Referendum confermativo sulla devolution

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kurt2409
00giovedì 1 giugno 2006 10:22
Ragazzi postate gli articoli, o le vostre idee, che trovate a favore del sì e del no
kurt2409
00giovedì 1 giugno 2006 10:23
favorevole
Le norme sul Senato sono il principale punto debole
Condivido molte idee di Barbera e Ceccanti, ma il «no» toglierebbe ogni spazio


di Angelo Panebianco

Per decidere come comportarsi nel referendum costituzionale del 25 giugno credo si debbano immaginare gli scenari che discenderebbero, rispettivamente, da una vittoria del sì e da una vittoria del no. Pensiamo a che cosa accadrebbe se vincesse il sì. Le parti più importanti della riforma entrerebbero in vigore solo nel 2011. Ci sarebbe il tempo per intervenire sugli aspetti più insoddisfacenti del testo: in particolare, per modificare composizione e prerogative del Senato (così come è congegnato è il principale punto debole della riforma).
Si noti che molti esponenti del centrodestra si sono dichiarati consapevoli della necessità di apportare modifiche su questo e altri punti. In caso di vittoria del sì, si aprirebbe dunque lo spazio (con cinque anni di tempo per raggiungere un accordo) per una trattativa fra centrosinistra e centrodestra al fine di migliorare il testo. Una volta fatto ciò avremo finalmente la riforma costituzionale vanamente inseguita per un quarto di secolo. Avremo un nuovo ordinamento caratterizzato da un premier forte, dalla fine del bicameralismo perfetto (due Camere con uguali poteri, causa di tante inefficienze), una drastica riduzione del numero dei parlamentari e una correzione abbastanza ragionevole (per lo più, in senso centralista) della pessima devolution (la riforma del titolo V) voluta dal centrosinistra nel 2001.
Immaginiamo ora che cosa accadrebbe se prevalesse il no. Accadrebbe che la Costituzione tornerebbe ad essere immodificabile per parecchi decenni a venire. È il vero punto debole del manifesto dei «riformatori per il no», lanciato da due costituzionalisti di cui chi scrive ha grande stima, Augusto Barbera e Stefano Ceccanti. Molte idee contenute nel manifesto, sia sui gravi difetti della Costituzione vigente sia su quelli del testo varato dal centrodestra, sono, almeno per chi scrive, condivisibili. Ciò che non è condivisibile è la conclusione, la tesi secondo cui, in caso di vittoria del no, ci sarebbe ancora lo spazio per riprendere a breve termine la strada della riforma costituzionale. Non è così. Per almeno tre ragioni. In primoluogo, perché, come dimostrano gli argomenti usati dai promotori del referendum, è tuttora molto forte in questo Paese l'area dei conservatori costituzionali ad oltranza, persone che (legittimamente) ritengono la Costituzione vigente la migliore delle Costituzioni possibili e che, per difenderla, non hanno neppure esitato a rispolverare l'ideologia resistenziale (sembra, ad esempio, che per costoro il premierato sia una specie di tradimento dei valori resistenziali, l'apertura delle porte al fascismo, eccetera).
In caso di vittoria del no, essi si appellerebbero legittimamente al responso degli italiani per bloccare ogni nuova ipotesi di riforma. La seconda ragione è che nella maggioranza di centrosinistra ci sono molti gruppi contrarissimi al premierato e questi gruppi farebbero valere il ruolo che svolgono ai fini della stabilità del governo per bloccare nuovi tentativi di riforma. Da ultimo, non sarebbe più possibile né togliere al Senato il potere di conferire la fiducia al governo né ridurre il numero dei parlamentari. I senatori, e i parlamentari in genere, lo impedirebbero. Se queste misure sono passate con la riforma del centrodestra ciò è accaduto per una specie di miracolo, probabilmente perché molti parlamentari del centrodestra non credevano in cuor loro che la riforma sarebbe davvero andata in porto. È difficile che imiracoli si ripetano due volte.
Due parole, infine, sulla devolution. Premesso che chi scrive trova comunque insoddisfacente qualunque intervento in questo campo che eluda gli aspetti fiscali, resta che, se si confrontano i due testi, il titolo V riformato dal centrosinistra oggi in vigore e il testo della riforma, si scopre che la devolution 1 (la riforma del centrosinistra) è assai più confusa e pasticciata della devolution 2 (quella del centrodestra). Quest'ultima, per lo meno, definisce meglio le competenze esclusive delle Regioni e ricentralizza (reintroducendo il principio dell'interesse nazionale) materie che, insensatamente, il centrosinistra aveva attribuito alla competenza congiunta di Regioni e Stato. Per queste ragioni, chi scrive voterà sì.

01 giugno 2006

kurt2409
00giovedì 1 giugno 2006 10:25
Contrario
Approvare unilateralmente un testo così è stato uno strappo L’appello di Barbera e Ceccanti mi sembra argomentato e convincente

