LUCY FAR FROM THE PIAZZA, WITH THE "GEDO METIO"

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INES TABUSSO
00martedì 15 maggio 2007 17:27



LA STAMPA
11 ottobre 2005
Sinistra a rischio TV
di Lucia Annunziata


Una delle grandi lezioni moderne di comunicazione c'è stata data da un film che è ormai culto: «Fahrenheit 9/11», di Michael Moore. Uscito nel corso della campagna delle presidenziali americane, è un film strepitoso, in cui gli elettori democratici (americani e non) rispecchiarono la loro frustrazione. Il film accese un caso politico, fu guardato da milioni di persone, venne attaccato dalla destra, è divenuto simbolo internazionale della libertà di stampa: dopodiché le elezioni furono vinte da Bush.

La lezione è naturalmente in questo finale - nella rielezione di Bush, il calo finale del sipario, che spazza via, con il movimento del suo orlo di velluto, tutto quel che rimane di McLuhan, Marcuse e un po' di Popper, che shakerati bene hanno continuato a costituire gli ispiratori dell'approccio della sinistra mondiale all'epoca moderna.
Disgustata e affascinata, insieme, dal potere della comunicazione, la sinistra degli ultimi venti anni ha sempre alternato savonarolismo a sottomissione: dal timore del potere dittatoriale dei media, al suo rovescio, la subalternità a questo stesso potere. Con la conclusione - sempre esagerata nei toni - di campagne contro i media che non si posseggono (con seguenti accuse al popolo bue che li segue) e l'affidamento totale ai media quando li si controlla (cioè sono «democratici»). In un caso e nell'altro, accettato è sempre il potere prometeico dei media di formare la realtà secondo la propria volontà. Il confronto fra Moore e Bush ha dimostrato quanto debole sia questo paradigma: c'è stata infatti una operazione riuscita e culturalmente forte, ma Bush ha comunque vinto.

In Italia abbiamo avuto lezioni simili. Per le elezioni del 2001 la sinistra si dedicò alla lotta contro il conflitto di interessi del leader del centro-destra possessore di Tv rovesciando contro di lui la stessa Tv. Utilizzandone gli stilemi resi popolari dalla sua Tv commerciale ma cambiandone i contenuti: entrarono così in gioco comici, attori, cantanti e giornalisti che alla fine presero il posto - nel nome del loro appeal presso le larghe masse - degli stessi politici. Inutile ricordare che Berlusconi vinse - ma forse è utile ancora oggi ricordare le conseguenze più gravi di quella scelta: la fila di epurati (alla fine, di quel clima ne hanno fatto le spese Santoro e Biagi - ed è valso la pena stare senza di loro, in cambio di una fiammata di audience?) e un passo avanti nella delegittimazione degli stessi politici, anche loro macinati dalla tv.

Ci sono state poi autocritiche autorevoli di quella esperienza. Ma poi, appena spunta all'orizzonte la primavera elettorale arrivano le rondini: e oggi come nel 2001 tornano i cantanti, i comici, le imitazioni, i documentari denuncia. Celentano, ad esempio, ancora prima di partire è già un caso, e non meno di Michael Moore, già una bandiera di libertà. Ma, con tutto il mio rispetto per Celentano di cui (come lui stesso sa) sono una fan, siamo certi che questo suo spettacolo - già così carico di significati, già così lungo di nomi - farà bene a tutte le cause che vuole difendere? E, ancora, davvero la politica ha bisogno di personaggi famosi?

Entriamo più in merito: la realtà che Fahrenheit in Usa e la tv dei comici in Italia non hanno saputo inglobare è proprio quella parte della società che - paradossalmente - dei media ha la stessa paura che normalmente ha la sinistra. Ne teme la propaganda, l'urlo, il potere dittatoriale. In Usa, come qui, questa gente si chiama classe media - cioè quel gruppo sociale che è ormai il ceppo maggiore delle nostre società, che ha gli strumenti culturali per decodificare i messaggi di tutti, e al cui voto è appeso, numericamente, il destino di ogni elezione.
La maggioranza di questa classe è stata caso mai spaventata da Michael Moore, e lo stesso è accaduto per la tv «predicatoria» della sinistra. I suoi ammiratori si sono rivelati bravi, vocali, ma una minoranza. Le elezioni del 2006 si presentano - se dovesse passare il proporzionale - appese a un filo di lana. E quel filo di lana è proprio questa classe media indecisa. Non c'è rischio, con questo tipo di comunicazione, di irritarla o spaventarla di nuovo?



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