LA SOCIETA' COMPARTECIPATA DA DE BENEDETTI E BERLUSCONI

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Roberto Corradi
00lunedì 8 agosto 2005 19:38
E VENIAMO ALLA SOCIETA' COMPARTECIPATA DA DE BENEDETTI E BERLUSCONI:

Prima di tutto "Il Commento" di Ezio Mauro. Poi la lettera, sempre a "la Repubblica", di Carlo De Benedetti. Ancora un pezzo dell'ex-presidente Cossiga che rivendica con orgoglio la primogenitura dell'idea della societa', e infine la posizione che in merito assume Giovanni Sartori. In conclusione la lettera di Silvio Berlusconi.


la Repubblica
3 agosto 2005
IL COMMENTO
Repubblica, il diavolo e l'acqua santa
di EZIO MAURO
www.repubblica.it/2005/g/sezioni/economia/fondocbd/comm/c...

IL COMMENTO
Repubblica, il diavolo
e l'acqua santa
di EZIO MAURO

I FATTI sono questi. Carlo De Benedetti, imprenditore e azionista di maggioranza del Gruppo Espresso e dunque di questo giornale, ha progettato sei mesi fa con Mediobanca e Lazard la creazione di un fondo per il risanamento di aziende in crisi, aperto naturalmente al concorso di altri soggetti imprenditoriali e finanziari italiani. Silvio Berlusconi, venuto a conoscenza del progetto, ha chiesto di poter investire in questo fondo e come lui sono entrati nell'iniziativa altri nomi di spicco del capitalismo italiano.

Ma Berlusconi e De Benedetti non sono soltanto due imprenditori. Il primo è il presidente del Consiglio e il capo della destra italiana. Il secondo fa parte di un mondo - questo giornale prima di tutto, il Gruppo Espresso, l'associazione "Libertà e Giustizia" - che in questi anni ha denunciato le anomalie e le storture del progetto politico e culturale di questa destra, e in particolare del suo leader, Berlusconi. Il fatto che questi due personaggi investissero insieme nella creazione dello stesso fondo (sia pure senza alcun patto di sindacato e nessun accordo di alcun tipo) ha fatto scandalo e continua a farlo. E si capisce perché, visto che i due per più di un decennio sono stati in Italia come il diavolo e l'acquasanta.

Le reazioni sono di tre tipi. La prima è interna alla sinistra, e sostiene che quell'intesa è comunque un errore in principio, perché non si fanno accordi di alcun tipo con Berlusconi, visto anche l'oggettivo ampliamento del conflitto d'interessi che il nuovo progetto può comportare. De Benedetti risponde che non c'è nessun accordo, nessun patto, soltanto un investimento comune, e il management sarà totalmente autonomo dagli azionisti.


La seconda reazione è quella dei giornali familiari del Cavaliere, che hanno immediatamente cavalcato l'operazione quasi fosse una benedizione insperata, esaltandola addirittura come una Jalta del capitalismo. Rivelando così un'ansia di sdoganamento e di legittimazione stupefacente dopo dieci anni di pubblica avventura politica del Cavaliere.

Infine, c'è la reazione di chi non ha mosso un dito quando la P2 stava assaltando l'informazione e oggi pensa (in realtà spera) che il semplice investimento di Berlusconi in un fondo creato da De Benedetti basti per sconfessare la linea politica che Repubblica ha tenuto in questi anni e serva per farla cambiare in futuro.

Francamente, questa è l'opinione più sconcertante. Il decennio populista che abbiamo attraversato con la sua sconfessione di ogni regola, deve aver fiaccato coscienze e culture anche esterne all'organizzazione politica berlusconiana, se si può pensare tranquillamente che l'imperativo proprietario può travolgere ormai ogni storia, ogni tradizione, qualsiasi autonomia culturale.

In tutti questi anni Repubblica ha dato i suoi giudizi sulla vicenda politica italiana tenendo conto sempre dell'interesse del Paese, e proprio a partire dalla storia libera e autonoma del suo progetto informativo e culturale. Lo ha fatto per il libero convincimento professionale e civile di una redazione straordinaria, in piena sintonia e continuità con il progetto iniziale dei fondatori, Eugenio Scalfari e Carlo Caracciolo. Ma lo ha fatto in pieno accordo con l'azionista De Benedetti, che ha condiviso e appoggiato tutte le battaglie del nostro giornale, e che non ha certo cambiato idea oggi.