di Michele Salvati

Si sarà appena attenuata l'onda d’urto delle elezioni amministrative che comincerà a montare quella del referendum sulla riforma costituzionale. Dalla fine di giugno, se Dio vuole, staremo tranquilli; ma intanto ci aspetta un altro mese di strepiti inconcludenti. Un mese in cui sarà molto difficile informare e convincere sulla base di argomenti razionali. I motivi di questa difficoltà sono due. Il primo ha a che fare con la difficoltà della materia; il secondo con il contesto in cui la decisione avviene e dunque con le conseguenze politiche della vittoria dei Sì o dei No nel referendum.
La riforma riscrive l’intera seconda parte della Costituzione. Fatti salvi i 54 articoli della prima, i cittadini dovranno dire Sì oNo ad un ordinamento della Repubblica radicalmente riformulato nel disegno dei suoi organi fondamentali. E questa nuova Costituzione è stata scritta utilizzando una procedura—quella dell’articolo 138—del tutto impropria per revisioni di portata così vasta. Il primo strappo l’aveva fatto il centrosinistra, con la riforma del Titolo V alla fine della XIII legislatura. Il centrodestra ne fa uno ancora più forte, e già solo questo merita che si risponda No al referendum: per mandare a dire, a centrodestra e centrosinistra, che riforme così radicali, se ritenute necessarie, si fanno con l’accordo di gran parte dei giocatori, non con decisione unilaterale di uno di loro.
Ma sono poi necessarie riforme così radicali? Per rispondere mi limito ad uno solo dei tanti punti toccati dalla riforma: quello della forma di governo ed in particolare dei poteri del premier. In quale misura il cattivo funzionamento del nostro bipolarismo discende da un disegno costituzionale inadeguato a sostenerlo, dalla mancanza di un premier forte? E in quale invece è causato da un puro problema politico, dalla mancanza di solidi partiti che organizzino gran parte dei due campi avversi? Non è a questo che si cerca di porre rimedio costruendo un grande Partito democratico a sinistra e un grande partito moderato a destra? Se così avvenisse, non basterebbero ritocchi minori, invece di pasticciare la forma di governo parlamentare che la nostra Costituzione delinea? Così la pensano molti esperti— costituzionalisti e scienziati politici — guidati da Giovanni Sartori, le cui ragioni sono state riesposte sul Corriere anche la scorsa settimana.
Su queste ragioni, di conseguenza, essi motivano il loro No nel referendum. L’argomento della «maggioranza degli esperti », l’appello all’autorità dei «tecnici», non suscita in me grande simpatia e mi ricorda sempre la pubblicità dei 9 dentisti su 10 che consigliano un dentifricio. Credo in particolare sia possibile ritenere che maggiori poteri del premier siano utili e ritenere insieme che il modo in cui la riforma li disegna sia inadeguato. E ritenere inoltre che ancor più erronei siano altri aspetti del testo che dovremo approvare o respingere. Questa è la tesi sostenuta da Barbera e Ceccanti in un recente appello per il No che trovo convincente: proprio ieri essi hanno riesposto i loro argomenti su questo giornale, sia nei confronti della maggioranza dei costituzionalisti (un No resta sempre un No, anche se sostenuto da motivi diversi), sia nei confronti dei sostenitori del Sì. Non mi sembra dunque sia il caso di ripeterli.
Gli argomenti di questo dibattito — e ho menzionato solo uno dei molti punti controversi — sono però difficili, anche quando sono proposti in perfetta buona fede e totale indifferenza politica tra una tesi e quella opposta. Sono ancor più difficili quando l’indifferenza politica non può esserci, quando la vittoria dei No sarebbe un successo per il centrosinistra e quella dei Sì per il centrodestra. Quando, attraverso la vittoria dei Sì, Berlusconi spera di dare la «spallata» al governo che non gli è riuscita con le elezioni amministrative: in questa battaglia politica è ingenuo cercare buona fede e candore nei due contendenti, predisposizione onesta a farsi convincere dalla tesi dell’avversario. Insomma, non vorrei essere nei panni di un cittadino inesperto, indifferente tra i due schieramenti e che cerca solo di farsi un’idea. Io voterò No e credo di essere guidato dalla ragione e da una discreta conoscenza dei problemi nel farlo.Manon posso escludere che la mia scarsa simpatia per il tentativo di «spallata» di Berlusconi giochi un qualche ruolo nella decisione.

01 giugno 2006
Lux-86
00giovedì 1 giugno 2006 12:14
io voto NO, l'italia avrà anche bisogno di riforme ma in belgio hanno tentato una riforma federalista come la nostra devolution e i loro conti sono andati in rosso. ciò mi basta.
DarkWalker
00giovedì 1 giugno 2006 14:36
ragionamento del cazzo, non è che se va male a loro va male anche a noi per forza. Per contro non è che se è andato bene in germania a noi andrà bene per forza. Direi che in questo caso il confronto con altri paesi sia quasi irrilevante.
Lux-86
00giovedì 1 giugno 2006 15:17
Re:

Scritto da: DarkWalker 01/06/2006 14.36
ragionamento del cazzo, non è che se va male a loro va male anche a noi per forza. Per contro non è che se è andato bene in germania a noi andrà bene per forza. Direi che in questo caso il confronto con altri paesi sia quasi irrilevante.



vero l'Italia è molto più grande del belgio, ed ha i conti molto più disastrati. se a loro è andata male a noi andrà peggio.

in germania la riforma l'hanno fatta nel '48, penso che all'epoca qualunque cosa andase bene, visto che la debellatio aveva annientato qualunque forma di amministrazione statale ^^

una riforma autonomista mi andrebbe bene, ma in nessuno modo voterei per una riforma federale preferire fosse apllicata la costituzione vigente in tutte le sue parti: cioè per quanto riguarda le regiooni l'art 167 (se non erro) dovrebbe essere applicato cancellando le snaturalizzazioni fatte dal centrismo democristiano; mentre il senato dovrebbe essere eletto davvero su base regionale, senza i partiti di mezzo con l'elezione diretta del senatore da parte del popolo della regione, in alternativa si potrebbe togliere l'elezione del senato e i presidenti regionali sceglierebbero designerebbero senatori i rappresentanti regionali.
in questo modo il senato diventerebbe davvero la camera delle regioni come dovrebbe essere in base alla costituzione.
per quanto riguarda il federalismo fiscale anche quello c'è già nella costituzione se non l'hanno mai applicato non è colpa mia.

la vera riforma è il premierato forte che puo' piacere o no, secondo me è piuttosto squilibrato in favore del premier cosa che però ad alcuni puo' piacere.

comunque è tutta fuffa: non ci sono i soldi per applicare la devolution
DarkWalker
00giovedì 1 giugno 2006 15:47
E dov'è la relazione tra l'essere più grande e la maggiore probabilità di fallimento?

