PECCATO, CHI SE LO SAREBBE MAI ASPETTATO? TARAK BEN AMMAR HA DOVUTO VENDERE LE SUE FREQUENZE

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INES TABUSSO
00mercoledì 4 gennaio 2006 03:00

CORRIERE DELLA SERA
3 gennaio 2006
IL NUOVO «DECAMERONE»
«Ho ceduto a Berlusconi ma ci riproverò con la tv»
Tarak Ben Ammar: ho dovuto vendere le mie frequenze, avevo poca pubblicità
In Mediobanca e Generali rinnovare il mandato ai presidenti Galateri e Bernheim

«Per la vendita delle frequenze di Europa tv a Mediaset, se autorizzata dall’Antitrust, incasserò 185 milioni. Due anni fa ho pagato la televisione 70, e ne ho investiti altri 30».
Come impiegherà i soldi?
«Nella tv digitale».
Le cifre che giravano sulla transazione erano però ben differenti, più basse.
«Ma erano sbagliate. Ora che l’operazione è stata comunicata all’Authority posso rivelare il prezzo. Le frequenze sono merce rara e Berlusconi ne aveva bisogno per il business della tv mobile, che avrà un grande futuro».
Tarak Ben Ammar è un uomo d’affari franco-tunisino che da trent’anni opera in Italia, Paese che conosce da una vita visto che con la famiglia è arrivato a Roma a nove anni e qui ha fatto gli studi (in una scuola cattolica, pur essendo lui musulmano). Amico e consulente del premier e di Rupert Murdoch, è consigliere di Mediobanca in rappresentanza degli azionisti francesi guidati da Vincent Bolloré che detengono il 10% di Piazzetta Cuccia. Qualche giorno fa ha ceduto al Biscione le frequenze analogiche di Europa tv, che lui aveva rilevato nel 2003 da Murdoch [1], obbligato dalla Commissione europea a cederle per poter fare la fusione Telepiù-Stream. Un passaggio che, per tempi, modalità e relazioni è stato interpretato da alcuni come portage .
Prezzo a parte, il fatto che lei abbia comprato e rivenduto a Berlusconi in così breve tempo il sospetto può legittimarlo.
«Quando ho acquistato Bruxelles ha fatto un anno e mezzo d’indagini su tutte le mie relazioni con Berlusconi e Murdoch. Hanno autorizzato l’operazione. E quelli non scherzano. Io vendo perché in Italia c’è il duopolio Rai-Mediaset e l’Auditel non rileva le piccole televisioni. Io ho protestato, l’Authority italiana di settore ha aperto un dossier, qualcosa verrà fatto. Nel frattempo, però, ho dovuto constatare che non era possibile andare avanti così: abbiamo lanciato Sportitalia con 140 giornalisti, ma dopo 18 mesi l’Auditel non aveva ancora verificato i dati di ascolto dicendo che non era organizzata per farlo. Niente indici, niente pubblicità. I ricavi non bastavano, perciò ho ceduto».
Solo pochi mesi fa aveva però annunciato il lancio di un canale solo news.
«Ho cambiato strategia, come le ho detto. Sono entrato nella tv mobile, visto che ho l’opzione per un 20% della società che rileva le frequenze di Europa tv. E intendo non solo restare nel digitale, ma anche rafforzarmi. Sono stato il primo in Italia a essere autorizzato come operatore di network sul digitale e a creare la prima rete sportiva gratis che ha anche trasmesso la Serie B gratis sul digitale».
Investirà l’intera cifra in Italia?
