FURIO COLOMBO: FASCISMO E'...

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INES TABUSSO
00sabato 20 ottobre 2007 19:55


"Insultare Rita Levi Montalcini, a quanto pare, crea rispetto, attenzione cautela, un certo calore. Soprattutto crea un’ora di televisione benevola (le parole del capo dello Stato e il testo della Sen. Montalcini, pubblicato da Repubblica, li abbiamo ascoltati solo dalla voce e nella versione di Storace) e un autorevole, incontrastato diritto di ultima parola".

"Se la destra è mercato, Storace si è messo in proprio, ha trovato negli insulti a Rita Levi Montalcini (di cui ha insinuato: «Era molto contenta quando riceveva i soldi dalla Regione Lazio») e nella volgarità dedicata al capo dello Stato, il suo avviamento, e in Matrix il suo maxi-spot".

"Storace, che ha toccato in questi giorni il punto più basso della politica italiana da molti anni, parla perché ha uno studio".





L'UNITA'
Pubblicato il: 19.10.07
Modificato il: 20.10.07 alle ore 14.34
www.unita.it/view.asp?IDcontent=69815

Fascismo è...
Furio Colombo

Un ragazzo simpatico, questo Storace, molto ragazzo benché over fifty, molto autentico, un po’ impulsivo, ma con i tratti tipici del giovane uomo impaziente che controlla fino a un certo punto i suoi scatti di vitalità e di energia, sa ridere, sorridere e irridere, tutto gli viene condonato perché, si sa, sono ragazzi.

Questo il ritratto che Matrix ha offerto di lui la sera del 17 ottobre di fronte al giornalista Mentana [1] che ha avuto la buona idea di metterselo seduto di fronte due giorni dopo la violenta e ignobile aggressione a Rita Levi Montalcini. E la cattiva idea di autorizzare il suo interlocutore a cambiare come voleva le parole del suo attacco...

E a descrivere da solo ragioni, svolgimento, ed esito dei suoi processi, mai confrontato da un testo o da un documento (lei veramente ha detto... per la verità i giudici hanno scritto...). Mai interrotto nelle sue festose scorribande, come quando fa sapere «non avrei mai detto ciò che Fini ha detto a Gerusalemme, nel luogo che ricorda la Shoah» (nessuno in studio ha ricordato la frase di Fini sul «fascismo male assoluto») e baldanzosamente precisa: «il fascismo è stata luce e ombra». Non segue alcun commento e lui allarga un sorriso. Sa che chi accorrerà alla sua «destra» (il partito che ha appena fondato) non va alla destra di mercato ma alla luce del fascismo.

Perché ne parlo? So benissimo che dai tempi di Berlusconi, questa è la televisione, in Italia, sia quella pubblica che quella privata: domande amiche, nessun riscontro o confronto sulle risposte, dici quello che vuoi, menti come vuoi, e se non hai alcuna reputazione da difendere sei nel tuo elemento.

Ne parlo perché in quella trasmissione c’ero anch’io, una lunga intervista filmata bene (al Senato, tra un voto e l’altro) tagliata bene, montata con cura, senza dispersioni o frammentazioni.

All’annuncio della mia intervista, Storace (affettuosamente definito «Franti» nel titolo, forse con un riferimento colto al brano del diario minimo di Eco «E Franti l’infame sorrise»), ha pacatamente messo in dubbio il mio equilibrio mentale. Alla fine si è concesso due aneddoti, perché, si sa, i ragazzi hanno bisogno di sfogarsi e più sono sbruffoni e più sono simpatici, o questo era il tono del programma. Insultare Rita Levi Montalcini, a quanto pare, crea rispetto, attenzione cautela, un certo calore. Soprattutto crea un’ora di televisione benevola (le parole del capo dello Stato e il testo della Sen. Montalcini, pubblicato da Repubblica, li abbiamo ascoltati solo dalla voce e nella versione di Storace) e un autorevole, incontrastato diritto di ultima parola.

Dunque di me Storace racconta che sono passato dalla Fiat al comunismo, con il tono furbo di uno che svela: «questa è buona, sentite questa...». Segue attenzione e silenzio compunto del conduttore.

Allora, con senso dello spettacolo, Storace cambia tono e - sempre sicuro di condurre lo show - racconta: «Colombo questa mattina l’ho incontrato in Senato. Quando è passato vicino a me ha abbassato gli occhi».

Tutti gli altri punti della trasmissione riguardano Mentana [1]. Questo riguarda me e sono in grado di rispondere a Storace: non ho abbassato gli occhi davanti al fascismo neppure da bambino. E infatti non dimentico. Storace sa bene - anche se è temperamentalmente incline a mentire come i suoi amici negazionisti - che non abbasso gli occhi, adesso, né di fronte a lui né di fronte a coloro che formeranno il suo nuovo partito di destra-Salò, prima di confluire con una marcia gloriosa con Berlusconi, dove i meriti del suo tipo vengono prontamente riconosciuti.

