CONSULTA/ INTERCETTAZIONI: MENO TUTELE AI DEPUTATI

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INES TABUSSO
00venerdì 26 ottobre 2007 19:31



www.osservatoriosullalegalita.org/index.html
25 ottobre 2007
Intercettazioni : Consulta vieta distruzione anche se su parlamentari
di Mauro W. Giannini

La Corte Costituzionale ha preso una decisione in merito alle intercettazioni ai parlamentari che potrebbe influenzare il dibattito al Senato sul ddl Mastella ed ha dichiarato incostituzionale parte dell'art. 6 relativo alle norme sulle cosiddette "intercettazioni indirette" di parlamentari, cioe' quelle che avvengono fortuitamente, controllando l'utenza di un'altra persona.

Secondo la legge Boato del 2003, le intercettazioni cosi' ottenute dovevano essere immediatamente distrutte per salvaguardare il parlamentare. Secondo la Consulta, invece, tale norma sarebbe contraria all'art. 3 della Costituzione, e le registrazioni vanno conservate ai fini d'indagine sui terzi, mentre possono essere usate a carico di parlamentari solo qualora la Camera di appartenenza autorizzi il Tribunale richiedente.

Il sen. dell'Ulivo Guido Calvi, commenta in una nota che "Sulla base delle prime indiscrezioni si può dire che la decisione della Corte appare assai saggia ed equilibrata". "Nel corso della passata legislatura - continua Calvi, che e' anche avvocato - sollevai una pregiudiziale di costituzionalità sul comma 6 dell'articolo 6 oggi dichiarato incostituzionale, poiché mi era apparso evidente l'assurdità di distruggere atti processuali dai quali avrebbe potuto anche dedursi l'innocenza di un indagato".

Pur precisando che "occorrerà leggere con attenzione la decisione della Corte costituzionale", Calvi conclude che "la Corte, sulla base dei profili di eguaglianza e di ragionevolezza ha ritenuto che ciò non potrà più avvenire e soprattutto e' cancellato il divieto generale di utilizzazione delle intercettazioni, divieto che permane nei confronti del parlamentare, ma non già nei confronti di terzi indagati nel processo".




LA REPUBBLICA
26 ottobre 2007
INTERCETTAZIONI, MENO TUTELE AI DEPUTATI
Sentenza della Consulta: niente immunità se l´elezione è successiva
Dichiarata in parte incostituzionale la legge Boato del 2003
Le eccezioni sollevate nei casi riguardanti Martinat di An e Gianni dell´Udc

LIANA MILELLA

ROMA - Alla vigilia della decisione dei magistrati di Milano di mandare a Strasburgo le intercettazioni D´Alema-Consorte e mentre il Senato deve ancora decidere sulla richiesta del gip Forleo per Latorre, Comincioli, Grillo, la Consulta "rivoluziona" la legge Boato. Solo parlamentari nel pieno esercizio del loro mandato hanno diritto a una tutela quando il pm s´imbatte in un´intercettazione che li coinvolge. Se la conversazione avviene prima o dopo l´elezione essi restano scoperti. E se la Camera di appartenenza non dà il via libera all´uso processuale le telefonate possono essere usate per l´altro partner della conversazione. E i testi non vanno distrutti.
La Consulta affronta due ricorsi e "lima", dichiarandola in parte incostituzionale, la legge Boato del 2003 che regola la concreta applicazione dell´immunità. Attesa da alcuni mesi, al punto che durante l´esame della vicenda D´Alema-Fassino per i contatti con l´ex numero uno di Unipol Consore, alla Camera si era pensato di aspettarne l´esito, la decisione interpreta con raziocinio l´uso delle telefonate di un parlamentare che non sia sotto indagine, ma si trovi a parlare, e a essere intercettato, con un indagato. È il caso, recentissimo, dei leader ds che parlavano con Consorte messo sotto inchiesta a Milano, nel luglio 2005, per le scalate bancarie.
La Corte - la sentenza sarà del vice presidente Giovanni Maria Flick, notissimo avvocato ed ex Guardasigilli - affronta i casi dell´ex sottosegretario di An Martinat e del centrista Gianni, al centro il primo di un ricorso del gip di Torino e il secondo del tribunale di Siracusa. Per Martinat la Camera ha negato l´autorizzazione e il gip si è opposto alla distruzione degli ascolti. Gianni non era deputato quando fu intercettato e Montecitorio ha dato il via libera ai testi. Due episodi citati molto spesso, alla giunta per le autorizzazioni della Camera, durante il dibattito su Unipol. Il secondo caso soprattutto per D´Alema quando la richiesta del gip Forleo è stato rispedita a Milano visto che, all´epoca delle telefonate, l´attuale ministro degli Esteri era eurodeputato. Per questo l´indirizzo della Consulta provoca «viva soddisfazione» nel presidente Carlo Giovanardi (Udc): «La giunta aveva visto giusto nel dichiararsi incompetente». Ma anche il "padre" della legge, il Verde Marco Boato, parla di decisione «piuttosto equilibrata» perché «conferma la necessità dell´autorizzazione anche per le intercettazioni indirette e vieta la distruzione del materiale telefonico anche se l´autorizzazione è stata negata». «Assai saggia ed equilibrata» anche per il senatore ds Guido Calvi che, come avvocato, ha difeso D´Alema, il quale ricorda di aver battagliato nel 2003 «contro la distruzione di atti da cui si può dedurre l´innocenza di un indagato». La pronuncia della Corte piace a Roberto Manzione che, all´epoca, si batté «per conservare i testi in un archivio riservato». Dell´indirizzo della Consulta dovrà tener conto il Senato che sta affrontando la nuova legge sulle intercettazioni.