L'attuale titolo V (se ti riferisic all'art 117 quando dici 167,però boh)può andar bene, in teoria.
Nella pratica si basa sul contrasto tra stato e regione, un contrasto che si esplica in centinaia di cause che,ovviamente,rallentano e ostacolano i vari vari trasferimenti.E l'organo che gestisce questi contrasti, è la corte costituzionale la cui giurisprudenza s'è rivelata tutt'altro che imparziale, arrivando perfino a saturare l'art 117 per salvare qualche vestigia del sistema centrale.
Oppure possiamo parlare del sistema dei finanziamenti: i soldi vanno dalle regioni allo stato e fin qua ok, ma poi lo stato le ripartisce e manda le somme di denare alle regioni:quasi mai questi trasfeirmenti arrivano alla regione, e da qui, ancora cause su cause,e cause dei veri enti che fanno alla regione.Esempio:le marche mandano i soldi a roma, roma li rimanda alle amrche. Contando su questa reintegrazione le marche hanno speso per taluni servizi (ospedali,strade,cantieri,etc). ma da roma i soldi spariscono per strada. Ospedali e cantieri ergo agiscono contro la regione che a sua volta agisce contor lo stato e così via. Non mi sembra un ordinamento 'ordinato'.
Il federalismo fiscale se c'è non è applicato e c'è dunque bisogno di una legislazione più forte che lo tuteli maggiormente.

Ovviamente non è una riforma perfetta (ma davvero pensiamo che la perfezione sia un obbiettivo raggiungibile con un paio di tentativi?),ma il sistema che verrà a crearsi è di gran lunga più efficiente di quello attuale (il bicameralismo è stato un grosso,gorssissimo errore). Concordo anche col primo articolo postato da Luca quando afferma che una bocciatura di questa riforma sarebbe una condanna a rimanere in questa tomba a due camere per troppo tempo.

Che non ci siano i soldi è da vedere.Di sicuro rimandendo così non c'è altra strada che continuare a perderne.

Per quanto riguarda il premierato forte, non è la vera riforma, sono due riforme che giaciono sullo stesso piano,almeno per me.
Come il sistema bicamerale perfetto,anche quello della suddivisione attuale in ministeri è un esempio di cattiva gestione della cosa pubblica.
E' sotto gli occhi di tutti di come gli enti regioni (dove non ci sono i ministri, ma gli assessori,che rispetto al presidente della regione sono di un rango nettamente sottoposto) riescano ad operare meglio dello stato centrale.
DarkWalker
00domenica 4 giugno 2006 21:27
Bossi specifica di sperare che "la gente sia più saggia di Fassino e dei politici e si renda conto che lo Stato va cambiato". Però rilancia la proposta di un tavolo per rivedere le riforme dopo l'eventuale vittoria del sì. "Io dò la mia parola - dice - che se passa apro un tavolo per mettere dentro tutti".
Lux-86
00domenica 4 giugno 2006 23:25
Re:

Scritto da: DarkWalker 04/06/2006 21.27
Bossi specifica di sperare che "la gente sia più saggia di Fassino e dei politici e si renda conto che lo Stato va cambiato". Però rilancia la proposta di un tavolo per rivedere le riforme dopo l'eventuale vittoria del sì. "Io dò la mia parola - dice - che se passa apro un tavolo per mettere dentro tutti".



io avevo sentito la stessa notizia in cui diceva le stesse cose ma riferendosi ad un venetuale NO alla devolution.

Oo

quest'uomo ha il piede in due staffe.
DarkWalker
00domenica 4 giugno 2006 23:43
ha detto entrambe le cose mi apre.
Lux-86
00giovedì 8 giugno 2006 10:23
Salviamo la Costituzione: aggiornarla, non demolirla!
di Enzo Galbiati

