ANCORA SULLA CANDIDATURA DI GERARDO D'AMBROSIO

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INES TABUSSO
00domenica 5 febbraio 2006 22:48

05/02/2006 - "LA REPUBBLICA", Pag. 15
UNIONE, IL GIORNO DI D'AMBROSIO
di: CINZIA SASSO
www.difesa.it/files/rassegnastampa/060205/9ULJ1.pdf




05/02/2006 - "LA STAMPA", Pag. 9
FASSINO: CON D'AMBROSIO LEGGI PIU' GIUSTE
di: PAOLO COLONNELLO
www.difesa.it/files/rassegnastampa/060205/9UL61.pdf




05/02/2006 - "LIBERO QUOTIDIANO", Pag. 7
"COSI' D'AMBROSIO TIRO' FUORI DAI GUAI I DS"
Intervista a: STEFANIA CRAXI
di: TOMMASO MONTESANO
www.difesa.it/files/rassegnastampa/060205/9UKVH.pdf



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CORRIERE DELLA SERA
5 febbraio 2006
DA DESTRA / «Nel ’74 non mandò in prigione me, militante fascista, accusato
per piazza Fontana»
Paglia: quel magistrato è un galantuomo

ROMA - «Altro che toga rossa! Gerardo D’Ambrosio è un magistrato garantista,
serio, scrupoloso. E’ lui il giudice istruttore che nel 1974 si rifiutò di
arrestare uno come me, militante fascista di Avanguardia nazionale, accusato
di aver avuto un qualche ruolo nell’attentato di piazza Fontana. Quelli erano
tempi strani per noi della destra extraparlamentare. Ma D’Ambrosio verificò
una per una le accuse mosse contro di me da Giovanni Ventura che, così, tentava
di coprire Guido Giannettini. E alla fine fu D’Ambrosio a prosciogliermi
in istruttoria con formula piena mettendo nero su bianco che quello era stato
un autentico depistaggio». Sono passati tanti anni e ancora oggi il giornalista
Guido Paglia (organico ad An, attuale direttore della Comunicazione e delle
relazioni esterne e istituzionali della Rai) non ha cambiato orientamenti
politici. E anche ora che indossa la grisaglia da dirigente Rai, la sua memoria
non fa cilecca: «D’Ambrosio è un galantuomo che ha dimostrato quanto può
essere scrupoloso un giudice con l’indagato».
Guido Paglia ricorda bene l’interrogatorio al quale fu sottoposto nel 1974:
«Va detto che D’Ambrosio aveva già scagionato Pino Rauti per mancanza di
indizi e quella circostanza mi fece ben sperare quando fui tirato in ballo
da Ventura che iniziò a parlare di un tal "Guido giornalista di destra" in
relazione alla strage di piazza Fontana. Io lavoravo alla "Nazione" e non
c’entravo niente ma qualcuno, anche tra i colleghi, mi consigliò di scappare
all’estero».
A quel punto Paglia ha temuto di finire in cella perché D’Ambrosio, con quegli
elementi in mano, avrebbe forse potuto firmare un mandato di cattura per
poi interrogare l’indagato in stato di detenzione: «In effetti questa era
l’aria che si respirava ma D’Ambrosio decise di ordinare una perquisizione
e di lasciarmi a piede libero. Il giorno dell’interrogatorio mi fece parlare
a lungo, ascoltò tutti gli elementi che dimostravano la mia estraneità. Verificò.
E dopo sette mesi mi prosciolse in istruttoria. Ecco, sulla mia pelle io
posso dire che D’Ambrosio è un giudice perbene».
Guido Paglia è di An dalla testa ai piedi e non ha gradito le dichiarazioni
dell’ex ministro delle Telecomunicazioni, Maurizio Gasparri, nel suo intervento
alla conferenza programmatica di Alleanza Nazionale: «Che D'Ambrosio fosse
un po’ destinato a candidarsi con i Ds non ci ha sorpreso, anche perché lo
abbiamo imparato a nostre spese negli anni '70. Prima si è esercitato su
di noi, ora mette la firma alla sua carriera di militante». Ribatte l’ex
esponente di Avanguardia nazionale: «Le toghe rosse esistono e io ne ho conosciute
tante quando facevo il cronista di giudiziaria. Ma sentire dire che D’Ambrosio
sia una toga rossa è una grande mascalzonata. Ho deciso di ricordarlo pubblicamente
proprio dopo aver letto la dichiarazione di Gasparri».
D. Mart.


