SINISCALCO HA LASCIATO, FASSINO CHIEDE AL GOVERNO DI DIMETTERSI

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INES TABUSSO
00giovedì 22 settembre 2005 12:18

Berlusconi in mattinata da Ciampi
I leader dell'Unione: voto subito
Il premier alle 11,30 al Quirinale per riferire delle dimissioni del ministro
dell'Economia. Nel pomeriggio riunione di maggioranza a palazzo Chigi. Rutelli
e Fassino alla Camera: basta agonia, si voti subito


LA REPUBBLICA
22 settembre 2005

Lo sfogo del ministro per l'inerzia sul caso Fazio e l'assalto elettorale
alla Finanziaria. Gelido incontro con Berlusconi a palazzo Grazioli
Siniscalco: "Basta immobilismo
Tornerò a fare il professore"
L'ex titolare dell'Economia si dichiara "scandalizzato"
di ROBERTO MANIA

ROMA - "Mi dimetto per l'assoluto immobilismo del governo. Il problema non
è Fazio, ma chi è incapace di risolvere il problema. Per questo non sono
amareggiato: sono scandalizzato". È sera quando Domenico Siniscalco non è
più il ministro dell'Economia. Anche lui come il suo predecessore Giulio
Tremonti, ha gettato la spugna dopo uno scontro istituzionale clamoroso con
il governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio. Ha consegnato la lettera
di dimissioni a Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli, poi, a Palazzo Chigi,
ha spiegato le sue ragioni a Fini e a Letta.

Hanno provato a convincerlo a ripensarci. "No, torno a Torino a fare il professore",
ha replicato in un'atmosfera gelida.

Il ministro ritorna solo "tecnico", diverso dai politici con cui ha convissuto
poco più di un anno. Fino a Fazio. Può finalmente sfogarsi, salutando i suoi
più stretti collaboratori. "Fazio - attacca - è quel mostro istituzionale,
extra-repubblicano, perché qualcuno gli permette di esserlo". È per questo
che le dimissioni non sono contro Berlusconi. Ma contro l'anomalia di un
sistema nel quale "nessun è in condizione di dire che il governatore non
ha più la fiducia del governo".

Era quello che Siniscalco aveva chiesto al Consiglio dei ministri del 3 agosto,
in piena bagarre per le intercettazioni della magistratura. Ma lì Berlusconi
non c'era. Colpito da una improvvisa tonsillite... Il governo rimase zitto.
E allora Siniscalco, qualche giorno dopo, scrisse la sua prima lettera (ufficiale
e protocollata) al premier. Ma ancora nulla. "La verità è che sono due visioni
del mondo. E questo Paese, in questo momento, ha bisogno del massimo di credibilità.
Questa vicenda - davvero - ha colpito direttamente al cuore la credibilità
del nostro sistema finanziario".

Lo vedremo da oggi a Washington: Raghuram Rajan, capo economista dell'Fmi,
davanti a 160 Paesi, parlerà solo della perdita di reputazione dell'Italia.
Non di altro, purtroppo. E a Washington, invece, ci sarà - diceva uno stretto
collaboratore del ministro - "l'uomo più screditato della comunità finanziaria
internazionale".

La Finanziaria c'entra poco, nella scelta di Siniscalco. Anche se c'entra.
Perché l'attacco di ieri dei fazisti (dal collaudato Ivo Tarolli al new comer
Roberto Calderoli) non a caso è partito proprio dalla Finanziaria, con quella
strana distribuzione di Tarolli delle ipotesi tecniche della Ragioneria ai
giornalisti in Parlamento.

Tutte soluzioni tecniche, tutte senza alcun vaglio politico del ministro
del Tesoro. Tutte usate per attaccare il ministro. Tanto che solo poco arriverà
il fuoco leghista: "La Finanziaria non va riscritta, va scritta", gridava
Roberto Calderoli, ministro del Carroccio, mentre il collega Roberto Maroni
andava a fare visita a Via Nazionale, uscendone soddisfatto. "Abbiamo parlato
delle cose nostre, istituzionali".
"E io - ragionava Siniscalco - me ne vado per Fazio ma anche per una Finanziaria
elettorale". Che lui, l'ex ministro tecnico, non avrebbe mai sottoscritto.
"E poi, la Finanziaria è pronta, è scritta. Ce l'hanno tutti e chi afferma
il contrario sa di dire il falso".

