IL LIBRO DI STEFANIA E LE MOGLI DEI "MARIUOLI"

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INES TABUSSO
00martedì 13 settembre 2005 19:50

Al'inizio si trattava solo della moglie di un "mariuolo", come l'aveva definito
il papa' di Stefania, e non sarebbe stata ritenuta degna di comparire in
un libro ("Mario Chiesa è un mariuolo, è un caso isolato, una mela marcia").
Poi l'inchiesta si e' allargata, anzi e' salita verso l'alto, e allora dev'essere
cambiata anche la considerazione per i sentimenti dei comprimari:



IL GIORNALE
13 settembre 2005
La «cattiva sorte» delle donne di Mani pulite
- di Stefano Zurlo -
da Milano

La storia di Tangentopoli, come la guerra di Troia, comincia per una donna:
Laura Sala, ex moglie di Mario Chiesa. È lei a portare in tribunale i conti
del marito e a scoperchiare per prima le fortune accumulate dal presidente
del Pio Albergo Trivulzio. Il grande incendio può cominciare. Tredici anni
dopo scopriamo però che tante altre donne sono rimaste abbracciate ai loro
uomini nel momento della sventura. Non li hanno abbandonati, non li hanno
traditi, non sono scappate mentre il mondo in cui erano si dissolveva come
un miraggio.
È stata Stefania Craxi a raccogliere le confessioni di alcune signore e figlie
di uomini finiti nel tritacarne delle Procure: è nato così «Nella buona e
nelle cattiva sorte» (edito da Koinè), questa settimana in libreria.
Chi sono le donne che si raccontano nel libro?
«Anzitutto, persone umili. Donne che badavano a mandare avanti la vita familiare.
Con l'handicap di avere mariti o uomini assorbiti dalla politica e quindi
spesso assenti».
Nell'immaginario collettivo le donne di Tangentopoli sono signore ingioiellate,
capricciose, vanitose.
«Ma quando mai. Sono donne con il tailleur della domenica. Come la signora
Contrada. Il suo problema la sera del 23 dicembre 1992 era preparare il cenone
di Natale. Invece, la mattina del 24 la polizia piomba in casa, il marito,
Bruno Contrada, uno dei più alti funzionari del Sismi, viene arrestato con
accuse infamanti. Lei non uscirà mai dalla penombra ma non mollerà di una
virgola la difesa di Bruno. E scriverà una lettera ai pentiti che l'hanno
messo in croce, invitandoli come ?fosse la loro madre a dire la verità?».
Come vive la famiglia Contrada questa prova senza fine?
«La signora Adriana mi ha mostrato le lettere dal carcere. Sono terribili:
?Adriana, io non voglio che tu venga qui a trovarmi. Anche se questo stato
dovesse durare anni. Dovremo rivederci a casa nostra?. E ancora, dopo anni
e anni di processi e verdetti altalenanti: ?Cara Adriana, l'unico profondo
rammarico anzi dolore lancinante che mi rimane è che non possa lasciare ai
miei figli un nome onorato, oltre ai miei libri, alla mia povera casa e quelle
quattro pietre realizzate dopo 70 anni (35 miei e 35 tuoi) principalmente
per merito tuo, per la tua parsimonia e previdenza?. È una pena indicibile
leggere questi brani e poi ascoltare le parole che il figlio dice ad Adriana
il 31 luglio '95, quando papà torna a casa ?profondamente cambiato? dopo
31 mesi di custodia cautelare: ?Si sono presi mio padre e non me lo hanno
più restituito?».