Domenica 25 e lunedì 26 giugno saremo chiamati alle urne per esprimere il nostro voto in merito alla riforma della Costituzione proposta dal Centro destra. Questo referendum rischia di essere più importante delle elezioni politiche dello scorso aprile, perché se la radicale modifica della Costituzione promossa dalla Casa delle Libertà dovesse essere approvata dal voto popolare, l’intero equilibrio delle istituzioni pubbliche sarebbe pregiudicato e le stesse modalità del confronto politico – così come le abbiamo conosciute in più di 50 anni di democrazia repubblicana – verrebbero profondamente modificate. Prima di esporre le ragioni che inducono noi dell’Ulivo a votare NO, è necessario presentare gli aspetti più rilevanti della complessa questione.
Innanzitutto, occorre ribadire che la Costituzione Italiana è la legge fondamentale che garantisce i diritti di tutti i cittadini. Essa è in vigore dal 1° gennaio 1948 ed è il frutto di due anni di lavori dell'Assemblea Costituente, eletta nel 1946 a seguito di eventi epocali: la fine della seconda guerra mondiale, il crollo del fascismo e il referendum istituzionale con cui gli italiani scelsero la Repubblica. La Costituzione fu approvata quasi all’unanimità dai componenti l’Assemblea Costituente e rappresenta tuttora la sintesi delle tre culture politiche che stanno alle radici dello Stato italiano: le culture cattolica, socialista e liberale. Un’efficace testimonianza di questa sintesi è il sapiente equilibrio che regola le tre sezioni in cui si articola la Carta Costituzionale: i Principi fondamentali (articoli 1-12), la Parte I relativa ai diritti e ai doveri dei cittadini (articoli 13-54) e la Parte II riguardante l’ordinamento della Repubblica (articoli 55- 139). Il disegno istituzionale complessivo consegnatoci dai costituenti delinea i tratti di una democrazia parlamentare in cui il ruolo e i poteri del Capo del Governo sono subordinati alle funzioni di indirizzo e di controllo dei rappresentanti del Parlamento, mentre i poteri delle Regioni trovano il loro limite naturale nella legislazione nazionale, che stabilisce il livello minimo essenziale delle garanzie al di sotto del quale non è possibile andare in nessuna area del nostro stato.
Come tutte le leggi fondamentali degli odierni stati democratici, anche la Costituzione italiana può essere modificata. E’ già successo varie volte in passato, sempre tuttavia rispettando l’unico limite al potere di revisione costituzionale del Parlamento stabilito dalla stessa Carta: il rispetto dei principi fondamentali e dei diritti affermati nella prima parte della Costituzione.
Eppure tale limite è stato superato nel novembre del 2005, quando l’allora maggioranza di Centro destra, contro il parere di esperti di diritto costituzionale, di moltissimi enti locali e di larga parte dell’opinione pubblica, ha approvato, senza un largo consenso parlamentare e con il voto contrario dell’Unione di Centro sinistra, una legge di riforma costituzionale che modifica radicalmente più di 50 articoli della Parte II della Costituzione, cioè di tutti quegli articoli che disciplinano le funzioni dei più importanti organi dello Stato: il Presidente della Repubblica, la Corte Costituzionale, le due Camere del Parlamento, il Governo e le autonomie locali.
Noi dell’Ulivo siamo contro questa riforma perché le soluzioni proposte distorcono o addirittura capovolgono i punti fissati dalla Carta Costituzionale del 1948. Nella riforma del Centro destra si sostiene, per esempio, la legittimazione diretta del Primo Ministro, il rafforzamento del sistema delle autonomie (la cosiddetta “devolution”), il superamento del bicameralismo perfetto con l’introduzione del Senato federale, la riduzione del numero dei parlamentari (l’unico aspetto certamente positivo). Limitandoci ad analizzare solo i primi due aspetti, si può affermare che in entrambi i casi la Casa delle libertà non raggiunge il bersaglio.
In primo luogo l'obiettivo della legittimazione diretta del Premier e il rafforzamento del governo sono configurati in modo contraddittorio ed irrispettoso nei confronti delle minoranze ed in definitiva del popolo sovrano. Infatti l’obiettivo della coerenza delle maggioranze è costruito in maniera tale da rendere i governi prigionieri di esigue minoranze interne alla maggioranza: il Primo Ministro, designato dagli elettori, ottenuta dalla sola Camera dei deputati l’approvazione del programma, dura in carica tutta la legislatura e un’eventuale sfiducia produce lo scioglimento anticipato della Camera; questo tuttavia può essere evitato solo da una sfiducia costruttiva che può però essere votata solo dai deputati appartenenti alla stessa maggioranza del Primo Ministro uscente, esautorando di fatto e di diritto i rappresentanti del popolo che stanno all’opposizione.
In secondo luogo l’obiettivo del rafforzamento del sistema delle autonomie mediante un federalismo moderno ed efficiente – tanto conclamato dalla Lega Nord - è contraddetto dalla previsione di limiti tali da soffocare le autonomie regionali e il necessario potere di indirizzo dello Stato. Inoltre l’introduzione di un’accentuata autonomia regionale in materie delicate quali la scuola e la sanità rischia di minacciare i principi di uguaglianza dei cittadini e di unità e indivisibilità della Nazione, con il rischio effettivo di avere 20 diversi sistemi sanitari e scolastici a seconda delle politiche decise autonomamente ed esclusivamente da ciascuna Regione.
Come si nota, in entrambi i casi è evidente il contrasto con i principi fondamentali garantiti dalla Prima Parte della Costituzione.
Del resto anche l’invenzione del concetto di “devolution” rappresenta solo il tentativo di mascherare, dietro il termine inglese, la parola italiana “secessione”, che è invece molto più chiara. Non si può al riguardo non sottoscrivere quanto affermato dallo scrittore Claudio Magris sul Corriere della Sera del 18 ottobre 2005, in occasione dell’approvazione della riforma: “E secessione significa, appunto, distruggere l'unità del Paese. A questa unità — a questo senso di più vasta appartenenza comune, pur nella creativa e amata varietà di città, territori, tradizioni, dialetti e costumi diversi — si vuol contrapporre un ringhioso micronazionalismo locale, spiritualmente strozzato dal proprio cordone ombelicale conservato sott'olio e chiuso a ogni incontro, pronto ad alzare ponti levatoi i quali offendono anzitutto il libero e schietto amore per il luogo natio, che è il piccolo angolo in cui impariamo a conoscere e ad amare il mondo”.
Insomma: dal progetto di riforma del Centro destra la Costituzione repubblicana e con essa lo Stato italiano escono stravolti ed indeboliti. Se non si riuscisse a fermare questa riforma con il voto popolare avremmo autonomie regionali meno garantite, governi nazionali meno controllabili, diritti sociali meno certi e maggioranze parlamentari meno libere. Per questo vi invitiamo a votare NO al referendum del 25 e 26 giugno!
Lux-86
00giovedì 8 giugno 2006 10:23
«Una scelta per proseguire le riforme
O vincono i conservatori a oltranza»
Le norme sul Senato sono il principale punto debole Condivido molte idee di Barbera e Ceccanti, ma il «no» toglierebbe ogni spazio
di
Angelo Panebianco