«Sì, in Italia ci lavoro da sempre. Negli anni 70 ho coprodotto film come «Il caso Mattei» di Francesco Rosi, «Gesù di Nazareth» di Franco Zeffirelli e «Il Messia» di Roberto Rossellini. Adesso con la Lux di Ettore Bernabei, di cui sono socio, ho prodotto «Giovanni Paolo II». E con Dino De Laurentiis ho finanziato kolossal come il nuovo «Decamerone», «Il giovane Hannibal» con Gong Li, «L’ultima legione», tratto dal romanzo di Valerio Massimo Manfredi. Il budget totale è di 190 milioni di dollari e abbiamo impiegato molte maestranze italiane. Li distribuirà la casa dei fratelli Weinstein (prima soci di Disney nella Miramax), appena fondata con un miliardo di dollari e nella quale partecipiamo come azionisti io e Goldman Sachs».
La banca d’affari dalla quale proviene il nuovo Governatore Mario Draghi.
«Sì, la conosco bene e quindi so quale sacrificio in termini economici ha dovuto fare Draghi per "amor di Patria"».
Da amministratore di Mediobanca, ritiene che il cambio della guardia in Bankitalia possa avere riflessi sull’azionariato dell’istituto, visto che i maggiori soci sono le banche UniCredito e Capitalia, entrambe dotate di strutture di investment banking?
«Non ritengo ci sia un conflitto d’interessi e quindi non credo che l’arrivo di Draghi possa avere alcun riflesso sugli assetti azionari di Mediobanca».
Ma già gli accordi che hanno portato gli azionisti francesi nel patto di sindacato prevedevano un passo indietro delle banche.
«Il fatto che ancora UniCredito e Capitalia non abbiano proceduto in tal senso non crea alcun problema: non lo hanno fatto per preservare una qualche forma di egemonia. Da quando, nel 2003, c’è stata l’intesa che ha portato all’allargamento del patto, il valore del titolo Mediobanca è salito da 7 euro a 16. Come ha dimostrato anche la trattativa fra le due banche e Commerzbank, interrotta sul prezzo, vendere a questi valori non è facile. Detto questo, lo ripeto: non c’è alcun conflitto d’interessi perché gli istituti non sono in concorrenza con Mediobanca. E gli assetti, così come sono, sono oggi all’insegna dell’armonia. Quando siamo arrivati noi c’erano sì grandi problemi fra Vincenzo Maranghi, Alessandro Profumo e Cesare Geronzi, ma Maranghi si è fatto da parte, fra l’altro rifiutando i soldi che gli azionisti volevano dargli. E ora posso ben dire che c’è la pace».
Nell’ottobre di quest’anno scadrà il presidente Gabriele Galateri. Cosa pensa accadrà?
«Non posso parlare per tutti i soci. Ritengo però sia valido il principio che squadra che vince non si cambia. E la squadra costituita da Galateri, il direttore generale Alberto Nagel e il condirettore Renato Pagliaro lavora molto bene e in modo collegiale. Perché cambiare?».
In Mediobanca continua a mancare la figura dell’amministratore delegato.
«Non è un punto all’ordine del giorno. Lo ripeto: l’assetto di governance va bene così com’è».
Anche in Generali?
«Certo. E ora non mi dica che il presidente Antoine Bernheim, che scadrà nel 2007, ha 81 anni. Io lavoro splendidamente con De Laurentis, che ne ha 86».
In Generali Bankitalia è il secondo azionista con il 4,7%. Anche in questo caso è ininfluente l’arrivo di Draghi?
«Sono sicurissimo di una cosa: Draghi non si comporterà come Fazio. Sarà super partes. Quindi...».
Sergio Bocconi