Ce l'ha con i fedelissimi del governatore, Siniscalco. E i silenzi dei Palazzi.
"Ma come - insiste - Fazio (dice proprio così l'ex ministro pensando a Tarolli,
ndr) Fazio attacca la Finanziaria e nessuno dice niente. In giro vedo solo
pigmei da gran premio. E tanta ambiguità".

Siniscalco ha capito che doveva accelerare al sua scelta (aveva già detto
"o io o lui") quando si stava stringendo la morsa sul suo dicastero. A Letta
e Fini ha spiegato che "ogni materiale ha una prova di torsione". "Può reggere
- ha insistito - ma fino ad un certo punto. E quando si rompe, si rompe.
Io ho superato il punto di rottura".

Gli ha ridetto che già nella prima lettera era chiaro ciò che bisognava fare.
Da una parte le pressioni dei mercati internazionali, dall'altra i silenzi
dei Palazzi romani. "La seconda lettera (quella di ieri, ndr) non è negoziabile".
Non c'è alternativa alle dimissioni se non farsi stritolare da qui alle elezioni.
"E poi: cosa potevo negoziare? Un posto da deputato nel collegio del Piemonte
Sud? No, non mi interessa. Questa è stata la mia forza da ministro del Tesoro.
No - ripete anche con i suoi - torno a fare il professore a Torino. Davvero
non ne potevo più: un giorno mi dicevano che erano d'accordo con me, il successivo
che però non si poteva fare nulla, poi nulla, infine mi chiedevano scusa".


Siniscalco ha provato a salvare la credibilità dell'Italia, ci ha messo la
sua faccia all'ultima riunione dell'Ecofin di Manchester. "Perché - dice
- nei Paesi normali i governatori della banche centrali hanno 45 anni e quando
arriva la telefonata del governo, scattano". Questo Paese non piace al tecnico
Siniscalco. "Ho chiesto in tutti i modi di impedire i danni. Ma l'ambiguità
continua. Vedo incontri, messaggi. Cose che non capisco, ma che ci sono.
E allora meglio tagliare corto. No, non mi piace un Paese nel quale una grande
banca straniera per venire ad investire i suoi soldi deve chiedere il permesso
di Luigi Grillo. No, non ci voglio stare".





CORRIERE DELLA SERA
22 settembre 2005

Il ministro dell'Economia Domenico Siniscalco
«Dissenso quasi su tutto, torno a insegnare»
«Torno a fare il professore all'università di Torino». Delusione per l'ambiguità
di Berlusconi sul caso Fazio. Timori per la Finanziaria