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L’INTERVISTA
Intini: l’ex pm simbolo della caccia alle streghe, la Quercia torna indietro
La sinistra non ha bisogno di mettersi all’occhiello il distintivo della
giustizia con le manette
DAL NOSTRO INVIATO

FIUGGI - «Ma che obiezione è dire che Gerardo D’Ambrosio è in pensione da
tre anni? Non significa niente. Lui è comunque un simbolo». Ugo Intini non
ha dubbi: la decisione del segretario dei Ds Piero Fassino di candidare l’ex
magistrato è un «errore». Sì, perché secondo l’esponente dello Sdi D’Ambrosio
è il simbolo di quella «giustizia usata come strumento per cambiare la società
o per fare la caccia alle streghe».
Onorevole Intini ma ormai il dado è tratto. D'Ambrosio si candida. Quindi
dovrete fare buon visto a cattivo gioco.
«Secondo me la sinistra non ha bisogno di mettersi all’occhiello il distintivo
della giustizia con le manette, della giustizia-spettacolo. Lo dico con pacatezza
ma anche con molta determinazione: in questo modo i Ds tornano indietro di
dieci anni. E questo per loro è un rischio».
Lei dice che Gerardo D’Ambrosio è un simbolo, ma è anche vero quel che dice
il segretario ds Piero Fassino, e cioè che è da tre anni che non lo è più.
«Guardi che c’è una grande questione politica che si chiama separazione dei
poteri. Altro che candidare D'Ambrosio! In una democrazia liberale deve esserci
la separazione dei poteri dello Stato. E la sinistra non può imitare Silvio
Berlusconi».
Ma che c’entra adesso Berlusconi? Certo lui non candiderebbe mai un magistrato
di Mani Pulite.
«Il presidente del Consiglio è il simbolo della commistione tra tre poteri:
il politico, l’economico e quello massmediatico. Ed è per questo motivo che
Berlusconi è uno scandalo. Il centrosinistra, invece, deve essere il simbolo
opposto. Deve rispettare la divisione dei poteri: legislativo, esecutivo
e giudiziario. E questo vale non solo per quel che riguarda la commistione
tra politica e giustizia».
E per cos’altro, onorevole Intini?
«La politica non deve occupare le case matte della società civile né i santuari
del potere economico, ovvero le banche. La politica deve essere arbitro imparziale
nelle battaglie tra i poteri economici».
Si sta per caso riferendo al caso Unipol?
«Io vorrei parlare con grande franchezza di questa vicenda. Penso che i Ds
siano rimasti sempre nella legalità e perciò giudico ingiusti gli attacchi
del centrodestra contro di loro. Ma i Ds non possono rispondere a questi
attacchi contrapponendo la moralità di Enrico Berlinguer».
E perché mai, scusi?
«Quando il Muro di Berlino non era ancora caduto la politica veniva prima
di tutto, anche prima della legalità e della trasparenza. Il potere e i soldi
si potevano trarre da Mosca piuttosto che da Washington, dalle partecipazioni
statali o dalle cooperative. Purché finissero al partito e non nelle tasche
dei singoli. E questa era la morale del Psi, della Dc, ma anche del Pci di
Enrico Berlinguer. Non contrappongano perciò ora i Ds la morale di Berlinguer
a quella di oggi, non mitizzino la sua questione morale».
Ma Berlinguer aveva una moralità molto alta. E il «suo» Pci anche.
«Questo è vero e io lo riconosco. Ma la morale di Enrico Berlinguer era la
doppia morale: una per il partito e una per le masse, una per il potere e
una per i cittadini. E questa morale non vale più. Dopo la caduta del muro
di Berlino la situazione è cambiata. È finita l’epoca dei partiti macchine
da guerra: ora ci sono i partiti leggeri a cui si chiede soltanto trasparenza
e legalità».
M. T. M.


