Alema ha sfilato in corteo a titolo personale, mentre Violante - sempre a titolo personale - l’ha bocciata in favore dell’indulto: il cerchiobottismo come arte di (futuro) governo. An e Lega sono per il no, ma pure tra le loro file non manca qualche dissociato, del resto guardato di buon occhio dai rispettivi partiti, hai visto mai. Quanto a Casini, ha proceduto alla convocazione della Camera, anche perché ne aveva l’obbligo; ma l’ha fissata di martedì mattina, quando l’aula è sempre pressoché deserta (dato che i parlamentari fuori Roma dovrebbero montare su un aereo il giorno prima), anziché mercoledì 28, come gli era stato chiesto.

Insomma, la sagra delle ipocrisie. E delle follie, verrebbe altresì da aggiungere. Perché l’altra follia della politica è di rendere impossibili le scelte, o almeno le scelte condivise. Perché ormai è più facile rivoltare come un guanto la Costituzione che raggiungere i due terzi di parlamentari necessari (dal 1990) per varare un’amnistia. E perché a fine gennaio si sciolgono le Camere, sicché in un mese dovrebbe raggiungersi un bersaglio sempre mancato nei cinque anni precedenti. Ma il rischio è che lo spettacolo sia poi preso sul serio dai principali spettatori, i detenuti. Quelli che sgomitano per un po' di spazio in cella, che dormono in tre o quattro brandine una sopra l’altra, che ogni giorno muoiono di carcere. Perciò, nell’interesse del pubblico cui la vostra messinscena si rivolge, cari parlamentari, stipulate almeno una promessa, una convenzione, un patto: la prossima legislatura, nel 2006, a questo formidabile problema pensateci davvero.
micheleainis@tin.it


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L'UNITA'
27 dicembre 2005
ANNA FINOCCHIARO
Per la responsabile Giustizia dei Ds «non era auspicabile che si accendessero speranze che non possono essere esaudite»
«È il trionfo della cattiva coscienza e del cinismo»
di Rinalda Carati / Roma

«Una partita nella quale vedo molta cattiva coscienza, grande cinismo e un disinteresse profondo per le condizioni del carcere italiano», osserva Anna Finocchiaro, responsabile giustizia dei Ds.
Chi ci sarà alla seduta senza votazione della Camera?
«Saranno presenti sicuramente un rappresentante per gruppo, che prenderanno la parola e illustreranno le posizioni del singolo gruppo parlamentare e immagino che ci saranno anche coloro che hanno chiesto la convocazione avvenuta mediante una raccolta di firme su iniziativa dell’onorevole Giachetti della Margherita».
In ogni caso questa non è una giornata conclusiva...
«Credo di no, certamente non ci sarà un voto che sancisca l’orientamento della Camera, però ci sarà l’espressione di volontà da parte di diversi gruppi politici. Devo aggiungere che un qualcosa di analogo è gia maturato nella commissione giustizia della Camera, nel corso di due sedute i gruppi parlamentari si sono espressi sulla medesima questione».
Che cosa è auspicabile accada nei prossimi giorni su questa materia così drammatica?
«Intanto, non era auspicabile che si accendessero speranze che non possono essere esaudite. È stata la nostra prima preoccupazione da quando la questione è stata rimessa all’ordine del giorno del dibattito politico dopo due anni. Era auspicabile che ci fosse un senso di responsabilità massimo da parte di tutti poichè si discute della vita, della speranza, degli affetti di persone che sono in carcere, e in un periodo particolare come quello natalizio. Nella maggioranza c’è un ostracismo a queste misure durissimo da parte della Lega che addirittura considera una provocazione discuterne, Alleanza Nazionale ha una posizione analoga se pure, come dire, un po’ più furbesca, dice aspettiamo 4/5 mesi cosa deriva dall’applicazione della Cirielli e poi decidiamo. La cosa che trovo gravissima è che abbiamo approvato da pochissimo tempo definitivamente la cosidetta ex Cirielli che aumenterà in misura che viene valutata sulle ventimila unità la popolazione carceraria che gia vive in condizioni di sovraffollamento che non consentono una esistenza quantomeno dignitosa all’interno delle carceri italiane.
Beh, c’è anche chi pensa che la soluzione siano altre prigioni...
«Questa è la politica governativa, la summa delle posizioni del governo, di un governo alla scadenza, e dei suoi interventi rispetto a un problema drammatico è: costruire nuove carceri. Quindi si fa la Cirielli, salvo il giorno dopo sentire il ministro Castelli che lancia l’allarme; poi il vicepresidente del consiglio Fini finalmente si accorge, perchè glielo dicono all’incontro con le comunità che curano la tossicodipendenza che la Cirielli impedirà qualsiasi percorso di riabilitazione e promette un emendamento al nuovo testo sugli stupefacenti, testo che probabilmente non verrà mai approvato. Insomma una partita giocata in maniera secondo me cinica con Forza Italia che dall’altra parte sostiene che o è amnistia e indulto insieme o non è: e nessuno di noi si sente rassicurato da una amnistia invocata da Forza Italia che probabilmente vedrebbe inclusi per esempio i reati contro la pubblica amministrazione, in un momento in cui il paese è così fortemente provato dal disagio, dallo sconcerto per quello che sta avvenendo nelle vicende che hanno interessato il settore bancario e finanziario. L’Udc anch’essa assume una posizione amnistia-indulto assieme: nessuno riflette su un dato che secondo me è il dato di verità. Se davvero vogliamo fare fronte al sovraffollamento carcerario l’unica misura che funziona è l’indulto, l’amnistia sgombra i tavoli dei pubblici ministeri, l’indulto sfolla le carceri. Infine resta l’argomento degli argomenti: l’amnistia va accompagnata a provvedimenti strutturali che evitino il riprodursi in breve tempo delle medesime condizioni. Ma questo governo in 5 anni non ne ha preso neanche uno solo; anzi ha tagliato risorse, e ha introdotto continue modifiche legislative tese a fare del processo penale una specie di percorso a ostacoli.


