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00venerdì 9 gennaio 2004 09:48
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n.920/1996 proposto da ****, rappresentato e difeso dall’Avv. **** ed elettivamente domiciliato presso lo stesso in ****;
CONTRO
l’Azienda USL/5 – Area Pisana, in persona del direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti **** ed elettivamente domiciliata presso lo Studio di quest’ultimo in ****;
la Gestione Liquidatoria dell’ex USL n.16 “Val D’Era”, in persona del commissario liquidatore, rappresentata e difesa dall’Avv. **** ed elettivamente domiciliata presso lo Studio dell’Avv. **** in ****;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sez. III, n.440 in data 27.12.1994;
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione della Gestione Liquidatoria dell’ex USL n.16 “Val D’Era”;
Viste le memorie difensive depositate dalle parti;
Vista la decisione interlocutoria di questa Sezione n.626/03 in data 6.2.2003;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 28 ottobre 2003, relatore il consigliere Carlo Deodato, uditi i difensori delle parti, gli Avv.ti **** per delega dell’Avv.to **** e **** per delega degli avvocati ****;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con la sentenza appellata veniva respinto il ricorso, proposto dal Rag. ****, in qualità di dipendente dell’ex USL n. 16 “Val D’Era” con la qualifica di collaboratore amministrativo, dinanzi al T.A.R. della Toscana, inteso ad ottenere l’accertamento del diritto dell’istante all’inquadramento nella posizione funzionale di direttore amministrativo (decimo livello) ed alla corresponsione delle differenze retributive asseritamente spettantigli per l’espletamento delle mansioni di responsabile dell’unità operativa di economato (superiori a quelle proprie della qualifica ricoperta).
Avverso tale decisione proponeva rituale appello il Rag. ****, criticando la correttezza della statuizione reiettiva ed invocandone la riforma.
Resisteva l’Azienda USL/5, contestando la fondatezza dell’appello e domandandone la reiezione.
Con la decisione interlocutoria n. 626/03 in data 6 febbraio 2003 veniva ordinato all’istante di integrare il contraddittorio nei confronti della Gestione Liquidatoria dell’ex USL n.16 “Val D’Era” ed all’Azienda appellata di fornire documentati chiarimenti in ordine agli atti attributivi al ricorrente dei compiti direttivi ed all’assetto organico dell’ente.
Si costituiva, quindi, la Gestione Liquidatoria dell’ex USL n.16 “Val D’Era”, che concludeva per la reiezione del ricorso.
Espletati gli incombenti istruttori, il ricorso veniva trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 28 ottobre 2003.
DIRITTO
1.- Con il ricorso originario il Rag. ****, premesso di essere dipendente dell’USL n.16 “Val D’Era” con la qualifica di collaboratore amministrativo e di avere svolto dal 10.10.1980 le mansioni superiori di responsabile dell’unità operativa di economato, domandava l’accertamento del proprio diritto all’inquadramento nella qualifica di direttore amministrativo ed alle differenze retributive tra quanto percepito nel periodo di riferimento ed il trattamento economico corrispondente al suddetto, superiore livello funzionale.
Il T.A.R. adìto negava la fondatezza della pretesa, sulla base del rilievo dell’insussistenza dei presupposti costitutivi del diritto azionato dal ricorrente.
L’appellante Rag. **** assume l’erroneità dell’applicazione della normativa di riferimento e dei principi enunciati in materia dalla giurisprudenza, ribadisce la ricorrenza delle condizioni fondanti la pretesa azionata e conclude per la riforma della pronuncia gravata.
Le amministrazioni appellate difendono, di contro, il convincimento espresso dal T.A.R. circa l’infondatezza della pretesa azionata dall’originario ricorrente, in quanto conforme alla giurisprudenza formatasi sulla questione controversa, negano la sussistenza dei presupposti costitutivi del diritto azionato dal ricorrente e concludono per la conferma della statuizione impugnata.
2.- Risulta, quindi, controversa la spettanza al ricorrente della posizione funzionale e della maggiorazione retributiva reclamate per il dedotto espletamento di mansioni corrispondenti ad un livello superiore a quello del suo inquadramento formale.
La verifica della fondatezza della pretesa azionata dal ricorrente esige una preliminare ricognizione dei principi di diritto affermati dalla giurisprudenza nella materia controversa.
Com’è noto la questione, lungamente dibattuta in giurisprudenza, è stata definitivamente risolta con due decisioni dell’Adunanza Plenaria che hanno chiarito e definito gli elementi costitutivi e l’ambito applicativo dell’istituto delle c.d. “mansioni superiori”.
E’ stato, in proposito, stabilito (Cons. Stato, Ad. Plen., 18 novembre 1999, n.22) che “nell’ambito del pubblico impiego, è la qualifica e non le mansioni il parametro al quale la retribuzione è inderogabilmente riferita, considerato anche l’assetto rigido della p.a. sotto il profilo organizzatorio… con la conseguenza che l’amministrazione è tenuta ad erogare la retribuzione corrispondente alle mansioni superiori solo quando una norma speciale consenta tale assegnazione e la maggiorazione”.
Il principio dell’esclusione, in via generale, della spettanza di maggiorazioni retributive per lo svolgimento di mansioni superiori è stato, in particolare, argomentato sulla base del disposto, giudicato, a questi fini, insuperabile, dell’art.97 Cost. e dell’art.33 T.U. Imp. Civ. St..
La decisione citata ha, tuttavia, riconosciuto la debenza degli emolumenti controversi nelle ipotesi in cui l’assegnazione a mansioni superiori e la relativa maggiorazione retributiva siano espressamente previste da disposizioni normative speciali e ricorrano le concorrenti, ulteriori condizioni appresso precisate.