[1]
CORRIERE DELLA SERA
26 settembre 2003
Murdoch vende ad Ammar storico alleato di Mediaset

ROMA - Ha sede a Twello, un paesino immerso nel verde dell’est dell’Olanda, la società che sta per acquistare le frequenze terrestri di Telepiù Bianco e Telepiù nero. Si chiama Holland Coordinator and Service e fa capo dall’11 luglio 2003 al businessman tunisino Tarak Ben Ammar che la amministra con l’olandese Franciscus Claessen (che però al telefono dichiara: «E’ Tarak il capo. Io qui do da mangiare alle galline»). La Holland C&S ha concluso l’acquisizione delle due frequenze - nel frattempo conferite a sue società-veicolo, la Europa Tv e la Prima Tv - ed ha avviato l’istanza di autorizzazione presso l’Authority guidata da Enzo Cheli. Prima di dare il suo nulla osta l’Authority ha deciso di attendere semaforo verde da Bruxelles. Da tempo si parlava di un interesse di Ben Ammar per le due frequenze ma non essendo cittadino comunitario ha avuto bisogno di approntare una società olandese ad hoc. A vendere - tramite la fiduciaria Spafid - è il gruppo Murdoch su precisa richiesta della commissione Ue a seguito della fusione tra Telepiù e Stream. Ben Ammar, dunque, si conferma come personaggio-chiave dell’industria televisiva europea. I suoi rapporti con Murdoch sono a prova di bomba e il magnate australiano lo usò come consulente proprio per la fusione con Telepiù. Altrettanti buoni sono i rapporti tra il tunisino e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Ma ammesso che Bruxelles dia via libera che cosa accadrà delle due frequenze? Cosa ne farà Ben Ammar? La prima frequenza, quella di Telepiù Nero, gode di un regime autorizzatorio simile a Retequattro, transitorio e legato allo sviluppo del digitale terrestre. Gli operatori di mercato sostengono che la Holland C&S la venderà ai francesi di Eurosport controllato dal gruppo Bouygues. Alla guida di Eurosport c’è una vecchia conoscenza delle tv italiane, Angelo Codignoni, in passato manager della Fininvest e tra i fondatori di Forza Italia. Codignoni non fa mistero di voler dotare Eurosport di un canale sportivo in chiaro per l’Italia. E con le frequenze di Ben Ammar il cerchio si chiude. E segna un ulteriore rafforzamento degli alleati di Mediaset sul mercato televisivo e pubblicitario italiano.
La seconda frequenza, quella di Telepiù Bianco, ha una vera concessione. Gli addetti ai lavori sostengono che Ben Ammar la venderà a Mediaset. Che potrebbe utilizzarla in due modi: o trasformarla in frequenza digitale e utilizzarla per creare i multiplex necessari a far partire il digitale terrestre oppure tenerla in sonno e aspettare un domani per poterla utilizzare come quarto canale in chiaro. In questo caso dovrebbe spuntare un alleato disposto a «intitolarsi» l’operazione giacché risulta difficile pensare che, salvata Retequattro, Mediaset faccia pure poker.
Dario Di Vico

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L'UNITA'
6 febbraio 2004
VIDEO AMMAR QUANT'È BBELLO

