DIRITTI TV MEDIASET: DIFESA CHIEDE TRASFERIMENTO A BRESCIA E RESTITUZIONE CARTE SEQUESTRATE

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INES TABUSSO
00mercoledì 26 ottobre 2005 15:11
Inchiesta diritti tv. Mediaset chiede il trasferimento del processo a Brescia: azionisti del Biscione 64 giudici milanesi


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Diritti tv Mediaset, difesa chiede trasferimento a Brescia
mercoledì ottobre 26, 2005 11.00
MILANO (Reuters) - I legali di Mediaset hanno presentato oggi una istanza di trasferimento a Brescia del processo sulla compravendita dei diritti tv, per il quale è fissato l'inizio dell'udienza preliminare dopodomani davanti al gup di Milano Fabio Paparella, a causa delle presenza di molti magistrati milanesi come possibili parti lese del procedimento.

Lo hanno riferito fonti giudiziarie, aggiungendo che l'istanza ricalca quella presentata da alcuni imputati nell'udienza preliminare Parmalat, e precisa che dai riscontri effettuati risulta che 62 magistrati del distretto giudiziario di Milano abbiano investito in titoli Mediaset.

Quindi, visto che nel procedimento -- che vede fra gli indagati il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi -- Mediaset e i suoi soci sono citati fra le "persone offese", anche questi magistrati piccoli investitori si troverebbero nella posizione di parti lese di un procedimento giudiziario che si svolge nel loro distretto di appartenenza.

La legge prevede che quando in un processo, fra gli imputati o fra le parti lese, ci sono magistrati di quella stessa sede giudiziaria, il procedimento vada trasferito ad altro distretto.

L'istanza, presentata oggi in cancelleria, dovrà essere esaminata dal giudice Paparella che aprirà venerdì l'udienza preliminare a carico di 14 imputati fra i quali, oltre al premier e proprietario del gruppo, figurano il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri e l'avvocato britannico David Mills.

PM: ULTIMA IPOTESI DI REATO NEL 2002

I capi di imputazione vanno, a vario titolo, dall'appropriazione indebita, alla frode fiscale, al falso in bilancio, alla ricettazione e riciclaggio.

Oltre a Mediaset e ai soci Mediaset, sono stati citati come persone offese il Ministero dell'Economia e la Fininvest.

I fatti oggetto finora dell'udienza riguardano la compravendita di diritti tv e cinematografici di società Usa per 470 milioni di euro, che sarebbe stata effettuata da Fininvest attraverso due società off shore nel 1994-1999. Ma risultanze di nuove rogatorie depositate dalla procura nelle scorse settimane, collocano l'ultima ipotesi di reato nel 2002.

La procura ipotizza che major americane abbiano venduto i diritti televisivi alle due società off-shore, le quali li avrebbero poi rivenduti con una forte maggiorazione di prezzo a Mediaset per aggirare il fisco italiano e creare fondi neri a disposizione di Silvio Berlusconi.

Gli imputati e Mediaset hanno sempre respinto le accuse sostenendo di non avere mai avuto fondi neri e di aver agito rispettando sempre le regole di trasparenza a tutela degli investitori.

Dall'inchiesta principale, chiusa nella seconda metà di febbraio, sono state stralciate le posizioni dei due figli di Berlusconi, Pier Silvio e Marina, rispettivamente vice presidente Mediaset e presidente di Mondadori, per i quali proseguono le indagini.
© Reuters 2005. Tutti i diritti assegna a Reuters.

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TICINONLINE
www.tio.ch/common_includes/pagine_comuni/articolo_interna.asp?idarticolo=241924&...
Milano, 26 ottobre 2005
Nell' istanza presentata oggi all'ufficio del Gip si chiede anche la restituzione delle carte sequestrate durante le varie perquisizioni che si sono succedute nel corso dell'inchiesta.


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CORRIERE DELLA SERA
26 ottobre 2005
Luigi Ferrarella

Ghedini: Berlusconi vittima di manovre a sua insaputa
«Inchiesta Mediaset, scoperto il tesoro»
Diritti tv, la Svizzera sequestra i conti di quello che per i pm è «socio occulto» del premier. La difesa: soldi miei e leciti

MILANO - Oltre 140 milioni di franchi svizzeri. Non più solo scie afferrate a ritroso dalle carte d’indagine, ma stavolta moneta tintinnante. Il «tesoro» dell’inchiesta Mediaset (sulla compravendita dalle majors Usa di diritti cine-tv da parte di Fininvest/Mediaset nel 1988-1999) adesso c’è. Non alle esotiche Bahamas o nell’impenetrabile Hong Kong, ma ad appena 15 chilometri dal confine tra Svizzera e Italia, nel paesino di Manno vicino a Lugano.