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Pannella allo Sdi: meglio lui di Borrelli
RISPETTO
«D’Ambrosio? Serio e comunista» Poi lancia le primarie per il Quirinale
DAL NOSTRO INVIATO
FIUGGI - Come una star Marco Pannella si rifiuta di entrare dall’ingresso
laterale che porta direttamente sotto il palco della presidenza del Congresso
dello Sdi. Il leader radicale preferisce attraversare tutta la sala fendendo
la folla, che lo applaude, lo fotografa e gli stringe la mano. La platea
lo accoglie come un «compagno». Ma dopo mezz’ora che parla quella stessa
platea mugugna e man mano la sala si svuota. Così, quando Pannella lancia
la proposta di indire le primarie per decidere chi sarà il presidente della
Repubblica (e, naturalmente, lui candida Emma Bonino) sono rimasti in pochi
ad ascoltarlo.
I socialisti, a dire il vero, sembrano più sensibili a un altro argomento:
quello della giustizia che, grazie alla candidatura di Gerardo D’Ambrosio
nei Ds, viene evocato anche nella seconda giornata del Congresso dello Sdi.
Su questo, però, Pannella e i «compagni socialisti» non sono d’accordo: «A
me - dice il leader radicale - era più simpatico D’Ambrosio, duro e comunista,
che il Borrelli altoborghese. Capisco lo Sdi, ma io non lo ritengo tra i
peggiori. Ho una sorta di rispetto per uno che è un avversario, non un nemico».
Di tutt’altro avviso il vicepresidente del partito Roberto Villetti, che
nel suo applaudito intervento spiega: «Noi non critichiamo le qualità della
persona, che sono fuori discussione. Noi critichiamo questa decisione perché
candidare il capo del pool Mani Pulite evoca una simbologia che mette insieme,
fortemente, politica e giustizia. Un partito che aderisce all’Internazionale
socialista, come i Ds, dovrebbe, al pari delle altre socialdemocrazie europee,
avere a cuore i principi della democrazia liberale, ed essere ben distante
dall’immagine del partito delle toghe».
E a questo proposito Villetti ha qualcosa da dire anche a Bobo Craxi. Il
figlio del defunto leader socialista era stato criticato il giorno prima
da Ottaviano Del Turco per la sua decisione di candidarsi nella lista dell’Ulivo,
ossia anche con i Ds che presentano D’Ambrosio. Bobo Craxi non ha gradito
la critica: «Quel che trovo allucinante - replica al governatore dell’Abruzzo
- è fare la guerra a giudici che sono ormai in pensione». Ma il «nuovo acquisto»
della squadra di Prodi non sarà contento neanche dei rilievi mossigli da
Villetti. Il vicepresidente dello Sdi ricorda infatti che era stato proprio
Craxi a dire, un anno fa, che non voleva essere trascinato «in mezzo a ulivi
e uliveti». «Dico a Bobo - afferma quindi Villetti - che è vero che solo
i cretini non cambiano opinione, ma bisogna stare attenti che, per non passare
da cretini, si cambi opinione in continuazione, da un giorno all’altro».
Sono questi gli argomenti che appassionano la platea del Congresso. Ma, indubbiamente,
la proposta di Pannella sulle primarie potrebbe, se cavalcata, avere un effetto
novità, anche sconvolgente, per l’Unione. Lo Sdi, però, al momento appare
prudente: «È un’ipotesi - dice Villetti - che va incontro a un’opinione assai
diffusa nel Paese che è favorevole all’elezione diretta del presidente della
Repubblica».