Lei dedica un capitolo a Dorina Polverari, moglie del deputato socialista
di Lecco Pierluigi Polverari. La storia dei Polverari ricorda quella dei
Craxi.
«È perfettamente sovrapponibile. Pierluigi è un socialista perbene, ma viene
massacrato senza pietà. I giornali gli dedicano 320 articoli per dargli del
ladro, lui subisce 30 processi e viene assolto 30 volte. Credo sia un record.
Dorina è un'altra donna che la domenica mette il vestito buono: il diluvio
si abbatte su di lei, lei non molla il timone della famiglia. Alla fine i
Polverari vanno a vivere in Tunisia, scegliendo l'esilio, come mamma e papà.
A Tunisi, Dorina cucina per mio padre, ricoverato in ospedale, le costine
d'agnello e il minestrone. E lui, racconta Dorina, ?mi stringeva la spalla
e piangeva. Per il suo Paese?.
Nessuna di queste donne ha mai dubitato del marito o del padre?
«Ilaria Cirino Pomicino ha sempre votato Rifondazione. Dubitava, o meglio
contestava il padre Paolo sul versante politico. Il suo arresto è stata una
tragedia anche sul piano ideologico: le hanno tolto lo spazio per criticarlo».
Qualcuna però avrà messo in forse la correttezza del suo uomo.
«Mai. Anzi, la fedeltà e l'impegno hanno raggiunto livelli straordinari,
eroici, se penso a Maria Teresa, morta per non trascurare il suo Salvatore».
Salvatore Ciancio, consigliere regionale del Psi campano.
«Lui viene arrestato nel 1993, lei gli dedica tutte le energie. Ma Maria
Teresa è malata: è stata operata due volte in Svizzera e ha due valvole cardiache.
Dovrebbe tornare in clinica, ma non se la sente di abbandonare il marito.
Poi si decide ad andare a Zurigo. Troppo tardi. L'8 aprile 94 Maria Teresa
muore sotto i ferri. L'attuale numero uno della Cgil Guglielmo Epifani la
ricorda con una bellissima orazione».
Tante storie di tangenti, nessun accenno critico?
«E perché? A parte il caso Contrada, ancora aperto, tutte le altre vicende
narrate si chiudono con l'assoluzione del presunto colpevole, sbattuto in
galera e sui giornali. E comunque avrei dovuto raccontare anche casi di uomini
colpevoli. Ho sbagliato, perché chi è colpevole deve pagare, è vero, ma non
è giusto che sia sepolto vivo. Qui invece è stata sepolta un'intera classe
politica, sono stati celebrati 4500 processi, sono stati inviati 25mila avvisi
di garanzia, pari ad altrettante condanne a morte. Un disastro».
Ieri. E oggi?
«Nulla è cambiato. Io ho fotografato l'Italia degli anni Novanta, ma nello
specchio si riflette l'Italia di oggi, le intercettazioni pubblicate dai
giornali quest'estate per la vicenda Antonveneta. La morale è sempre la stessa:
chi sta dalla parte sbagliata, chi si mette in testa di scalare i giornali
e di andare contro i poteri forti e la magistratura, finisce alla gogna».
Lei difende il governatore Antonio Fazio e i suoi ?amici??
«Di più. Quando scriverò il seguito di Nella buona e nella cattiva sorte
inizierò da Maria Cristina Fazio».
Il libro è dedicato a sua madre, ma di Anna Craxi non raccogliamo nemmeno
una lacrima. Perché?
«Mia madre ha deciso di tacere e io condivido la sua decisione. Altre donne
hanno avuto il coraggio di parlare. Il loro dolore è anche il dolore di Anna
e Stefania Craxi».