Dunque, non abbiamo nulla da cui guardarci, nulla di cui pentirci (salvo i normali errori di chi fa un lavoro quotidiano, e che sono comunque e sempre responsabilità del direttore). Soprattutto, non sentiamo alcuna contraddizione con noi stessi e con il giudizio che - spesso nel silenzio e nella connivenza altrui - abbiamo dato di questi anni sventurati per l'Italia, nella lettura giuridica del professor Cordero, nell'immagine di Makie Messer usata a proposito da Eugenio Scalfari quando il Cavaliere l'imponeva.

In questi ultimi dieci anni il giornale ha semplicemente scritto ciò che pensava, e che la sua cultura gli dettava. Nessuno ci ha chiesto di cambiare e nessuno ce lo chiederà, con buona pace degli avvoltoi, forse infastiditi dal successo del nostro giornale. In ogni caso, cambiare sarebbe impossibile, con l'Italia che abbiamo davanti. I giudizi che abbiamo dato e che diamo oggi su Berlusconi non nascono dall'ideologia che non ci appartiene ma dalla convinzione che - voglio ripetere con chiarezza ciò che scrivo da più di dieci anni - questa destra italiana rappresenti un'anomalia nelle democrazie occidentali per il conflitto d'interessi, il monopolio dell'agorà televisivo, le leggi ad personam che stravolgono lo Stato di diritto, la sua cultura populista.

Tutto questo non per il dettato di una qualche proprietà, ma per la nostra comune valutazione di cittadini e di giornalisti, coscienti di contribuire a creare un'opinione pubblica informata e partecipe. Consapevoli, anche, che questa è la funzione e la natura di Repubblica, fin dalla fondazione scalfariana, ed è l'identità del Gruppo Espresso, difesa dalle redazioni come dal management e dalla proprietà.

Ci vuol tanto a capire che per tutte queste ragioni l'identità di Repubblica e il suo patto trentennale coi lettori non sono modificabili, né piegabili a contingenze e convenienze? Non tutti i giornali sono trapiantabili nelle zone di terreno più favorevoli e più fertili del momento, come fossero un vaso di fiori. E' accaduto in Italia, certo, ma non accadrà a Repubblica.

Spiace doverlo ricordare a dei liberali. Spiace ancora di più doverlo ribadire a dei giornalisti.

(3 agosto 2005)

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www.repubblica.it/2005/h/sezioni/economia/fondocdb2/fondocdb2/fondoc...
LA LETTERA
Perché dico no
a Berlusconi nel fondo
DI CARLO DE BENEDETTI

CARA Repubblica, cari lettori, cari giornalisti e collaboratori del Gruppo Espresso, caro Eugenio, caro Ezio, in questi giorni mi sono reso conto che si attribuisce alla mia persona una grande responsabilità sulla scena italiana, sia come individuo, sia come azionista di maggioranza del Gruppo Espresso-Repubblica, ai cui giornalisti ho sempre garantito la massima libertà di espressione. È certamente una comunanza di idee e di ideali che ci ha fatto incontrare
tantissimi anni fa (Eugenio, ricordi i primi incontri con te e Carlo Caracciolo agli inizi degli anni Settanta?) e ci ha unito attraverso tante battaglie. La passione civile e politica che mi anima dagli anni lontanissimi del Politecnico di Torino, ha portato oggi alla mia identificazione con il Gruppo Espresso, con le persone che lo hanno diretto, lo dirigono e vi lavorano, con i suoi lettori.
In questi ultimi giorni, per errore o in malafede, si è presentata come "alleanza" un'eventuale partecipazione di Silvio Berlusconi a una iniziativa da me pensata e che sarà da me presieduta, con la partecipazione di altri importanti imprenditori.
C'è perfino chi ha voluto trattare questo argomento sotto il capitolo della questione morale, alla stregua delle gravi vicende che abbiamo appreso su operazioni finanziarie, tali da gettare ombre e sospetti sul comportamento della stessa Banca d'Italia. E c'è chi ha cercato di approfittare dell'episodio per attaccare il Gruppo Espresso-Repubblica con riferimento alla mia veste
di azionista di maggioranza. Non ho letto un solo commento sul merito dell'iniziativa
da me assunta, ma solo sul presunto, e inesistente, accordo con Berlusconi.

Desidero dunque chiarire e ribadire, come già avevo fatto attraverso Il Sole 24 Ore del 29 luglio e il Financial Times del 3 agosto, come sono andate le cose.

1. Circa sei mesi fa ho dato incarico a Mediobanca e a Lazard di sviluppare finanziariamente e legalmente una mia idea per creare un fondo per il risanamento di medie aziende italiane.

2. Ho avuto di recente con Silvio Berlusconi un incontro conviviale, da lui richiesto da tempo, dopo che erano passati 16 anni dal nostro ultimo colloquio.

