CONSIGLI PER LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE

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INES TABUSSO
00mercoledì 24 ottobre 2007 12:33



DOMANDA:
Che cosa deve fare un'azienda italiana per lanciare i propri prodotti
nell'arena internazionale?
TURRISI:
"Hanno gia' l'enorme vantaggio di essere italiani e di godere gratuitamente di
una reputazione di tutto rispetto. La nostra forza e' rappresentata da quelle
aziende che si servono della qualita' come di un'arma per competere sul
mercato. Tuttavia, molto spesso, le piccole e medie aziende hanno problemi di
budget, di barriere linguistiche, di mancanza di conoscenze per quanto concerne
i canali distributivi. Grazie alla nostra struttura siamo in gradi di prendere
per mano queste aziende, e di guidarle al successo attraverso le sfide e gli
ostacoli posti dalla competizione sul mercato internazionale.
Inoltre siamo disponibili a fornire investimenti economici a queste aziende
quando la domanda per i loro prodotti e' particolarmente alta, e si rivela
necessario aumentare la produzione. Maggiore il numero delle aziende che si
uniscono sotto l'ombrello del Gruppo Made in Italy, piu' grande l'opportunita'
di diventare piu' efficaci sul mercato. Diventera' piu' facile salvaguardare i
loro prodotti dalle contraffazioni e proteggere la loro identita'. Il numero
significa potere!"
(TRADUZIONE DI UNO STRALCIO DELL'INTERVISTA A Mariano Turrisi, CO-FONDATORE E PRESIDENTE DEL "Made In Italy Group").
vedi:
madeinitalymagazines.com/
www.madeinitalymagazines.com/turrisi.htm




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IL TEMPO
24 ottobre 2007
Denaro riciclato davanti a Palazzo Chigi
Erano convinti che nessuno li avrebbe mai scoperti. Tanto da far transitare centinaia e centinaia di milioni di dollari proprio di fronte a Palazzo Chigi, nella sede di una delle tante società «fantasma» con gli uffici a Roma, in piazza Colonna, a pochi metri dal Parlamento.
Augusto Parboni

www.iltempo.it/2007/10/24/279898-denaro_riciclato_davanti_palazzo_chi...

Un giro d’affari enorme, basato soprattutto sul traffico internazionale di cocaina proveniente dal Sudamerica. Soldi che venivano poi riciclati in Svizzera dall’organizzazione mafiosa debellata la scorsa notte dalla Direzione investigativa antimafia e dalla Guardia di Finanza. Al termine dell’operazione sono state emesse 19 ordinanze di custodia cautelare con le accuse, a seconda delle posizioni processuali, che vanno dall’associazione mafiosa al riciclaggio, dal trasferimento fraudolento di valori all’insider trading, fino ad arrivare all’aggiotaggio. Coinvolti nell’inchiesta gli esponenti di spicco del clan mafioso Rizzuto, organico alla storica famiglia di narcotrafficanti Cuntrera Caruana, che operavano in Canada, Francia, Svizzera, Milano, Vicenza, Bologna, Verona, Firenze, Bari, Reggio Calabria, Catanzaro, Agrigento e Roma. E proprio qui, a poche decine di metri dalla sede del governo, sarebbero avvenute le maggiori transazioni illecite di denaro. E sempre nella Capitale, secondo quanto accertato nel corso delle indagini, coordinate dal procuratore distrettuale antimafia di Roma Italo Ormanni, che ha lavorato in collaborazione con il responsabile della Finanza di Roma Paolo La Forgia e il collega di Milano Virgilio Pomponi, avvenivano incontri tra i boss dell’organizzazione in lussuosi alberghi. Tra le 19 persone raggiunte dal provvedimento restrittivo, emesso dal gip di Roma, anche Vito Rizzuto e il padre, Nick, classe ’24, coinvolto durante gli anni ’80 nell’inchiesta sulla mafia «Pizza connection». Di fronte a Palazzo Chigi c’era la sede della società «Made in Italy spa», che, insieme con «Made in Italy inc.», presieduta da Mariano Turrisi, anche lui arrestato, riciclava centinaia e centinaia di milioni di dollari attraverso il conosciuto sistema delle scatole cinesi, denaro che proveniva proprio dal traffico di droga. La sostanza stupefacente, in base a quanto accertato dagli investigatori italiani e stranieri, veniva comprata in Venezuela e poi importata in Italia nascosta in pelli bovine non conciate: uno stratagemma che serviva, per l’odore degli acidi, a evitare che i cani antidroga riuscissero a individuarla. Gli inquirenti sono riusciti così a bloccare il riciclaggio di ben 600 milioni di dollari. Nei guai sono finiti anche due funzionari di banca del Veneto, finiti ai domiciliari, che avevano il compito di depositare in due conti aperti a Lugano, chiamati «Olio 1» e «Olio2», il denaro accumulato dall’organizzazione, anche grazie a speculazione in Borsa. La banda provvedeva infatti a vendere titoli falsi legati all’estrazione in Canada di minerali prezioni. «L’indagine è nata nel 2004 - ha detto il procuratore Ormanni - ai tempi dell’operazione "Brooklin", quando abbiamo indagato sul concorso per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina».




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MAFIA ARRESTS IMPUTE RIZZUTO
Canadian accused of running empire from jail
Adrian Humphreys, National Post, with files from Paul Cherry, CanWest News Service
Published: Wednesday, October 24, 2007

www.canada.com/nationalpost/news/story.html?id=d5754dba-471f-43d6-bb31-a184e11c12db...








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