Se la destra è mercato, Storace si è messo in proprio, ha trovato negli insulti a Rita Levi Montalcini (di cui ha insinuato: «Era molto contenta quando riceveva i soldi dalla Regione Lazio») e nella volgarità dedicata al capo dello Stato, il suo avviamento, e in Matrix il suo maxi-spot. Ha anche detto, per far sapere al pubblico che non è solo: «Quante storie, ma se tutta la Casa delle libertà insulta ogni giorno i senatori a vita perché si permettono di votare». Ha detto, senza obiezioni da studio, che l’Assemblea Costituente (lui lo sa) voleva vietare il voto dei senatori a vita. Forse Mentana aveva davvero intenzione di confrontare Storace e la sua immensa volgarità con una intervista rivelatrice. Ma non gli è riuscito. Forse Storace ha un suo peso (non necessariamente morale) ed è consigliabile «maneggiarlo con cura».

Forse, come diceva Moravia di gente che non gli piaceva: «Parla perché ha la bocca». Quanto a Storace, che ha toccato in questi giorni il punto più basso della politica italiana da molti anni, parla perché ha uno studio. Ma questa, caro Diario, è l’Italia dei nostri giorni.




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"Nella prima parte della puntata (del programma 'Matrix', condotto da Enrico
Mentana, ndr.) è stato ospite Francesco Storace,
al centro di una recente polemica nata da alcune sue dichiarazioni sulla
senatrice a vita Levi Montalcini e sul Capo dello Stato. Nei
suoi confronti il ministro della Giustizia Mastella ha concesso alla Procura
di Roma l'autorizzazione a procedere"
(IL FRANTI DELLA POLITICA, www.matrix.mediaset.it/index.shtml )

www.matrix.mediaset.it/videogallery/2007/10/17/videogalle...



"In queste ore frenetiche, di attacchi molto stupidi, viene la
voglia di reagire come si deve. Ma sono stato invitato da Enrico
Mentana [1] a parlare di quello che accade. E ho accettato volentieri
di andare a Matrix, oggi, nella trasmissione che andra’ in onda
alle ore 23,15. Nel frattempo, ragiono su una bella frase che ci ha
accompagnato nella nostra esistenza di militanti politici: “Se un
uomo non e’ disposto a correre qualche rischio per le proprie idee,
o non vale niente lui o non valgono niente le sue idee.
Ai frequentatori di questo blog dico grazie. Molti commenti sono stati
criticati senza capire che questo è un muro di libertà e che ogni
affermazione impegna chi la sottoscrive“.
(on. Francesco Storace, leader de ‘La Destra’, www.storace.it/ , 17
ottobre 2007)




[1]
“È stato il «sindaco partigiano».
Aldo Aniasi, figura storica del socialismo italiano, per un decennio primo
cittadino a Milano, due volte ministro e per nove anni vicepresidente della
Camera, è morto ieri, a 84 anni (…).
Combattente nella guerra di Liberazione con il nome di battaglia di Iso
Danali, Aniasi è stato ieri ricordato dal presidente della Repubblica Carlo
Azeglio Ciampi per la «lunga e appassionata militanza civile e politica alla
affermazione dei valori di libertà, di giustizia e di solidarietà». Commosso il
ricordo di Enrico Mentana, che insieme ad altri universitari socialisti aveva
conosciuto e seguito Aniasi apprezzandone «la figura di grande rigore, coerenza
e spessore umano»”.
(Corriere della Sera, Milano, 28 agosto 2005)




"Il ricordo di Giorgio Cingoli, per i colleghi che l’hanno conosciuto si
divide tra Milano – ha cominciato il mestiere nel ’45 all’Unità – e Roma – dove
è stato direttore di Paese Sera e creatore di Televideo, alla Rai(…).
E le parole che hanno scritto i figli Stefano e Marco al loro Giorgio sono
esemplari, senza retorica filiale (…).
«Era arrivato dalla Val d’Ossola dove era stato partigiano, nella II divisone
d’assalto Garibaldi-Redi, della quale era comandante militare Iso (Aldo
Aniasi). In Val d’Ossola c’era arrivato dalla Svizzera. Clandestinamente.
(…)
E leggendo la lettera di Stefano e Marco, agli amici venuti in tanti per il
commiato, Enrico Mentana, che è suo cugino, l’ha accompagnata con un richiamo
essenziale alla vita di Giorgio, giovanissimo uomo della Resistenza.
I Cingoli, ebrei, erano stati vittime delle leggi razziali del 1938. Il padre,
che era un bravo medico, di quelli all’antica, aveva dovuto abbandonare la
professione. E Giorgio, ancora ragazzo era stato mandato da Alessandria, nelle
Marche, a Macerata, presso gli zii, che avevano un negozio di tessuti. (…)
Erano anni brutti e difficili per tutti, gennaio del 1942, avevano pianificato
la sorte di oltre undici milioni di ebrei che vivevano in Europa. Nel
Protocollo ufficiale, la soluzione finale era stata chiamata burocraticamente,
“l’evacuazione degli ebrei a est”. Era il momento di tentare di mettersi in
salvo, anche per i Cingoli. Rientrato ad Alessandria, Giorgio riuscì a
rifugiarsi in Svizzera, con la famiglia. Ma non ci restò molto. Come quei
giovani, e non furono pochi, che sentivano il dovere morale, di fare una scelta
chiara, lasciò il tranquillo rifugio svizzero e, avventurosamente, attraverso
sentieri di montagna, riattraversò il confine, per diventare partigiano in Val
d’Ossola".
(Tabloid, pubblicazione a cura dell’Ordine dei giornalisti della
Lombardia, n. 4 Aprile 2005)
users.unimi.it/farmaco/giornale/extra/tabloidAprile2005So...






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