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CORRIERE DELLA SERA
27 dicembre 2005
La credibilità di un'istituzione
Pierluigi Battista

Oggi a Montecitorio non sarà in gioco soltanto la sorte dell'amnistia ma anche la credibilità e l'immagine del Parlamento italiano. Duecentosette deputati, dell'opposizione ma anche della maggioranza, hanno chiesto e ottenuto dall' assemblea dei capigruppo e dal presidente Pier Ferdinando Casini la convocazione di una seduta straordinaria della Camera per discutere di amnistia in una giornata difficile e secondo scadenze anomale, nel cuore della pausa natalizia, proprio per sottolineare il carattere di urgenza di una scelta urgente e improcrastinabile. Può anche accadere, e sarebbe un male, che di qui alla scadenza elettorale oramai prossima un provvedimento di clemenza non possa avere attuazione. Ma apparirebbe come una indelebile macchia sull'immagine della nostra democrazia parlamentare lo spettacolo deprimente di un' Aula semivuota, distratta o indifferente.
Sarebbe un sintomo di sciatteria e di negligenza, l'apertura di un divario drammatico tra le aspettative generate da un atto esplicitamente straordinario e la realtà di un Parlamento pigro e riottoso. Chi ha chiesto la convocazione di una seduta straordinaria alla Camera, a cominciare da Roberto Giachetti che di questa proposta è il principale artefice, non aveva certo speranza che in poche ore il Parlamento potesse votare e decidere su una materia così delicata e controversa come l'amnistia. Ma i 207 deputati che hanno meritoriamente risposto all'appello natalizio di Marco Pannella (tra loro Rosy Bindi, Renzo Lusetti, Antonio Maccanico, Ermete Realacci e Roberto Zaccaria della Margherita, Raffaele Costa, Francesco Nitto Palma, Michele Saponara e Guido Crosetto di Forza Italia, Antonio Soda, Livia Turco, Barbara Pollastrini, Laura Pennacchi dei Ds, il verde Alfonso Pecoraro Scanio, Armando Cossutta dei Comunisti italiani, Franco Giordano di Rifondazione comunista, il socialista Bobo Craxi, l'intero stato maggiore dello Sdi di Enrico Boselli) hanno voluto spronare il Parlamento a una discussione che rischiava di sprofondare nelle sabbie mobili della routine, ostaggio di veti contrapposti e di inerzie trasversali.
La Camera, tramite soprattutto il suo presidente, ha dato parere positivo all'appello. Oggi finalmente, in un'atmosfera volutamente drammatizzata, il Parlamento può permettere agli schieramenti dei favorevoli e dei detrattori dell'amnistia di dire la loro. Sulla scia di un appello solenne che ha coinvolto oltre un terzo dei deputati, chi è contrario a qualsiasi provvedimento di clemenza potrà uscire allo scoperto, senza i sotterfugi del passato. Chi invece si batte per l'amnistia (o in alternativa per un indulto che sappia fronteggiare l'indice tragico di un sovraffollamento delle carceri evidentemente non ridimensionato dall'«indultino » precedentemente varato dal Parlamento) potrà entrare nei dettagli, delineare la fisionomia concreta di una legge, controbattere agli argomenti di chi considera l'amnistia addirittura un attentato alle ragioni della sicurezza e della lotta alla criminalità.
Ma se ai generosi appelli seguisse stamattina (come qualcuno già teme) la visione di un'aula della Camera disertata dalla quasi totalità dei parlamentari ma persino dai deputati tra i cui ranghi è partita la richiesta della seduta straordinaria, vorrebbe dire che le peggiori previsioni verrebbero confermate, a dimostrazione che l'amnistia può restare un argomento da affrontare con distacco accademico, non una priorità riconosciuta come tale da chi deve legiferare. Magari fosse soltanto un eccesso di pessimismo, facilmente smentito in queste ore da un Parlamento reattivo e partecipe. Comunque vadano le cose, la data del 27 dicembre 2005 è destinata a restare nella memoria parlamentare: come il giorno in cui il Parlamento ha dedicato un'attenzione straordinaria a un tema delicatissimo, oppure il giorno in cui a una grande attesa si è risposto con il deserto, o con la fuga.


