L'ANIMA?

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INES TABUSSO
00lunedì 15 maggio 2006 10:28
LA REPUBBLICA
15 maggio 2006

Con una breve dichiarazione il dg bianconero lascia trattenendo le lacrime
"Questo mondo non è più il mio, da domani mi difenderò dalle cattIverie"

Moggi, addio al calcio
"Mi hanno ucciso l'anima"

ROMA - "Vi chiederei una cortesia, di non rivolgermi domande: anche perché non ho più la voglia, la forza. Non ho più l'anima, me l'hanno uccisa. Domani mi dimetterò da direttore generale della Juventus da stasera il mondo del calcio non è più il mio. Ora mi dedicherò a difendermi da tutte le cattiverie che sono state dette e fatte nei miei confronti". Alle 18,30 dell'ultima domenica di campionato - l'ora in cui in altri tempi e in un altro calcio - incominciava Novantesimo minuto - finisce un'era: Luciano Moggi lascia. Il re del mercato, per usare un'espressione che usò anche Maradona, oppure il capo della Cupola che avrebbe stravolto il calcio, per dirla con i magistrati, dà l'addio.

Trattiene a stento le lacrime che invece scenderanno non appena salirà sul pullman della squadra per sedersi al primo posto, come sempre accanto al secondo anello della Triade, quell'Antonio Giraudo che si è già dimesso da amministratore delegato travolto anch'egli da quella che ormai viene definita la Tangentopoli del pallone.

Da domani, nuova vita. Che incomincerà con l'interrogatorio a Roma con i Pm della Procura di Napoli in trasferta, Beatrice e Narducci. Sarà lo scalino successivo dell'inchiesta nata dalle intercettazioni telefoniche che hanno delineato la gigantesca azione di manipolazione di risultati del campionato di calcio di A dell'anno scorso. Quello in cui si cercheranno riscontri alle ipotesi investigative e ai meccanismi del "sistema Moggi", un altro modo per definire l'inchiesta.


Oggi il rituale juventino che durava da 12 anni è saltato. Moggi, Giraudo e Bettega non si sono fatti vedere in tribuna e hanno visto la partita in televisione in una stanza riservata alla presidenza del Bari nello stadio San Nicola dove la Juventus, battendo la Reggina 2-0 ha conquistato il suo scudetto numero 29. Scudetto che potrebbe essere annullato in caso di retrocessione come potrebbe essere annullato vinto lo scorso campionato, oggetto di indagine dei magistrati.

Niente tribuna e neanche una breve apparizione durante la consegna del trofeo: solo la squadra e Fabio Capello. La Triade non esiste più. Come non esiste più la Gea, società che gestiva il cartellino di moltissimi giocatori e che di Moggi, attraverso il figlio Alessandro era un'emanazione. Come non esitono più gli altri tasselli del "mondo" del calcio di cui parla Moggi: vertici Figc, designatori, arbitri, guardalinee, dirigenti, giornalisti. Tutti dimissionari, tutti indagati.

Ma soprattutto non c'è più lui, il capo di quella spectre che avrebbe manipolato ogni meccanismo del calcio. Poche le parole di solidarietà per Moggi in queste ore. Quelle di Capello che ringrazia la dirigenza, come fanno Cannavaro e Del Piero, e dichiara che "Moggi è e resta un amico". Per il resto, nulla. Anzi accuse da parte di Franco Carraro, l'ex presidente della Figc che lo definisce "compiaciuto di essere trattato come un uomo di potere" e che ricorda come in certe trasmissioni tv "sembrava lui il conduttore". "La cosa più triste - rincara l'ex numero uno della Federcalcio - è il senso di arroganza e impunità".

Per non parlare degli striscioni dell'Italia non juventina: "A Moggi il 41 bis", "Tariffa Moggiphone: Parli, parli, parli! Paghi tutto a fine stagione", "Vanna Marchi e Moggi la coppia di oggi", "Macché Cosa Nostra, con don Luciano è Cosa Vostra", "Alì Baba e i 40 Moggi", "Moggi-Pairetto, binomio da scudetto", "X Binnu (Provenzano n.d.r.) u pizzino, X Moggi u telefoninu".

Per il calcio finisce un'era e ne incomincia un'altra che per il momento è di natura esclusivamente giudiziaria. Ormai appare chiaro che l'inchiesta avviata nel 2004 punta ad estendersi sia agli anni precedenti, sia al campionato conclusosi oggi. Una storia che ha come protagonista principale lui, Luciano Moggi. Che da domani penserà a difendersi e che con le sue parole potrebbe far tremare molti altri protagonisti. E un uomo come lui non cadrà da solo.



