Quando scatta la revisione della patente

Molti automobilisti tengono una condotta di guida più prudente da quando è stata introdotta la “patente a punti” nel timore di doversi sottoporre nuovamente all’esame di guida in caso di esaurimento del punteggio. E molti non sanno che, indipendentemente dall’esaurimento del punteggio, il DPTT ovvero il Dipartimento Provinciale dei Trasporti Terrestri (Ex Motorizzazione Civile) può, in presenza di determinate condizioni, obbligare il titolare di patente di guida a ripetere l’esame anche senza che questi abbia esaurito il suo punteggio.
Infatti, l’articolo 128 del Codice della Strada prevede che i competenti Uffici possano disporre la revisione della patente “qualora sorgano dubbi sulla persistenza dei requisiti fisici e psichici prescritti o dell’idoneità tecnica”. A tal fine, gli organi di polizia che intervengono in caso di incidente, oltre a redigere il verbale ed irrogare eventuali sanzioni, segnalano al DPTT i casi in cui, secondo loro, per le modalità con le quali si è verificato l’incidente o per il comportamento tenuto dai conducenti coinvolti, ci sono ragioni per dubitare dell’idoneità alla guida. Il fatto di essere stati multati, di per sé, non è sufficiente: dal tipo di infrazione e da quanto è successo devono – sulla base di una valutazione assolutamente discrezionale, ma fondata su basi logiche – sorgere i famosi “dubbi”: la decisione spetta alla DPTT.
Per esempio, un automobilista che urti un altro veicolo uscendo da un parcheggio e dichiari alla Polizia intervenuta di avere la precedenza perché proveniente da destra probabilmente non ricorda bene le regole del Codice della Strada; oppure un conducente che, tenendo una condotta di guida zigzagante, faccia cadere un ciclista probabilmente non sa guidare o non ha più sufficiente coordinamento psicomotorio e così via.
L’ordine di revisione, in teoria, non ha nulla di sanzionatorio, perché serve solo a verificare che l’automobilista sia ancora in grado di guidare in sicurezza: nella pratica, sottoporsi all’esame significa perdere tempo per gli adempimenti burocratici e magari per prepararsi alla prova orale e, naturalmente, andare incontro al rischio di bocciatura.
Contro l’ordine di revisione è ammesso ricorso gerarchico al Ministero dei Trasporti (entro 30 gg.) e ricorso giurisdizionale al TAR. Quasi tutte le sentenze dei giudici amministrativi, a tutt’oggi, hanno riconosciuto però l’ampio margine di discrezionalità della Motorizzazione nel decidere la revisione della patente (fra le ultime, TAR Lazio, 7715/2002).

Di recente, però, il Consiglio di Stato ha individuato un elemento formale essenziale per la regolarità del procedimento di revisione della patente.
Il caso ha riguardato un automobilista che, a seguito di un incidente stradale, si era visto recapitare un ordine di revisione: secondo l’automobilista, la Legge 241/90 sulla trasparenza amministrativa impone di avvertire l’interessato dell’inizio di un procedimento nei suoi confronti, anche al fine di fargli presentare le sue osservazioni in proposito, e ciò non era avvenuto. Secondo l’Amministrazione, invece, poiché all’automobilista era stata contestata un’infrazione, da ciò derivava automaticamente l’avvio della procedura per la revisione: l’automobilista aveva così perso il ricorso gerarchico ed anche il TAR del Piemonte gli aveva dato torto. Il Consiglio di Stato, invece, con sentenza n. 580 del 13/2/2004, ha affermato che l’automobilista aveva ragione: non basta commettere un’infrazione per subire l’ordine di revisione, perché questo deve fondarsi sui “dubbi” sull’idoneità alla guida; pertanto, ogni qualvolta il DPTT, sulla base delle notizie ricevute, decida di avviare il relativo procedimento, deve avvertire il cittadino, anche perché questi può evidenziare circostanze ed elementi tali da rendere la sua condotta, magari sanzionabile, ma non sintomatica di una più generale inidoneità alla guida.