Per decidere come comportarsi nel referendum costituzionale del 25 giugno credo si debbano immaginare gli scenari che discenderebbero, rispettivamente, da una vittoria del sì e da una vittoria del no. Pensiamo a che cosa accadrebbe se vincesse il sì. Le parti più importanti della riforma entrerebbero in vigore solo nel 2011. Ci sarebbe il tempo per intervenire sugli aspetti più insoddisfacenti del testo: in particolare, per modificare composizione e prerogative del Senato (così come è congegnato è il principale punto debole della riforma).
Si noti che molti esponenti del centrodestra si sono dichiarati consapevoli della necessità di apportare modifiche su questo e altri punti. In caso di vittoria del sì, si aprirebbe dunque lo spazio (con cinque anni di tempo per raggiungere un accordo) per una trattativa fra centrosinistra e centrodestra al fine di migliorare il testo. Una volta fatto ciò avremo finalmente la riforma costituzionale vanamente inseguita per un quarto di secolo. Avremo un nuovo ordinamento caratterizzato da un premier forte, dalla fine del bicameralismo perfetto (due Camere con uguali poteri, causa di tante inefficienze), una drastica riduzione del numero dei parlamentari e una correzione abbastanza ragionevole (per lo più, in senso centralista) della pessima devolution (la riforma del titolo V) voluta dal centrosinistra nel 2001.
Immaginiamo ora che cosa accadrebbe se prevalesse il no. Accadrebbe che la Costituzione tornerebbe ad essere immodificabile per parecchi decenni a venire. È il vero punto debole del manifesto dei «riformatori per il no», lanciato da due costituzionalisti di cui chi scrive ha grande stima, Augusto Barbera e Stefano Ceccanti. Molte idee contenute nel manifesto, sia sui gravi difetti della Costituzione vigente sia su quelli del testo varato dal centrodestra, sono, almeno per chi scrive, condivisibili. Ciò che non è condivisibile è la conclusione, la tesi secondo cui, in caso di vittoria del no, ci sarebbe ancora lo spazio per riprendere a breve termine la strada della riforma costituzionale. Non è così. Per almeno tre ragioni. In primoluogo, perché, come dimostrano gli argomenti usati dai promotori del referendum, è tuttora molto forte in questo Paese l'area dei conservatori costituzionali ad oltranza, persone che (legittimamente) ritengono la Costituzione vigente la migliore delle Costituzioni possibili e che, per difenderla, non hanno neppure esitato a rispolverare l'ideologia resistenziale (sembra, ad esempio, che per costoro il premierato sia una specie di tradimento dei valori resistenziali, l'apertura delle porte al fascismo, eccetera).
In caso di vittoria del no, essi si appellerebbero legittimamente al responso degli italiani per bloccare ogni nuova ipotesi di riforma. La seconda ragione è che nella maggioranza di centrosinistra ci sono molti gruppi contrarissimi al premierato e questi gruppi farebbero valere il ruolo che svolgono ai fini della stabilità del governo per bloccare nuovi tentativi di riforma. Da ultimo, non sarebbe più possibile né togliere al Senato il potere di conferire la fiducia al governo né ridurre il numero dei parlamentari. I senatori, e i parlamentari in genere, lo impedirebbero. Se queste misure sono passate con la riforma del centrodestra ciò è accaduto per una specie di miracolo, probabilmente perché molti parlamentari del centrodestra non credevano in cuor loro che la riforma sarebbe davvero andata in porto. È difficile che imiracoli si ripetano due volte.
Due parole, infine, sulla devolution. Premesso che chi scrive trova comunque insoddisfacente qualunque intervento in questo campo che eluda gli aspetti fiscali, resta che, se si confrontano i due testi, il titolo V riformato dal centrosinistra oggi in vigore e il testo della riforma, si scopre che la devolution 1 (la riforma del centrosinistra) è assai più confusa e pasticciata della devolution 2 (quella del centrodestra). Quest'ultima, per lo meno, definisce meglio le competenze esclusive delle Regioni e ricentralizza (reintroducendo il principio dell'interesse nazionale) materie che, insensatamente, il centrosinistra aveva attribuito alla competenza congiunta di Regioni e Stato. Per queste ragioni, chi scrive voterà sì.
DarkWalker
00giovedì 8 giugno 2006 10:59
Innanzitutto, occorre ribadire che la Costituzione Italiana è la legge fondamentale che garantisce i diritti di tutti i cittadini. Essa è in vigore dal 1° gennaio 1948 ed è il frutto di due anni di lavori dell'Assemblea Costituente, eletta nel 1946 a seguito di eventi epocali: la fine della seconda guerra mondiale, il crollo del fascismo e il referendum istituzionale con cui gli italiani scelsero la Repubblica. La Costituzione fu approvata quasi all’unanimità dai componenti l’Assemblea Costituente e rappresenta tuttora la sintesi delle tre culture politiche che stanno alle radici dello Stato italiano: le culture cattolica, socialista e liberale. Un’efficace testimonianza di questa sintesi è il sapiente equilibrio che regola le tre sezioni in cui si articola la Carta Costituzionale: i Principi fondamentali (articoli 1-12), la Parte I relativa ai diritti e ai doveri dei cittadini (articoli 13-54) e la Parte II riguardante l’ordinamento della Repubblica (articoli 55- 139)

Dunque,se una costituzione non è fatta in momenti epocali non conta più nulla?
La parte più importante,quella dei diritti dei cittadini,non si tocca. Si tocca solo la parte riguardante l'mministrazione dello stato.