Verso la fine dell'incontro, in cui non si è parlato né di politica né di editoria, Berlusconi mi ha chiesto, incidentalmente, quali fossero i miei futuri progetti imprenditoriali. Ho accennato all'idea del fondo. Berlusconi mi ha chiesto quale fosse il mio investimento e mi ha prontamente chiesto,
con gentilezza, se avremmo accettato lo stesso investimento da parte sua. Con altrettanta semplicità gli ho risposto di sì. Non ci sono stati, né potevano esserci, né accordi né patti.

Ma oggi, avendo constatato i malintesi e, soprattutto, le speculazioni che si sono fatte sull'episodio, ribadisco il mio assoluto impegno a considerare come prioritario il mio ruolo di editore del Gruppo Espresso-Repubblica. Per questo e solo per questa ragione, ho fatto sapere a Berlusconi, sia pure
ringraziandolo per la disponibilità, che rinuncio al suo investimento.

Sono decenni che faccio l'imprenditore in Italia e so bene che ci sono prezzi che bisogna imparare a pagare. Ma questa volta c'è qualcosa in più. C'è stato il tentativo di attaccare, attraverso la mia persona, il Gruppo Espresso-Repubblica. Questo non lo voglio e non lo posso accettare perché credo profondamente in quella comunità di ideali che è il mondo di Repubblica, dal quale nessuno,
neppure il più vantaggioso degli investimenti, potrà mai allontanarmi. I miei critici in malafede, però, sappiano che io andrò avanti con il mio fondo, proprio come l'ho annunciato, nella convinzione che sia una buona cosa per gli azionisti ma anche per il Paese nel quale vedo, con viva preoccupazione, configurarsi come iniziative imprenditoriali avventure finanziarie sotto
esame della magistratura.

(6 agosto 2005)
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economia.virgilio.it/news/foglia.html?t=2&id=2&codNotizia=...
News | Economia e Borsa
DE BENEDETTI/ SARTORI: SONO CONTENTO, HA FATTO BENISSIMO
06/08/2005

Dopo no a Berlusconi a investire nel suo fondo salva-imprese

Milano, 6 ago. (Apcom) - E' felice il politologo Giovanni Sartori per la decisione presa da Carlo De Benedetti sul no alla partecipazione di Silvio Berlusconi al suo fondo per aiutare le medie imprese italiane in difficoltà. "Sono contento che De Benedetti abbia preso questa decisione", ha dichiarato
Sartori. "Ha fatto benissimo, l'approvo in pieno. Era quello che chiedevo".

Solo ieri Sartori, dalle pagine del Corriere della Sera, aveva bocciato quella "scelta innaturale" e, in polemica con l'alleanza in affari tra l'Ingegnere ed il Cavaliere, si era dimesso da garante dell'associazione Libertà e Giustizia, il pensatoio di cui De Benedetti è stato tra i soci fondatori. Oggi l'Ingegnere, in una lettera a Repubblica, spiega le ragioni del suo "no" a Berlusconi
al fondo, ribadendo il proprio impegno a considerare come prioritario il ruolo di editore del gruppo Espresso-Repubblica.

"Non c'era bisogno di fare un fondo con Berlusconi - ha proseguito Sartori - doveva fare come Soros, creare un fondo con il suo nome, fondo De Benedetti". Commentando la lettera di De Benedetti, secondo cui, in questa vicenda, "c'è stato il tentativo di attaccare, attraverso la mia persona, il gruppo Espresso-Repubblica", Sartori ha dichiarato: "se c'è stato un simile attacco non è da parte mia, io ho solo detto che questo connubio poteva danneggiare Repubblica, certamente
senza questa alleanza Repubblica se ne vantaggerà".

Infine alla domanda se pensasse di ritirare le dimissioni da garante di Libertà e Giustizia, Sartori ha risposto: "Non ha ragione, le ho date, non le ritiro".

copyright @ 2005 APCOM



07/08/2005 - "LA REPUBBLICA", Pag. 1
POLITICA, AFFARI E IL FONDO DI DE BENEDETTI
di: SILVIO BERLUSCONI
www.difesa.it/files/rassegnastampa/050807/8677K.pdf


07/08/2005 - "LIBERO QUOTIDIANO", Pag. 4
L'IDEA E' STATA MIA ERA UN BUON PROGETTO
di: FRANCESCO COSSIGA
www.difesa.it/files/rassegnastampa/050807/8678C.pdf

[Modificato da Roberto Corradi 08/08/2005 22.35]

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