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LA REPUBBLICA
27 dicembre 2005
"NON E' UN LAVORO INUTILE LASCIAMO UN'EREDITA' AL NUOVO PARLAMENTO"
CASADIO GIOVANNA intervista PECORELLA GAETANO
www.senato.it/notizie/RassUffStampa/051227/9gqpl.tif


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LA REPUBBLICA ON LINE
27 dicembre 2005
Solo 130 deputati per la seduta straordinaria, manca la metà dei promotori
Il ministro Castelli, assente: "Vergogna". Ma Pannella è soddisfatto
Amnistia, dibattito inutile alla Camera
La palla torna in Commissione
Muro contro muro tra i partiti, la spinosa questione sarà ripresa a gennaio

ROMA - La soluzione del caso amnistia è ben lontana. Il dibattito in seduta straordinaria alla Camera dei deputati sull'opportunità di deliberare un provvedimento di clemenza nei confronti della straboccante popolazione carceraria è servito solo a ribadire quanto già si sapeva. Le forze politiche continuano ad avere posizioni diversissime anche all'interno delle stesse coalizioni. E sul tema la sensibilità dei parlamentari non è certo alta.

Presenti a Montecitorio questa mattina erano infatti 136 deputati, di cui 93 dei 205 che avevano richiesto la convocazione della Camera. All'appello mancavano quindi più di cento parlamentari firmatari del documento che aveva imposto al presidente della Camera Pier Ferdinando Casini di convocare la seduta straordinaria nel cuore delle vacanze natalizie. Assenze che hanno fatto gridare alla "vergogna" il ministro della Giustizia Roberto Castelli, tenutosi anche lui a debita distanza da Roma malgrado il tema del dibattito fosse di sua stretta competenza.

A rappresentare il governo sui banchi di Montecitorio non c'era neppure il ministro dei rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi, ma solo i ministri Rocco Buttiglione e Mario Baccini, accompagnati dai sottosegretari Michele Saponara (Interno), Domenico Di Virgilio (Sanità), Cosimo Ventucci (Rapporti con il Parlamento) e Luigi Vitali (Giustizia).

Eppure i tanti spazi vuoti, colpa secondo il diessino Adduce dell'orario "proibitivo" fissato da Casini per l'inizio della seduta (le 9,30), non hanno deluso il grande sponsor dell'iniziativa, il leader radicale Marco Pannella. "Constato - si è lamentato - che alcune agenzie di stampa e un telegiornale d'obbedienza nazional-clericale hanno subito affermato che alla Camera stamani sono stati e sono pochi i deputati". "Se si è capaci di dare informazione corretta e onesta - ha poi aggiunto Pannella - andrebbe anche precisato che in realtà la presenza di deputati è stata straordinaria nel numero e spesso nella qualità dei loro interventi se ci rapportiamo ad analoghi, comparabili lavori parlamentari".

In Aula, comunque, i più presenti erano i diessini (34 deputati), poi la Margherita con 25. In percentuale rispetto alla loro consistenza parlamentare, il record delle presenze sembra se lo siano aggiudicati i socialisti della Rosa nel Pugno, che erano in otto, con in testa il presidente dello Sdi Enrico Boselli. I Verdi erano in sei, compreso il leader Alfonso Pecoraro Scanio. Sette i deputati del Prc, e cinque quelli del Pdci e uno dell'Udeur. Nei banchi della maggioranza, i più numerosi sono stati i deputati di Forza Italia, con 26 presenze. Presenti anche otto deputati di An e tre della Lega, i due partiti nettamente ostili all'amnistia e all'indulto. Tre i deputati dell'Udc, e tra loro il ministro Rocco Buttiglione.

Al di là della disputa sui numeri, resta comunque l'insuccesso della sostanza del dibattito. I partiti si sono presentati fermi nelle loro posizioni, andando ad un duro muro contro muro che sembra offrire ben poche possibilità di sintesi e mediazione. A trarne le conseguenze è stato alla fine anche Casini, che ha stabilito di passare il difficile compito di trovare una soluzione alla Commissione Giustizia.

"Si chiede di portare subito in Aula un provvedimento di clemenza - ha sottolineato il presidente della Camera concludendo i lavori - Ma quale provvedimento? L'amnistia? L'indulto?". "Occorre fare chiarezza sul punto - ha aggiunto - e l'unica sede che appare adatta al riguardo è la Commissione Giustizia. "Altrimenti - ha detto ancora Casini - noi parliamo di un provvedimento indefinito nei contenuti e non sappiamo nemmeno di cosa parliamo". "Non appena la commissione avrà votato un testo, qualunque esso sia" Casini si è impegnato a "riunire la conferenza dei capigruppo per portare immediatamente al voto dell'assemblea il provvedimento".

La sollecitazione del presidente della Camera è stata subito recepita dall'ufficio di presidenza della commissione Giustizia che ha stabilito di affrontare la questione nel pomeriggio del 10 gennaio ripartendo dal testo su cui la commissione aveva lavorato due anni fa, e cioè un indulto con uno "sconto" di due anni della pena.
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