L'AMNISTIA, TRAVAGLIO, E I MERCANTI

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INES TABUSSO
00mercoledì 7 giugno 2006 18:25


«Qui ci sono i mercanti di Forza Italia e Udc: se nell’amnistia non ci sono i loro amici quelli votano no. Mentre se ci sono potrebbe essere una parte del centrosinistra a rivoltarsi». Tutto dipende dall’altezza in cui sarà piazzata l’asticella.



CORRIERE DELLA SERA
7 giugno 2006
LA CLEMENZA / Galan, governatore del Veneto: come diremo agli elettori che liberiamo i ladri?
An, campagna del «Secolo d’Italia»
Amnistia, da Pera a Travaglio spunta il «no» trasversale
L’ex presidente del Senato: inopportuno.
Il giornalista: niente facili buonismi.
Contro anche Di Pietro

ROMA - «Quando Berlusconi viene qui in Veneto glielo spiego. Come diremo ai nostri elettori che vogliamo mettere fuori dal carcere migliaia di ladri, truffatori e violenti di ogni genere?». In Veneto Berlusconi ci andrà domani, due comizi tanto per scaldare la piazza in vista dei ballottaggi di domenica. Sarà lì che si buscherà il rimbrotto del suo amico Gianfranco Galan , presidente della Regione, senatore di Forza Italia, voce e interprete di quel Nordest cassaforte elettorale della Casa delle libertà. Anche lui è contrario all’amnistia, nonostante le aperture del suo partito. E come tutti, nel fronte del no, studia la geografia di Camera e Senato per capire dove (e come) arruolare nuovi adepti. La mappa ufficiale dice favorevole l’Unione tranne l’Italia dei valori, contraria la Cdl tranne Udc e Forza Italia. E allora, oltre che al suo partito, Galan è proprio all’Udc che pensa: «Loro dicono che lo fanno per il Papa ma bisogna fargli capire che questo buonismo ci disarma. Io sono stato eletto per tre volte di file proprio perché punto sulla sicurezza». Ecco, la sicurezza. Anche Maurizio Gasparri (An) è convinto che la partita si gioca tutta qui. Lui, però, conta di attraversare le linee nemiche: «Sei mesi fa all’amnistia i Ds erano contrari. Non credo che tutti abbiano cambiato idea, penso a D’Ambrosio, a Violante che si atteggia sempre a tutore della legalità. Ma anche ai peones di Forza Italia, non li vedo così entusiasti all’idea». Non solo i peones, forse. «L’iniziativa di Mastella - dice l’ex presidente del Senato Marcello Pera - è inopportuna, sarebbe stato più responsabile garantirsi la fattibilità prima di fare annunci». Certo, la forma più che la sostanza. Ma il messaggio è chiaro.
Chi invece non guarda alla geografia di Camera e Senato è Flavia Perina , deputato di An, direttore del Secolo d’Italia: «Ad essere contrario è il Paese e, se la politica deve interpretare gli umori del Paese, sono potenzialmente tutti i partiti a potersi schierare per il no». Gioco a tutto campo, dunque, anche se aspetta che sceso il polverone esca fuori una proposta concreta su cui discutere davvero. La Lega, invece, condivide l’analisi di Galan e fa capire perché il presidente del Veneto è così preoccupato. «Chi vota per la Casa della libertà - dice l’eurodeputato Mario Borghezio - non apprezzerebbe certo un nostro contributo esterno al buonismo della sinistra. Per Forza Italia sarebbe un suicidio, forse alla Lega converrebbe perché una parte dei loro elettori passerebbe con noi. Ma qualche voto lo perderebbe tutta la coalizione e allora bisogna spiegare a quelli di Forza Italia che chi ha subito una rapina in villa, chi è stato scippato non ci voterebbe più».
E il centrosinistra? Nell’unico partito contrario - quello di Di Pietro - a studiare le strategie è l’ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando . Anche lui convinto che da sola l’amnistia non serve ma certo che tutto si deciderà su corruzione e concussione: «Se questi due reati non vengono inclusi nell’amnistia - ragiona - Forza Italia non voterà e allora non ci sono i numeri. Quindi credo che alla fine saranno messi dentro ma a questo punto aumenteranno i dubbi nel centrosinistra. Non solo fra i Ds e la Margherita ma forse pure tra i partiti della sinistra più radicale che al provvedimento di clemenza sono quelli maggiormente favorevoli». Anche il centrosinistra, quindi, potrebbe avere il suo fronte interno. Analisi condivisa dal giornalista Marco Travaglio che in Parlamento non vota ma del fronte del no fa parte dalla prima ora: «Al di là degli schieramenti ufficiali i contrari ci possono essere da una parte e dall’altra. Nell’Ulivo quelli che hanno una preparazione tecnica e affrontano la questione a ciglio asciutto, senza commozione e facili buonismi. Penso a D’Ambrosio e Dalla Chiesa: sui loro autorevoli pareri si potrebbe puntare per allargare il giro». E nella Cdl? «Qui ci sono i mercanti di Forza Italia e Udc: se nell’amnistia non ci sono i loro amici quelli votano no. Mentre se ci sono potrebbe essere una parte del centrosinistra a rivoltarsi». Tutto dipende dall’altezza in cui sarà piazzata l’asticella.