Il disegno istituzionale complessivo consegnatoci dai costituenti delinea i tratti di una democrazia parlamentare in cui il ruolo e i poteri del Capo del Governo sono subordinati alle funzioni di indirizzo e di controllo dei rappresentanti del Parlamento, mentre i poteri delle Regioni trovano il loro limite naturale nella legislazione nazionale, che stabilisce il livello minimo essenziale delle garanzie al di sotto del quale non è possibile andare in nessuna area del nostro stato.

Sì,delinea una dmeocrazia parlamentare che è inefficiente.Magari nel '48 poteva anche andare bene, adesso(e noi viviamo adesso, non nel '4[SM=g27989]non più. Il bicameralismo perfetto è un tunnel istituzionale, e in tutti gli anni dal 48 in qua abbiamo avuto una media di un governo all'anno.
Le regioni anche con il più ampio potere elgislativo avranno dei aprametri fissati dello stato al di sotto dei quali non potranno andare, non so come faccia questoa rticolo a scrivere ciò come prerogativa della sola costituzione '48.

Come tutte le leggi fondamentali degli odierni stati democratici, anche la Costituzione italiana può essere modificata. E’ già successo varie volte in passato, sempre tuttavia rispettando l’unico limite al potere di revisione costituzionale del Parlamento stabilito dalla stessa Carta: il rispetto dei principi fondamentali e dei diritti affermati nella prima parte della Costituzione.

Infatti la Iparte non viene toccata.

Eppure tale limite è stato superato nel novembre del 2005, quando l’allora maggioranza di Centro destra, contro il parere di esperti di diritto costituzionale, di moltissimi enti locali e di larga parte dell’opinione pubblica, ha approvato, senza un largo consenso parlamentare e con il voto contrario dell’Unione di Centro sinistra, una legge di riforma costituzionale che modifica radicalmente più di 50 articoli della PARTE II

e allora xkè dice che il limite non è stato rispettato?

è contraddetto dalla previsione di limiti tali da soffocare le autonomie regionali e il necessario potere di indirizzo dello Stato
E già, riesce a fare una cosa ed anche il suo opposto. Così l'unione,che va dicendo che è una riforma che spacca l'Italia,adesso viene a dire che non solo la spacca, ma che contemporaneamente soffoca le autonomie regionali. Uhm...
Poi inutile paventare che ci siano 20 sanità differenti. Anzitutto non è vero (come potrebbe visto che la sanità va uniformandosi a tutta europa,v.cartellino sanitario distribuitoci mesi fa),semplicemente quelle di regioni più efficienti sranno più efficienti.Io la chiamo giustizia.

Come si nota, in entrambi i casi è evidente il contrasto con i principi fondamentali garantiti dalla Prima Parte della Costituzione.

E no,veramente non lo noto affatto.

l’invenzione del concetto di “devolution” rappresenta solo il tentativo di mascherare, dietro il termine inglese, la parola italiana “secessione”, che è invece molto più chiara. Non si può al riguardo non sottoscrivere quanto affermato dallo scrittore Claudio Magris sul Corriere della Sera del 18 ottobre 2005, in occasione dell’approvazione della riforma: “E secessione significa, appunto, distruggere l'unità del Paese. A questa unità — a questo senso di più vasta appartenenza comune, pur nella creativa e amata varietà di città, territori, tradizioni, dialetti e costumi diversi — si vuol contrapporre un ringhioso micronazionalismo locale, spiritualmente strozzato dal proprio cordone ombelicale conservato sott'olio e chiuso a ogni incontro, pronto ad alzare ponti levatoi i quali offendono anzitutto il libero e schietto amore per il luogo natio, che è il piccolo angolo in cui impariamo a conoscere e ad amare il mondo”

Non diciamo idiozie,secessione vuol dire staccare una zona dal paese. Dire che può esistere una secessione strozzata dal vincolo anzionalista è una contradizione evidente

Insomma: dal progetto di riforma del Centro destra la Costituzione repubblicana e con essa lo Stato italiano escono stravolti ed indeboliti
Indeboliti?LA costituzione è anzitutto indebolita dal tempo che è passato e che impone un cambiamento amministrativo dello stato
avremmo autonomie regionali meno garantite, ma come, e il pericolo secessione?
governi nazionali meno controllabili direi,al contrario,più controllabili e più efficaci in quello che è il loro compito,governare.
diritti sociali meno certi mah, ad esempio?
maggioranze parlamentari meno libere se questo vuol dire porre la parola fine anzitempo a una legislatura,beh,ben venga.

Che poi,in realtà questa riforma,portando l'amministrazione dello stato a un livello più vicino al cittadino, non fa altro che applicare la già vigente costituzione.Altro che irrispettosa dei principi costituzionali...
Lux-86
00giovedì 8 giugno 2006 11:04
ma che cazzo hai scritto?

EDIT

ha erano dei non quote...