CORRIERE DELLA SERA
26 ottobre 2007
I giudici correggono la «legge Boato» sulle telefonate dei parlamentari. La sentenza destinata a incidere sui casi Unipol e Berlusconi-Cuffaro
Intercettazioni, la Consulta fa cadere l'obbligo di distruzione
Virginia Piccolillo

ROMA — Le Camere possono vietare ai magistrati di utilizzare le intercettazioni di un parlamentare, a patto che fosse già senatore o deputato al momento di quei colloqui. Ma quel «no» non può essere «ampio e generalizzato». E anche se la Camera di appartenenza non dà il via libera all'utilizzo dei colloqui intercettati non si possono distruggere tutte le registrazioni. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale che ha giudicato «parzialmente illegittima » la legge Boato n.
104 del 2003. Due decisioni accolte con molti commenti positivi e qualche distinguo. Ma destinate a incidere in processi scottanti come il caso Unipol. E a riaprire vicende dimenticate come quella delle telefonate Berlusconi-Cuffaro, in cui l'allora premier rassicurava il governatore della Sicilia sugli esiti della sua indagine per favoreggiamento alla mafia. Le sentenze entrano nel vivo dello scontro tra magistratura e politica. La prima, sollevata dal Tribunale di Siracusa, finisce per fare chiarezza sul caso D'Alema. Senza colpi di scena. Stabilisce che lo stop ai giudici può essere opposto solo se l'intercettato era già parlamentare «e non anche quando tale qualità sia acquisita successivamente alla data dell'intercettazione ». Nel 2005, quando era in corso la scalata Unipol D'Alema era europarlamentare: il via libera all'utilizzo dei suoi colloqui non va chiesto alle Camere come aveva fatto la gip Forleo, ma a Strasburgo come ha ritenuto il Senato.
La seconda pronuncia, quella che fa cadere l'obbligo di distruggere le intercettazioni anche nei confronti di terzi quando le Camere negano il via libera per l'utilizzo dei colloqui del parlamentare, invece dà ragione ai magistrati. Al gip di Torino che l'aveva sollevata. E ai colleghi milanesi che ora, anche in caso di mancato via libera del Parlamento, potranno utilizzare le telefonate tra D'Alema, Piero Fassino, Nicola Latorre (Ulivo), Renato Comincioli e Luigi Grillo (Fi), intercettati mentre parlavano della scalata Unipol-Bnl-Antonveneta. Alcuni anche con Giovanni Consorte e Gianpiero Fiorani.
Effetti anche a Palermo. Il 23 novembre si riaprirà la vicenda delle due telefonate tra Berlusconi e Cuffaro intercettate dai carabinieri il 12 novembre 2003 e il 10 gennaio 2004. Il gip ne ordinò la distruzione. Ma il procuratore Messineo chiese la revoca di quella decisione perché per il loro contenuto (la propalazione di notizie coperte da vincolo di segretezza) quelle bobine potrebbero configurare autonome notizie di reato per pubblici ufficiali o lo stesso Berlusconi.
Le motivazioni delle sentenze verranno depositate nelle prossime settimane. Intanto arrivano apprezzamenti. Guido Calvi (Ulivo), che ha imbastito la difesa di D'Alema è soddisfatto per la «decisione saggia ed equilibrata» che gli dà ragione. «Viva soddisfazione» anche da Carlo Giovanardi (Udc). E persino dal papà della legge Marco Boato. Per Giuseppe Consolo (An) invece la doppia sentenza «convince solo in parte». E per l'Ud Roberto Manzione «va approfondita ».



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