Di M. Travaglio
Quando Berlusconi è in difficoltà, i
casi sono due. O lo salva l'opposizione,
come tre giorni fa alla Camera sulla Gasparri.
Oppure salta fuori un arabo, à la
carte. Pur convinto della «superiorità della
civiltà occidentale su quella araba», il Cavaliere
degli arabi apprezza almeno un particolare:
i soldi. A caval donato - come diceva
Vittorio Mangano - non si guarda in
bocca. È notizia fresca che il produttore
franco-tunisino Tarak Ben Ammar sbarca
in Italia con due nuovi canali tv: uno analogico
di sport (Sportitalia), l'altro digitale
terrestre (D-Free) con film, notiziari, spettacolo.
Tutto gratis. Tarak, che è anche
molto spiritoso, assicura che il suo vecchio
amico e socio Berlusconi non c'entra: «L'
amicizia è sacra, ma non mi occupo più di
Fininvest né diMediaset.Ora sono un concorrente
». Immaginabile il terrore di Confalonieri
e il panico ad Arcore. I programmi
D-Free li forniranno Canale 5 e Italia 1.
Il responsabile di Sportitalia è Angelo Codignoni,
già direttore de La Cinq (la tv berlusconiana
francese), già padre fondatore
dei club Forza Italia. Grazie al duo Tarak-
Codignoni la favola del digitale terrestre
- pezzo forte del cosiddetto ministro
Gasparri - avrà almeno un appiglio nel
mondo reale, così sarà più facile salvare
Rete4 dal satellite. Ma Berlusconi non c'entra.
Insignito della Legion d'onore daMitterrand
nel 1984, da vent'anni Tarak rappresenta
in Europa il principe saudita Al
Waleed, antico azionista Fininvest e noto
finanziatore del fondamentalismo islamico
tramite l'Arab Bank. Dopo l'11 settembre,
lo sceicco ebbe la pensata di offrire un
obolo al sindaco Rudy Giuliani per la ricostruzione
delle Due Torri. Giuliani rifiutò
l'assegno, trovando curioso che un possibile
amico di chi le aveva abbattute s'impegnasse
a rimetterle in piedi. Per conto di Al
Waleed, Tarak è stato per anni nel Cda di
Mediaset. Ne è uscito qualche mese fa per
accomodarsi in quello di Mediobanca. E,
visto che «l'amicizia è sacra», si è gettato
più volte al salvamento dell'amico Silvio.
Soprattutto una.
Siamo a fine '95. Il pool di Milano
scopre il vero proprietario della misteriosa
società off-shore All Iberian, con sede nelle
Isole del Canale, da cui patì unmazzettone
di 15 miliardi finito sul conto svizzero Northern
Holding di Bettino Craxi. Il proprietario
è il cavalier Berlusconi, che naturalmente
giura e sempre giurerà di non averla
mai sentita nominare. All'epoca il «riformismo
» all'italiana è di là da venire, e pagare
tangenti a Craxi è ancora considerato
poco igienico. Il Cavaliere spiega che è tutto
un equivoco: «Massima trasparenza. È
una delle tante transazioni commerciali di
un gruppo che opera nel cinema e nella tv
a livello internazionale. Il nostro settore
esteri ci ha confermato che la nostra Principal
Communication pagò 15 miliardi all'
olandese Accent Investment del produttore
Tarak Ben Ammar per la commercializzazione
di diritti televisivi e cinematografici
in Francia per 100 miliardi. Il contratto
era seguito da All Iberian, che non appartiene
a Fininvest e che, dovendo procedere
al pagamento, chiese alla Accent di indicarle
un conto». Tarak avrebbe indicato quello
di uno studio legale «usato anche da
altre persone». Compreso Craxi. Così, per
puro caso, i 15 miliardi finirono a Bettino.
Un semplice disguido. La versione di Silvio,
rilanciata a reti unificate, convince gli
italiani che il pool di Milano ha imbastito
l'ennesimo complotto politico. Tanto più
che il 24 novembre '95, con cronometrico
tempismo, il Tg5 dell'«indipendente» Enrico
Mentana mette a segno uno scoop sensazionale:
riesce a scovare e a intervistare,
collegato da Parigi, Tarak Ben Ammar. Il
quale conferma puntualmente le parole
del Cavaliere: a indicare il conto fu un
avvocato iracheno legato all'Olp, Zuhair al
Kateeb, che lavorava anche per Craxi e che
poi dirottò i 15 miliardi ai palestinesi di
Arafat. Craxi, pover'uomo, non vide una
lira.
Purtroppo, più volte convocato dal
Tribunale di Milano per ripetere il suo
fiabesco racconto al processo All Iberian,
Tarak si guarda bene dal presentarsi. Purtroppo
l'Olp smentisce di aver mai visto
quei soldi. Purtroppo Zuhair al Kateeb nega
di averne mai saputo nulla. E purtroppo
i revisori dei conti Arthur Andersen,
che sanno tutto dei conti del Biscione, testimoniano
di non essersi mai imbattuti nel
fantomatico accordo Fininvest-Tarak per i
diritti in Francia. Così Berlusconi e Craxi
vengono condannati in primo grado per
finanziamento illeciti. In appello li salva la
prescrizione. La Cassazione, nel 1999, sbugiarda
definitivamente il Cavaliere e l'amico
Tarak: «Le operazioni societarie e finanziarie
prodromiche ai finanziamenti estero
su estero dal conto All Iberian al conto
Northern Holding furono realizzate in Italia
dal gruppo Fininvest Spa con il rilevante
concorso di Berlusconi quale proprietario
e presidente».
Ultimo particolare: pochi mesi dopo
l'intervista-scoop al Tg5, Tarak Ben Ammar
entra trionfalmente nel CdaMediaset.
L'amicizia è sacra.