[Modificato da Lux-86 08/06/2006 11.05]

Lux-86
00giovedì 8 giugno 2006 22:14
(ANSA) - ROMA, 8 GIU - 70 costituzionalisti lanciano un appello per il no, decisi a bocciare 'una riforma che investe parti essenziali della Costituzione'. Tra i firmatari dell'appello compaiono Elia, Onida, Ceccanti, Cheli e Grosso.Il referendum e' considerato un'occasione decisiva per affermare che la Carta del '48 puo' e deve essere modificata, ma sempre con 'riforme coerenti con i principi fondamentali della Costituzione'. 'Se vincesse il si' -concludono-diventerebbe impossibile cambiare il testo.'
Lux-86
00giovedì 8 giugno 2006 23:02
ah comunque anche solo perchè c'è scritto "repubblica federale" io voto no. tanto per essere chiari.
DarkWalker
00giovedì 8 giugno 2006 23:43
beh circa la tua motivazione mi sono già espresso.
Poi direi che se passa la riforma il testo sarà ancora modificabile (persino dla mondo politico bossi si dichiara pronto a trattare), al contrario qualora vinca il no l'idea di approntare modifiche(che pure quasi tutto riconoscono debvbano essercene)sarà equiparabile a scoperchiare l'inferno (esagerando ovviamente^^).
Mi piacerebbe dunque sapere su quali basi i 7'costituzionalisit affermano che sarebbe più difficile approntare ulteriori modifiche.
Tra l'altro, Onida è stato presidente della corte costituzionale e se l'art 117,che è quello che dovrebbe assicurare autonomia alle regioni, è stato del tutto e snaturato e reso inefficace lo dobbiamo sopratutto a lui.
Se già se ne è sbattuto di una riforma sicuramente più lieve, mi piacerebbe sapere che cosa gli andrebbe bene. Forse cambiare un paio di virgole è l'unica cosa che accetterebbe.Forse. Fortunatamente non potrà più sedere alla corte costituzionale.
Lux-86
00giovedì 8 giugno 2006 23:54
nell'idea stessa di federazione c'è la possibilità di una secessione. non solo in svizzera. anche in germania per qualche tempo la baviera suggerì l'idea di staccarsi dalla federazione tedesca, anche in america è teoricamente possibile, slavo poi far scoppiare una guerra. forse l'unica in cui è più difficile è la gran bretagna che è a tutti gli effetti una federazione ma ha una formazione sui generis, infatti ha anche tre squadre di calcio diverse nonostante l'unificazione sia sancita da un patot che non so quanto sia rescindibile.

magari nel nostro caso a salvare l'unità nazionale è l'articolo 1 che prevede l'italia come indivisibile (non mi pare sia stato modificato) e che quindi teoricamente renderebbe impossibile un'eventuale secessione, mabisogna notare che se la costituzione è totalmente ispirata al federalismo la caratteristica del federalismo è la posibilità per ogni mebro di andarsene quando vuole.

è un po' la differenza che c'è fra dittatura e stato liberale: nelal dittatura è tutto vietato tranne ciò che è concesso, nello stato liberale è tutto permesso tranne ciò che è vietato; invece in una federazione la secessione è sempre permessa tranne quando è espressamente vietata in una repubblica unitaria è sempre vietata tranne quando è espressamente permessa.

Lux-86
00giovedì 8 giugno 2006 23:59
poi comunque c'è il problema della mafia che andrebeb arginato. quando il csx varò la prima riforma federalista si pensava che togliere soldi al sud avrebbe eliminata la mafia, invece la mafia iniziò a risalire la pensiola per cercare i soldi ed arrivò in zone che prima non aveva mai raggiunto, come la campania o addirittura qua nel Nord dove c'è un'altra mentalità e se uno chiede il pizzo il negoziante lo prende a mazzate.
con questa rifoma la mafia estenderà i suoi tentacoli malefici nella regione più ricca (cioè la lombardia) e conoscendo la classe politica verrà accolta a braccia aperte...
DarkWalker
00venerdì 9 giugno 2006 00:13
Il discorso che fai tu è applicabile sia all'Italia adesso, sia a quella federale che potrebbe venire a formarsi, e in ogni caso si basa su una possibilità troppo latente per poter influenzare veramente.

Quella sualla mafia è già una obezione più seria, ma ti avevo gia detot come pensavo andasse a finire,se ben ricordi...e poi se ilr agionamento è rifornire la amfia di soldi xkè non ne cerchi altri,mh,'nsomma
Lux-86
00venerdì 9 giugno 2006 00:23
Re:

Scritto da: DarkWalker 09/06/2006 0.13
Il discorso che fai tu è applicabile sia all'Italia adesso, sia a quella federale che potrebbe venire a formarsi, e in ogni caso si basa su una possibilità troppo latente per poter influenzare veramente.



troppo latente? mh... il banchetto della lega a piazza cordusio non la pensa come te. in ogni caso togliessero il federalismo e già camabierebbe. trovo inconcepibile che AN abbia votato la devolution persino fiamma tricolore si è schierata contro.
è un problema quasi matematico: i nazionalisti sono automaticamente esentati dal votare una riforma federalista.