Lorenzo Salvia








ROMA - «Serve un’amnistia, limitata a pochi reati. E un indulto di due anni». Gianni Alemanno, deputato di An, non si tira indietro a spiegare le ragioni del suo «sì» a un provvedimento di clemenza verso i detenuti. Una posizione che scavalca a sinistra anche esponenti dell’Unione come il ministro Antonio Di Pietro e lo predispone a un confronto aspro all’interno di An. «Quando si entra in un tema di fortissimo impatto umano credo che non si debba badare agli schematismi» minimizza. E ai colleghi che rivendicano la fermezza ricorda: «Il centrodestra, nella scorsa legislatura, sui temi del garantismo ha dato parecchio. Forse anche troppo». Domani tenterà di convincere i suoi compagni di partito a sostenere l’amnistia?
«Il tema non è all’ordine del giorno, ma chiederò all’esecutivo di An un confronto approfondito per avere una posizione univoca».
Missione impossibile?
«Altero Matteoli ha già espresso il suo "sì" in modo molto chiaro».
Maurizio Gasparri il suo «no» con altrettanta chiarezza.
«Non c’è dubbio. Perché per i partiti di destra questi sono temi molto delicati e sentiti. Ma non bisogna fare confusione».
Su cosa?
«Spesso si confonde il problema della certezza della pena con la situazione carceraria. Se oggi non c’è certezza della pena dipende dalla lentezza della giustizia e da difficoltà operative tra le inchieste della polizia e quelle della magistratura».
Per essere più chiari?
«Occorre farla finita con i magistrati che liberano chi è stato arrestato dai poliziotti. Quando parliamo di indulto invece ci riferiamo a persone che sono già state condannate e in galera ora ci stanno».
Indulto o amnistia?
«Tutti sanno che se l’uno non accompagna l’altra la misura non è efficace per porre rimedio a una situazione carceraria insostenibile. Ma entrambi i provvedimenti devono essere circoscritti».
Quali limiti ipotizza?
«Un indulto che comporti per i detenuti già condannati uno sconto di pena di due anni. E un’amnistia molto ristretta».
A reati con una pena inferiore a quanti anni?
«L’elenco va fatto in un altro modo. Valutando reato per reato, dopo aver escluso quelli di grave allarme sociale e quelli che offendono le vittime e il sentimento di giustizia».
E la corruzione e i reati finanziari?
«Li escluderei, anche se la corruzione non genera più un forte allarme sociale. Occorre salvaguardare la credibilità della classe politica proprio in un momento in cui decide un provvedimento di clemenza. In modo che non sia scambiato per un’autoassoluzione»
Crede davvero che stavolta non finisca ancora con un nulla di fatto?
« Il rischio c’è tutto. Per questo Mastella ha sbagliato ad annunciare un provvedimento per il quale non esiste ancora una maggioranza sicura . Ora è necessario che immediatamente o lui o i presidenti delle commissioni giustizia di Camera e Senato aprano un confronto risolutivo con tutti responsabili dei partiti. Ma con tempi strettissimi».
Quanto tempo?
«Nel giro di una settimana dobbiamo sapere se esiste o no la maggioranza dei due terzi dei consensi necessari ad approvare questi provvedimenti di clemenza. Perché bisogna assolutamente evitare che nelle carceri si crei l’ennesima aspettativa delusa a causa di uno stillicidio giornalistico interminabile».
Virginia Piccolillo



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