Ho rispetto per uno che è un avversario, non un nemico
Maria Teresa Meli



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Fassino candida D’Ambrosio. Sì del Professore
Prodi: non vedo dove sia il problema. Cossiga contrario. Il gelo di Rifondazione
MILANO - L’invito è a non fare come Berlusconi che «sta intossicando la campagna
elettorale». Ma da Milano Piero Fassino lancia ufficialmente la candidatura
al Senato di Gerardo D’Ambrosio, «grande servitore dello Stato che può dare
un importante contributo». Forse a riscrivere le tante leggi sulla giustizia
che l’Unione non condivide? Anche: «Il nostro preciso impegno è di metter
mano a una vera riforma della giustizia. E certamente, intendiamo cambiare
le leggi che hanno incrinato l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla giustizia».
L’interessato, il procuratore aggiunto di Mani Pulite, ammette sì qualche
dubbio in previsione delle polemiche: «Ma poi - spiega - mi sarebbe sembrato
un tradimento il non contribuire a una giustizia migliore». E dunque, D’Ambrosio
cita «Scordammoce ’o passato»: per dire che «è l’ora di guardare avanti,
agli interessi veri degli italiani». E la polemica divampa. Berlusconi ricorda
che D’Ambrosio fu «il primo pm a scagionare un imputato, Primo Greganti».
L’offensiva non è soltanto verbale: già approvato dalla Camera, un provvedimento
voluto da Forza Italia punta a rendere i magistrati ineleggibili nei distretti
di Corte d’appello in cui hanno operato nei precedenti quattro anni: al 9
aprile, D’Ambrosio sarebbe in pensione da poco più di tre anni. La candidatura
non spiace soltanto agli azzurri. Se per il presidente della Camera Casini
è «inopportuna», Francesco Cossiga si dice contrario ai magistrati in parlamento:
«Si può pensare che facessero politica anche quando amministravano la giustizia».
Mentre il ministro Castelli ricorda («Ecco la coerenza della sinistra») la
promessa di non discesa in campo del procuratore al momento della pensione.
Bossi, invece, dichiara di «non voler fare polemiche» ma aggiunge: «Bisogna
fare una legge per far eleggere i magistrati dal popolo. Così i lombardi
avranno magistrati lombardi».
Anche a sinistra la candidatura suscita reazioni tiepide. A partire da quelle
che provengono dalle assise della Rosa nel pugno («I ds tornano indietro
di 10 anni», Ugo Intini). Romano Prodi si limita a commentare con un «non
vedo dove sia il problema, gli ex magistrati sono cittadini normali», mentre
Fausto Bertinotti è poco men che gelido: «Non commento le candidature degli
altri». Il giornale del Prc, Liberazione, ieri mattina sosteneva che il seggio
all’ex procuratore «potrebbe diventare un boomerang». Per Francesco Rutelli,
infine, «tutte le candidature sono buone». Perché D’Ambrosio «si spoglierà
degli interessi della corporazione».
M. Cre.


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LA LETTERA
E Gasparri (An): l’ho criticato per le indagini sul Msi
Egregio Direttore , un corsivo del Corriere della Sera di ieri 4 febbraio,
a pagina 13, mi attribuisce «misteriose allusioni» in riferimento alla candidatura
del dottor Gerardo D’Ambrosio. Credo che si tratti di un equivoco. Nel corso
della mia relazione, che ha aperto la Terza Conferenza Programmatica di Alleanza
Nazionale, ho fatto un riferimento alla candidatura del dottor D’Ambrosio,
che sta sollevando critiche e perplessità a destra, al centro ed anche a
sinistra. E il mio riferimento, non a caso rivolto alla signora Assunta Almirante
che era in prima fila, era ad alcune inchieste che nei primi anni Settanta
da Milano puntavano allo scioglimento dell’MSI-DN, partito del quale molti
di noi dirigenti di Alleanza nazionale abbiamo fatto parte. Quando ho parlato
di «altre cose», mi riferivo a tante inchieste che successivamente D’Ambrosio
ha fatto, molte delle quali hanno riguardato persone che avevano effettivamente
violato la legge, o per fatti di corruzione o per altre vicende. Penso insomma
che il dottor D’Ambrosio, in molti momenti della sua attività giudiziaria,
è apparso orientato a sinistra, e che la sua candidatura confermi il sospetto.
Nulla di più, ma neanche di meno.
Maurizio Gasparri