Corriere della Sera
6 settembre, 2005
E Stefania racconta mogli e figlie di Mani Pulite
Libro-intervista. Ilaria Pomicino: Storace mi disse di cambiare cognome.
La Contrada: Bossi ci offese

MILANO - Un libro per ricordare le donne travolte da Tangentopoli. Tra quelle
donne, Stefania Craxi si iscrive di diritto. E forse anche per tentare un'
operazione di liberazione dal proprio dolore ha deciso di ripercorrere il
dolore delle altre donne. Scrivendo «Nella buona e nella cattiva sorte» (edito
da Koinè). Delle sue tragedie private la figlia di Bettino Craxi non parla,
ma affida il compito di ricordare quegli anni a figlie, madri, sorelle. Alcune
meno famose, come la moglie di Turi Plumbeo, assessore alla Cultura della
Regione Sicilia, per il Psi; Marisa, moglie dell' ordinario di Scienza delle
Costruzioni a Ingegneria a Napoli, Luigi Andriani; la moglie di Marcello
Inghilesi, presidente dell' Ice, e quella di Aniello Salzano, ex capogruppo
Dc alla Provincia di Napoli. Altre invece più famose, come Ilaria Pomicino,
Adriana Contrada e Chiara Moroni.
ILARIA POMICINO - La figlia dell' ex ministro del Bilancio, Ilaria Cirino
Pomicino, oggi fa la regista. A Stefania Craxi, nel libro-intervista, confessa:
«Nel 1992 non ho dato il voto a mio padre, alle politiche, ma ho scelto Bertinotti».
Portare quel cognome, Pomicino, ammette che «non è stato semplice». E ricorda
quando Francesco Storace, ora ministro della Salute, nel 1997 le chiese di
cambiarlo: «Mio padre aveva avuto un infarto, ed era preoccupato per il mio
lavoro. Così mi chiese di fare alcuni incontri. Tra cui quello con Storace,
allora presidente della commissione di Vigilanza Rai. Lui mi riceve in breve
tempo, gli consegno il mio curriculum. Poi si ferma pensieroso. Mi guarda
serio e mi dice: "È meglio se cambi cognome". Mi si gela il sangue. Ho giusto
il tempo di salutare meccanicamente. Fuori dalla porta penso e ripenso. So
di poter raccontare quanto accaduto a una sola persona di grande sensibilità
e saggezza: il presidente Andreotti. Lo raggiungo... E lui cerca di farmi
capire che l' intenzione di quel personaggio non era di farmi male, ma leggo
chiaramente sul suo volto il mio stesso imbarazzo». Craxi le chiede, poi,
perché vota Bertinotti: «È un vero politico. I cittadini hanno bisongo di
credere nei politici. Io come cittadina sono stata messa in crisi da Tangentopoli».
Infine, sulla candidatura del papà alle Europee «Come fa a riconoscersi in
questo contesto politico? A volte bisogna avere il coraggio di rinunciare,
se il prezzo è cancellare ciò che siamo stati».
ADRIANA CONTRADA - Il capitolo dedicato alla moglie di Bruno Contrada, Adriana,
si apre con una sua lettera ai pentiti che accusarono il marito di essere
colluso con la mafia. Quella storia, racconta, ha segnato tutta la sua famiglia.
Anche fisicamente: «La mia salute già non era un granché. Questa botta ha
finto di scassarmela». Lei, che aveva «simpatie di sinistra», ora è critica:
«Si sono sporcati le mani in questo bruttissimo affare». Ma indelebile, in
Adriana Contrada, è la notte dell' arresto del marito: «Era il 23 dicembre...All'
alba sentiamo bussare alla porta. Vado ad aprire in camicia da notte. C'
è la Polizia... Mio figlio per difendere il padre viene quasi alle mani e
urla: ma lo sapete che state facendo questo al prefetto Contrada?». Qualche
riflessione: «Le vicende di Bruno hanno fatto da battistrada al processo
Andreotti...Hanno fatto indagini su indagini. Su 650 banche non hanno potuto
trovare nulla. Errore più grande non si poteva fare e io mi devo vedere in
tv Bossi che dice che ha le prove che Bruno ha 40 mila ettari in Uruguay...
Un uomo che ha responsabilità politiche si può comportare in modo così irresponsabile?».
CHIARA MORONI - La figlia di Sergio Moroni, parlamentare socialista morto
suicida dopo aver ricevuto un avviso di garanzia, in realtà sulla propria
viecenda personae preferisce dire poco. Quando il padre si tolse la vita
aveva 17 anni, oggi è deputato del Nuovo Psi: «Sono una figlia che ha perso
il padre a 17 anni. Ho sofferto ciò che soffre chiunque rimanga orfano così
giovane». Un gesto che comunque ha segnato la sua vita: «Tutto quello che
è accaduto mi ha condotto a fare politica. Se ci fosse ancora mio padre,
probabilmente farei altro». Ma quel suicidio, forse, per Chiara Moroni poteva
essere evitato: «La gogna mediatica ha fatto apparire preferibile a mio padre
la morte piuttosto che l' infamia... È stato il suo modo di tutelarci».
AF




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