Con successiva decisione (C.S. Ad. Plen., 23 febbraio 2000, n.11) è stato, inoltre, precisato che “il diritto del dipendente pubblico alle differenze retributive per svolgimento di mansioni superiori va riconosciuto con carattere di generalità a decorrere dall’entrata in vigore del D. Lgs. 29 ottobre 1998 n. 387” che, disponendo, con l’art.15, la soppressione all’art. 56 VI comma, ultimo periodo, del D. Lgs. 29/93 delle parole “a differenze retributive o”, ha chiaramente, ancorchè implicitamente, riconosciuto che lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza comporta il diritto alla conseguente maggiorazione retributiva.
E’ stato, infine, chiarito che, oltre alla indefettibile previsione normativa della retribuibilità dell’espletamento di funzioni corrispondenti ad una qualifica superiore a quella posseduta dal dipendente, il riconoscimento, in concreto, del relativo diritto esige il necessario concorso delle ulteriori condizioni della riferibilità delle predette mansioni ad un posto di organico vacante ed un provvedimento formale di incarico adottato dall’organo competente (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 29 marzo 2001, n.1870).
3.- Tanto premesso, il Collegio, condividendo i principi di diritto ut supra affermati, osserva che nel caso di specie, pur potendosi riconoscere nell’art. 29 d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 la disposizione astrattamente idonea a fondare la pretesa in esame, non paiono, tuttavia, ravvisabili gli ulteriori presupposti, necessari anche per il personale del comparto sanitario (Cons. St., sez. V, 15 giugno 2001, n.3174), richiesti per la costituzione del titolo alle differenze retributive in capo al dipendente pubblico.
Mentre, infatti, l’univoco orientamento giurisprudenziale ricordato, dal quale non si ravvisano ragioni per discostarsi, postula, quale condizione necessaria per il riconoscimento del diritto nella specie azionato, l’adozione da parte dell’organo competente di un provvedimento formale di assegnazione delle funzioni superiori, così come prescritto, peraltro, dalla stessa disposizione normativa invocata dal ricorrente a sostegno della pretesa, l’attribuzione all’interessato dei compiti di direttore dell’unità operativa di economato non risulta debitamente documentata.
A fronte, infatti, dell’attestazione della USL 5, contenuta nella nota (prot. n. 016467 in data 4 aprile 2003) trasmessa in esecuzione della decisione interlocutoria, circa l’inesistenza di “…alcun atto valido per il conferimento della reclamata qualifica di direttore amministrativo”, il ricorrente, per quanto consta dall’esame della documentazione versata in atti, si è limitato a produrre la delibera n. 1153 del 5 dicembre 1991 con la quale l’amministratore straordinario dell’USL n. 16 aveva provveduto a “riattribuire” all’interessato la responsabilità dell’unità operativa di economato (a lui inizialmente assegnata e successivamente ritirata).
Sennonchè, tale unica produzione si rivela inidonea a dimostrare la sussistenza dell’incarico formale in discussione sia in quanto la delibera allegata risulta adottata dopo l’instaurazione del giudizio di primo grado (e, quindi, di per sé, incapace di attestare alcunché di utile con riguardo al periodo controverso), sia in quanto il semplice riferimento, nella motivazione di quell’atto, a precedenti determinazioni non consente, in difetto della loro acquisizione (il cui onere gravava certamente in capo al ricorrente, vertendosi in materia di giurisdizione esclusiva), di procedere all’esame del loro contenuto dispositivo e della loro configurazione giuridica, onde verificarne la conformità ai canoni essenziali postulati dalla giurisprudenza perché costituiscano il diritto alle differenze retributive.
In definitiva, in presenza di un’attestazione negativa dell’amministrazione in ordine alla stessa esistenza di atti validi ad assegnare all’interessato l’incarico in questione, la semplice dichiarazione della loro sussistenza nella parte motiva di un provvedimento adottato successivamente all’inizio del giudizio di prima istanza non permette di procedere, con il dovuto rigore, al necessario riscontro della ricorrenza dell’indefettibile requisito in esame.
Né può ritenersi provata l’altra, necessariamente concorrente, condizione dell’esistenza e della vacanza nella pianta organica dell’Azienda Sanitaria del posto asseritamente ricoperto dal ricorrente, posto che quest’ultimo ha omesso di allegare, al riguardo, alcun elemento utile (non fornendo, quindi, neanche un principio di prova) e che, comunque, la risposta all’ordine istruttorio, anche se generica ed apparentemente silente sul punto, può ritenersi riferita anche alla mancanza di deliberazioni istitutive del posto in questione.
L’attestazione della mancanza di “alcun atto valido per il conferimento della reclamata qualifica di direttore amministrativo” può, infatti, intendersi riferita anche alla richiesta di documentati chiarimenti sull’assetto organico dell’ente, siccome resa in ottemperanza della decisione istruttoria nel suo complesso e priva di qualsiasi espressa limitazione circa la tipologia di atti idonei al riconoscimento della qualifica rivendicata.
4.- Al riscontrato difetto di entrambi i presupposti costitutivi del diritto azionato consegue, di per sé, la reiezione della relativa pretesa creditoria e della rivendicazione della spettanza della qualifica superiore svolte dal ricorrente e la conferma della decisione appellata, risultando, quindi, irrilevante l’esame delle residue contestazioni addotte a sostegno del ricorso, in quanto inidonee a sovvertire l’esito del percorso argomentativo sopra svolto (irrimediabilmente vincolato dall’accertamento della mancanza dei fatti costituivi dei diritti controversi).
5.- Ragioni di equità giustificano, tuttavia, la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara compensate le spese processuali;
ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.