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MILANO - «È il saldo dei conti con chi ha fatto il lavoro sporco». Stefania
Craxi proprio non può cantare lo «scordammoce ’o passato» per «guardare avanti,
agli interessi degli italiani» come invita a fare Gerardo D’Ambrosio. La
figlia del leader socialista sta per essere candidata da Forza Italia per
«condurre una battaglia: svelare al Paese di che pasta è fatta questa sinistra
postcomunista». Ha capito se sarà candidata a Milano come D’Ambrosio?
«A me piacerebbe, ci terrei molto. È stata la città di mio padre, quella
in cui fu eletto deputato per la prima volta nel 1968. Io gli facevo campagna
elettorale tornando da scuola, con i volantini nello zainetto. Però, è il
partito che decide».
Se l’aspettava la candidatura del procuratore?
«È la prova provata che la scuola quadri dei Ds ha ancora sede nella magistratura
italiana. E che l’azione dei pm è stata politica. Io lo sapevo, e dunque
non mi stupisce. Del resto, anche Togliatti è stato ministro alla Giustizia,
èuna soria che nasce da lontano. Altri, semmai, mi sorprendono».
Per esempio?
«I vari Boselli, Del Turco, Signorile. Mi stupisco del loro stupore. Sono
loro a fare i camerieri dei postcomunisti, pretendendo di esserne l'ufficio
di collocamento, dire loro chi può entrare e chi no. Fassino, vivaddio, salda
i suoi conti».
D’Ambrosio ha fatto un lavoro sporco?
«Ammise, è vero, che Bettino Craxi non si era mai arricchito personalmente.
Detto questo, è stato lui a trovare le prove del fatto che Greganti aveva
preso i soldi per sé e non per il partito. Che poi è la stessa sorte che
toccherà a Giovanni Consorte... Fu la procura ad archiviare il miliardo consegnato
da Gardini a Botteghe oscure. Si potrebbe continuare».
Il richiamo ad archiviare le vicende dello scorso decennio è da respingere?
«Prima bisogna archiviare i Violante, i D’Alema, i Prodi e la magistratura
militante. Guardare avanti non può significare il premiare i responsabili
di una storia che ha devastato il Paese».
Ma neppure si può tornare sempre ad allora. Così non se ne esce...
«Accettare la pretesa di archiviare quel periodo, significa permettere di
seppellire sotto un cumulo di infamie il riformismo socialista e il cattolicesimo
liberale, rimossi chirurgicamente dalla scena politica. Anche se continuano
a dovermi spiegare il perché mio padre è morto in esilio e De Mita è capolista».
Eppure, sono molti i socialisti ad aver scelto il centrosinistra.
«Neppure un elettore, chieda pure in giro».
Anche Carlo Fontana, l’ex sovrintendente della Scala e socialista da sempre...
«Se non si sente in imbarazzo lui, non ho altro da dire».
Parla sempre di postcomunisti. Lei non crede al cambiamento dei Ds?
«Personalmente preferisco i comunisti di una volta. Per quanto perversi,
avevano dei valori. Il comunismo senza comunismo è invece presa di potere
per il potere. Con tutti i mezzi, compresi quelli giudiziari e finanziari.
Che in politica sono armi improprie e illegali».
Marco Cremonesi
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