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LA STAMPA
15 maggio 2006
CALCIO
LA TRIADE, COMMIATO DA CARBONARI
DAVANTI ALLA TV IN UNA SALA DEL S. NICOLA
Moggi: mi hanno ucciso l’anima
«Calcio addio, da oggi penso solo a difendermi»

di Fabio Vergnano, inviato a BARI

Un addio già scritto, ma anche se sai che le cose andranno in un certo modo, quando poi arriva la resa dei conti si prova sempre un strana sensazione. E' quello che è successo ieri alle 18,30 a quanti sono stati testimoni della resa di Luciano Moggi. Colpevole o innocente lo diranno i giudici. Ieri quello che per un minuto è apparso in tv a reti unificate era un uomo cui avevano tolto tutto. Lui sempre forte e ironico, era come un sacco vuoto. Ha usato parole forti, il dg bianconero: «Non ho la forza, nè la voglia di rispondere a nessuna domanda. Mi manca l'anima, mi è stata uccisa. Domani sarò dimissionario, da stasera il mondo del calcio non è più il mio. Penserò soltanto a difendermi da tutte le accuse e le cattiverie».

E anche queste poche frasi gli sono costate una grande sofferenza. Per due volte ha dovuto interrompersi perché il magone gli strozzava la gola. Pallido, tirato come domenica scorsa quando gli hanno riferito le parole di John Elkann che equivalevano a una condanna. Capolinea. Fine di 12 anni di vittorie, e ora pare impossibile che possa esistere un'altra Juve senza Moggi. Senza la Triade, perché Giraudo si dimetterà in settimana e Bettega verrà risucchiato nel vortice delle eliminazioni. Una telefonata allunga la vita, ma stronca la carriera.

Nel giorno dello scudetto, le lacrime non sono state per la conquista di un altro trofeo. Giornata strana quella della Triade. Alla partenza dall'albergo tanta gente osannante, ma anche qualche robusta contestazione. Soltanto a Bettega è scappato un mezzo sorriso. Poi allo stadio l'incontro con Paparesta, designato come 4° uomo. L'arbitro che, secondo le intercettazioni, Moggi avrebbe segregato nel suo stanzino dopo Reggina-Juventus della scorsa stagione, si è presentato nello spogliatoio della Juve insieme all'arbitro Banti per il riconoscimento dei giocatori. Nello stanzone c'erano anche Moggi e Giraudo, non c'è stato alcun contatto, il direttore di gara pugliese è uscito dopo pochi istanti. Sabato ha deposto davanti ai magistrati napoletani e ha voluto puntualizzare: «Non posso riferire il contenuto del colloquio, tutto ciò che è apparso sui giornali non è stato frutto di un mio dialogo con chicchessia. E voglio precisare che davanti ai giudici non ho avuto alcun malore. Come mi sento? Sono qui».

Poi la partita. Novanta minuti vissuti da carbonari. Tre sedie vuote in tribuna dove, se Moggi e il suo seguito avesse preso posto, l'insulto più gentile sarebbe stato «ladri». Inutile la caccia dei fotografi che scrutavano con i teleobiettivi il settore vip. Della Triade nessuna traccia. Ma allo stadio c'era. E non era neppure la prima volta che per evitare il peggio i tre erano costretti a vedere la Juve in tv. Se hanno gioito ai gol di Trezeguet e Del Piero, guarda caso i due giocatori che hanno lasciato l'impronta sui maggiori successi della Juve dell'ultimo decennio, non lo sappiamo. Il loro più che probabile applauso non è arrivato in diretta come le lacrime di Bettega domenica scorsa, ma di nascosto in una stanza del San Nicola, dove a far compagnia ai dirigenti c'era il presidente della Reggina, Foti. Fino a prova contraria, un amico della società bianconera.

Così anche stavolta il gruppo è stato granitico. Tutti e tre a Bari, per l'ultima partita della loro gestione. Quasi come ai vecchi tempi. Il colpo d'occhio dello stadio-astronave progettato da Piano, era stupendo. La tv ha mostrato a Moggi tutti gli striscioni a suo favore. Piccola consolazione la solidarietà della gente. Anche se lo stadio era tutto bianconero e sembrava di giocare al Delle Alpi, Moggi e Giraudo hanno rinunciato a ringraziare, mettendo da parte pure i soliti riti della domenica. Per la prima volta, non hanno affiancato Capello sul campo mentre la squadra svolgeva il riscaldamento. Così Don Fabio è rimasto solo con i suoi pensieri, quasi ad anticipare una scena che vedremo dalla prima partita della prossima stagione se, come pare, il tecnico resterà.

E dopo lo scudetto, la Triade non è salita sul podio dei vincitori dove il segretario della Lega Calcio, Brunelli, distribuiva coppa e medaglie. I dirigenti dimissionari hanno lasciato il trionfo tutto a Capello e ai giocatori, come se lo scudetto a loro ormai non appartenesse più. E in fondo e proprio così. Non sono previste svolte clamorose. Moggi stamane sarà di fronte ai giudici romani, Giraudo e Bettega nel loro ufficio al 2° piano di corso Galileo Ferraris. La squadra in libertà fino a mercoledì, prima delle vacanze che inizieranno sabato. La vita continua. Forse a Luciano Moggi non sembra, ma continua. Oggi ancora con lo scudetto. Domani, chissà.


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