In cinque conti correnti. Localizzati dalle rogatorie presso la locale agenzia dell’Ubs. E che, aperti da anni, a tutt’oggi custodiscono l’equivalente di quasi 100 milioni di euro (circa 200 miliardi di lire). E’ il più grande sequestro di denaro mai eseguito all’estero per un’indagine italiana, denaro che formalmente giace su conti (personali o delle società offshore Wiltshire Trading e Harmony Gold) del 75enne produttore cinematografico californiano di origine egiziana Farouk «Frank» Agrama. E adesso si tratta «solo» di capire (ma il nodo è proprio qui) se il «tesoro» appartenga ad Agrama in quanto «socio occulto» di Silvio Berlusconi, come ipotizza la Procura di Milano che di entrambi in marzo ha chiesto il processo per appropriazione indebita di almeno 170 milioni di dollari, «pompati» (secondo l’accusa) dalle casse del Biscione a forza di ricarichi nelle fittizie compravendite di diritti tv intermediate da Agrama; oppure se il «tesoro» appartenga come patrimonio personale ad Agrama in quanto artefice di una colossale «cresta» ai danni proprio delle casse del Biscione, ma in questo caso con la necessaria complicità di alti dirigenti Fininvest/Mediaset e con il rischio collaterale di fare di Agrama un maxievasore agli occhi del poco indulgente fisco americano.

«O il reato c’è per tutti e due o non c’è per nessuno», riassume pragmatico l’avvocato italiano di Agrama, il professor Astolfo Di Amato, il cui eufemismo quantifica «non irrilevante» l’entità del sequestro disposto dalla Procura federale elvetica «su richiesta - spiega - della Procura di Milano». Sulle prime, la circostanza produce un equivoco con il già noto sequestro, il 3 ottobre, di 7 conti svizzeri (dai pittoreschi nomi di «Trattino», «Teleologico», «Litoraneo», «Sorsio», «Clock», «Leonardo» e «Pache/Pace») sui quali dal 2000 al 2002 risultano affluiti soldi frutto delle appropriazioni indebite contestate dai pm milanesi ad Agrama «in concorso con persone da identificare all’interno del gruppo Mediaset»: blocco meno ingente e di iniziativa svizzera in una indagine per riciclaggio.

Quest’altro sequestro è invece «successivo» ed è chiesto dall’Italia alla Svizzera, come aiuta a chiarire l’avvocato di Agrama prima di richiamarsi alla riservatezza cara a Berna. Ma almeno una prima risposta, la difesa di Agrama già la offre: i soldi congelati? «Sono disponibilità personali, sue e di sue società: Agrama "socio occulto" di Berlusconi? L’accusa lo presenta quasi fosse un fantoccio, ma non è così: siamo tranquilli, quello che Agrama ha guadagnato se l’è messo in tasca». Incuriosisce, tuttavia, che questa montagna di soldi, in cerca d’autore e di padrone, sia scovata in un angolo italosvizzero dove in passato strutture Fininvest hanno avuto trascorsi già alle cronache giudiziarie, mentre Agrama non risulta aver mai avuto in Svizzera alcun interesse economico ma solo a Los Angeles e Hong Kong: «Il fatto che queste disponibilità di Agrama non fossero pubbliche non toglie che Agrama sia un imprenditore importante che svolge attività da lungo tempo e in modo proficuo», replica Di Amato, «i guadagni legittimamente conseguiti non sono illeciti».

«Un nuovo sequestro? Lo ignoro», commenta l’avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini, che 7 giorni fa, nel ribadirne l’estraneità, aveva aggiunto un «casomai»: «Agrama non è mai stato socio di Berlusconi, né mai gli ha retrocesso denaro. Casomai, se fosse vero l’assunto accusatorio nei confronti di Agrama, proprio Fininvest, Mediaset e Berlusconi sarebbero i danneggiati da manovre finanziarie a loro totale insaputa».
lferrarella@corriere.it
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