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13/02/2004
EUROPA
E SE LE TV DI BEN AMMAR SI RIVELASSERO UN BLUFF?
COCCONI GIOVANNI
www.senato.it/notizie/RassUffStampa/040213/58h38.tif



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La Padania
4 febbraio 2004

ANGELO CODIGNONI, L'UOMO DEI MIRACOLI DI TARAK BEN AMMAR E PATRICK LE LAY
Hanno creato due reti tv in 15 giorni

In quindici giorni, tolte le feste di Natale e fine anno, Angelo Codignoni
e i suoi tecnici hanno messo in piedi e creato dal nulla una TV all-sports.
E nel frattempo, con un poco più di respiro e senza una data-limite, stanno
mettendo in piedi una nuova rete tv digitale.
La prima rete, Sportitalia, la potete già vedere, gratis, sui vostri televisori
e i programmi partiranno dopodomani, venerdì: il logo è questo, "Sì", vuol
dire Sport Italia". Da venerdì cominceranno i programmi, li potrete ricevere
gratis, il nuovo progetto tv ha l'ambizione di essere posizionato nel tasto
numero 8 del telecomando. E' pronta un'azione massiccia su antennisti e
soprattutto portinai e inquilini dei 360 mila condominii che esistono in
Italia. Per intanto chi non riuscisse a sintonizzarsi può telefonare al
numero verde 800-855850, e avrà tutte le istruzioni, oppure la visita di
un antennista autorizzato. Insieme a questa Tv sta per nascerne un'altra,
questa volta digitale, D-Free. Basterà avere un decoder e si riceveranno,
gratis e quindi senza dover pagare abbonamenti mensili, una serie di programmi
importanti. Ma questo è un discorso ancora in evoluzione.
A presentare ieri a Milano Sportitalia e D-Free ci hanno pensato Patrick
Le Lay, (Presidente di TF 1, Télévision Française 1), Tarak Ben Ammar (Presidente
di Holland Coordinator and Services B.V.) e Angelo Codignoni (Presidente
di Eurosport). Il nuovo progetto televisivo per il mercato italiano è composto
da due iniziative: Europa TV e Prima TV.
EUROPA TV - TF1, attraverso la controllata al 100% Eurosport, ha concluso
un accordo con la società HC&S B.V., controllata da Ben Ammar, per acquisire
una partecipazione fino al 49% di Europa TV. Quest'ultima è titolare di
una concessione nazionale su frequenze terrestri che garantiscono una copertura
pari all'81% (47 milioni di persone) della popolazione. L'operazione è stata
approvata il 30 ottobre dalla Commissione Europea e in seguito dalle competenti
autorità italiane ed europee.
Il 6 febbraio Europa TV lancerà una rete sportiva nazionale in chiaro contraddistinta
dal marchio Sportitalia.
PRIMA TV - TF1 ha inoltre perfezionato un accordo con Holland Coordinator
and Services B.V., società controllata da Tarak Ben Ammar, per l'acquisizione
di una partecipazione del 49% della società Prima TV. Quest'ultima è titolare
di autorizzazione provvisoria per l'attività di radiodiffusione nazionale
su frequenze terrestri analogiche che garantiscono una copertura pari al
75,7% (44 milioni di persone) della popolazione. L'operazione è stata approvata
il 30 ottobre dalla Commissione Europea e, poi, dalle competenti autorità
europee ed italiane. Il 9 gennaio 2004 Prima TV è stata inoltre abilitata
alla sperimentazione nazionale di diffusione di programmi in tecnica digitale
fino alla copertura del 58% (33,5 milioni di persone) della popolazione.
La trasmissione in digitale avverrà attraverso un multiplex digitale terrestre
D-Free che diffonderà inizialmente 4 canali tv.
Il Cda di Europa TV:
Tarak Ben Ammar (Presidente), Angelo Codignoni (ad), Marc Lombardo, Jacques
Behar, Farid Djourhi (consiglieri). Management: Angelo Codignoni (Direttore
di Rete)
Marc Lombardo (Amministrazione e Finanza), Paolo Pagani (Direttore Giornalistico),
Fabrizio Rossi (Responsabile Tecnico), Fulvio Zendrini (Comunicazione).
Sede operativa: Via Tazzoli 15, Milano (tel. 02.6231601, www.sportitalia.com)
Il Cda di prima TV è composto da: Tarak Ben Ammar (Presidente), Serge Laroye
(ad), Patrick Le Lay, Farid Djourhi, Marc Lombardo (consiglieri). Management:
Serge Laroye (ad), Marc Lombardo (Amministrazione e Finanza), Paolo Pagani
(Direttore Giornalistico), Fabrizio Rossi (Responsabile Tecnico), Fulvio
Zendrini (Comunicazione). ww.dfree.com


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