Scritto da: DarkWalker 09/06/2006 0.13
Quella sualla mafia è già una obezione più seria, ma ti avevo gia detot come pensavo andasse a finire,se ben ricordi...e poi se ilr agionamento è rifornire la amfia di soldi xkè non ne cerchi altri,mh,'nsomma



ma infatti io non dico che bisogna continuare con l'assistenzialismo per tenere buona la mafia. figurati... io manderei l'esercito a legnare tutti nel sud. il ragionamento è: siccome sappiamo cosa succederà bisogna prevenirlo mandando l'esrcito a mazzolare tutti (soluzione preferibile) oppure con altre misure. non ignorando il problema.

comunque io non ricordo, mi spiace^^

anzi sì ora ricordo

[Modificato da Lux-86 09/06/2006 0.29]

DarkWalker
00venerdì 9 giugno 2006 00:30
beh insomma un bossi che grida italia libera è già un contropeso abbastanza congruo per un banchetto della lega.
Per quanto riguarda i anzionalisti,dipende da chi chiami nazionalista.

beh ma anche io sarei per l'esercito in meridione. MA QUELLO sì sarebbe incostituzionale.
Con il senato federale e dando più poteri ai parlamenti regionali a mio parere diminuisci la portata di corruzione della mafia.
Lux-86
00venerdì 9 giugno 2006 11:47
Re:

Scritto da: DarkWalker 09/06/2006 0.30
beh insomma un bossi che grida italia libera è già un contropeso abbastanza congruo per un banchetto della lega.
Per quanto riguarda i anzionalisti,dipende da chi chiami nazionalista.



ecchecazzo non stiamo qua a giocare sui termini. i nazionalisti sono i nazionalisti. li stessi che in spagna hanno paventato un'insurezione dell'esercito se ci fosse stata un riforma federalista.
noi qua però abbimao i nazionalisti-federalisti. una curiosa figura tutta italiana che è un po' sullo stesso piano dei liberali-monopolisti


Scritto da: DarkWalker 09/06/2006 0.30
beh ma anche io sarei per l'esercito in meridione. MA QUELLO sì sarebbe incostituzionale.
Con il senato federale e dando più poteri ai parlamenti regionali a mio parere diminuisci la portata di corruzione della mafia.



ma che incostituzionale. li mandi anche a controllare il territorio alleggerendo così il carico della polizia e dei carabinieri. oppure a presidiare quei cazzo di monti.
ma ovviamente l'odio antimeridionale proprio di alcuni partiti impedisce di vedere la soluzione semplice (questa) e spinge a vagheggiare di improbabili occupazioni militari.
vabbe' che poi anche la sinistra romperebeb non poco il cazzo...
è un po' la storia della devolution: per avere un governo più stabile non si cambia la legge elettorale in senso maggioritario, non sia mai. è più facile fare una riforma costituzionale solo con i voti della maggioranza e che verrà bocciata al referendum. tutto questo mentre varano una riforma elettorale proporzionale.
proprio bravi...
DarkWalker
00venerdì 9 giugno 2006 14:06
Non sto giocando sui termini. Quelli che tu chiami nazionalisti sono centralisti, altrimenti non esisterebbero anzionalisti in USA etc etc

Un esercito con le stesse limitazioni di carabinieri e polizia nn farebbe nulla di più di carabinieri e polizia. Non è che se cambia la divisa cambia tutto.
Solitamente ocn l'espresisone mandare giù l'esercito si intende instaurare la legge marziale al sud, e limitare per stato d'emergenza alcune libertà dei cittadini (quelle sancite dalla costituzione).

Non capisco il parallelismo esercito-mafia con quello legge elettorale-riforma costituzionale.
Io al referendum voterò indipendentemente dalle altre leggi fatte dal governo, voto una riforma, non uno scheramento.Ad esempio sono contrario all'alleanza lega-FI,dovrei votare no perchè quesot asse si spezzi. Invece ilmio voto riguarderà la riforma, e basta.Semplicemente trovo più saggio considerare una predica per quello che potrebbe fare per il paese piuttosto che il pulpito da cui proviene.

La legge elettorale maggioritaria che si era fatta era maggioritaria a poco più di metà e confermava tutti gli svantaggi del proporzionale, e se berlusconi ha tenuto assieme un governo per 5 anni lo deve alla sua leadership e non alla legge elettorale.
L'ipotetica contraddizionenell'attività legislativa del governo la giudicherò quando dovrò giudicare l'attività del governo.
Il semplice fatto che tu l'abbia tirata in ballo vuol dire che questo per te non è un voto per un testo, ma per un colore politico.
Un punto di vista per me sbagliato e poco saggio.
kurt2409
00venerdì 9 giugno 2006 17:32
Merda non so cosa votare.
Lux-86
00venerdì 9 giugno 2006 17:39
oh cazzo un indeciso.
non è posto per te questo [SM=g27987]

se ne trovo metto altri articoli ma non saranno mai risolutivi^^
kurt2409
00venerdì 9 giugno 2006 17:58
Ma porco cane, lascia stare... I giornali ci stracciano i coglioni su Galliani, Borrelli, Rossi e mio zio in carriola e non dicono un cazzo sul referendum...
Non dico tanto, almeno spiegare cosa cambia IN MODO SEMPLICE E CHIARO...
DarkWalker
00venerdì 9 giugno 2006 19:15
ma infatti io dirie che gli articoli vanno bene,per are una prima infarinatura.Ma poi (v. come esempio l'articolo che si contraddiceva palesemente) meglio ragionare da soli sulla riforma.
Prova a chiedere a qualcuno che abbia passato l'esame di diritto costituzionale(come me!)^^
Lux-86
00venerdì 9 giugno 2006 20:39
il testo della riforma

ho scoperto che con la devolution le modifiche costituzionali non avranno bisogno dei tre terzi dell'assemblea e che potranno essere modificate a maggioranza.
spero di aver letto male mentre formattavo il testo perchè nessuno puo' essere tanto coglione da scrivere una costituzione che puo' essere cambiata a colpi di maggioranza :lol[SM=g27985]
DarkWalker
00venerdì 9 giugno 2006 21:00
neanche adesso c'è bsogno dei due terzi...
Se si raggiungono si salta il referndum.
Attualmente è richesta la maggioranza assoluta (la metà+1dell'assemblea)
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