ROMA - «Torno a fare il professore. Devo solo informarmi sullo svolgimento
del mio corso di economia politica all?università di Torino. E vedere se
rientrare nel primo o secondo semestre». Per Domenico Siniscalco, tecnico
prestato all?amministrazione, il pomeriggio di mercoledì 21 settembre è stato
durissimo. Una riunione dietro l?altra: un summit a Palazzo Grazioli, uno
a Palazzo Chigi pervicacemente smentito dai suoi portavoce e infine un terzo
rendez vous, «complesso» come lui stesso lo ha definito parlando al telefono
con uno dei più cari amici torinesi. Alla domanda (cortese): «Come sta andando
Mimmo? 1, 2 o X?», l?unica risposta che l?interlocutore aveva ottenuto era
stata sibillina: «Si parla, si parla».
In realtà, il match per il professor Mimmo era già perso. Mentre la sua Juve
nelle stesse ore scendeva in campo per espugnare il campo di Udine, il ministro
della Repubblica Domenico Siniscalco aveva già deciso di uscire di scena.
«Caro Presidente, sono in dissenso quasi su tutto». È questa la sintesi ultima
della lettera che il ministro ha scritto al suo premier, una lettera con
la quale gli annunciava le sue dimissioni. E quel «quasi tutto» era la somma
di «Fazio più Finanziaria». Al primo posto, quindi, la profonda delusione
per le ambiguità dell?atteggiamento del presidente del Consiglio che fino
all?ultimo ha evitato di schierarsi apertamente contro il Governatore della
Banca d?Italia. Al secondo, i fondatissimi timori che una Finanziaria già
nata male per le difficoltà di trovare le coperture per spendere diventasse
campo di battaglia privilegiato dello scontro per la leadership nel centrodestra
«Di Banca d?Italia e di Finanziaria ho parlato ripetutamente con Berlusconi
in agosto, ma non è servito» racconta Siniscalco. Ma evidentemente le sue
argomentazioni, le riflessioni sui rischi di perdere ulteriormente quota
nella credibilità internazionale non hanno fatto breccia. E il ministro lo
ammette: «Un metallo, però, ha un suo punto di torsione. Raggiunto quello
non si torna indietro». La metafora sul metallo non è casuale, detta da Siniscalco
nelle ore più difficili della sua avventura politica vuol dire che le sue
dimissioni «sono irrevocabili». Punto.
«Noi di cultura anglosassone - aggiunge con un pizzico di civetteria accademica
- facciamo così. Magari ci mettiamo tempo, ma quando decidiamo le dimissioni
non le diamo per finta». Anche perché nelle chiacchierate di tarda serata
riavvolgendo rapidamente il film delle ultime settimane Mimmo dice agli amici:
«Ho provato in tutti i modi, da davanti, da dietro, da sotto. Non si può
dire che non abbia combattuto». Ed è vero, ammette, che in qualche maniera
ho perso, ma «ha perso soprattutto il Paese». Il pensiero immediatamente
corre a Washington e al Governatore Fazio che rappresenterà l?Italia alla
riunione del Fondo Monetario.
Il giudizio sul vertice massimo di Palazzo Koch è impietoso e la previsione,
fin troppo facile, è che gli articoli-reprimenda della stampa straniera sul
caso Fazio saliranno vertiginosamente ben oltre la quota 170 raggiunta qualche
settimana fa e rinfacciata dallo stesso Siniscalco al Governatore durante
l?ultima riunione del Cicr. E adesso? Chi prenderà le redini del maxi-ministero
di via XX Settembre? La risposta è glaciale: «È your business». Traduzione
nobile dell?italianissimo «fatti loro». E c?è appena il tempo per un?ultima
battuta: «E comunque non è una domanda da fare a me, è difficile che uno
sappia chi sarà il secondo marito di sua moglie».
Dario Di Vico
22 settembre 2005



Il segretario dei Ds: «Definitivo collasso della maggioranza»
Fassino: «Il governo si dimetta e si voti»
Il presidente della Confindustria Montezemolo: «Ulteriore elemento di grande
preoccupazione». Grilli va all'Fmi

ROMA - Il governo si dimetta e si vada alle votazioni. Lo ha chiesto il segretario
dei Democratici di sinistra, Piero Fassino, alla notizia delle dimissioni
del ministro dell'Economia Domenico Siniscalco. «Le dimissioni
Piero Fassino (Ap)
di Siniscalco segnano il definitivo collasso di una maggioranza di governo
in crisi da mesi. Berlusconi e il centrodestra ne prendano atto e rassegnino
le dimissioni, e si vada immediatamente alle elezioni», ha detto Fassino.
«Sarebbe irresponsabile infliggere al Paese altri mesi di crisi e di instabilità».
MONTEZEMOLO: «GRANDE PREOCCUPAZIONE» - «Le dimissioni di Siniscalco sono
un ulteriore elemento di grande preoccupazione. Ho intenzione di chiamarlo,
voglio parlargli», ha commentato il presidente della Confindustria Luca Cordero
di Montezemolo.
GRILLI SOSTITUIRÀ SINISCALCO A FMI - Sarà Vittorio Grilli, direttore generale
del Tesoro, a sostituire Domenico Siniscalco alle riunioni del Fondo monetario
internazionale (Fmi) a Washington. Grilli è già partito verso la capitale
americana. Nessun variazione invece nel programma del governatore della Banca
d?Italia Antonio Fazio, che dovrebbe essere quindi presente alle riunioni
dell'Fmi.
22 settembre 2005



I dubbi del Fondo monetario e le critiche di Confindustria
Il Governatore va negli Usa
Il Fmi: fare chiarezza il più presto possibile per recuperare credibilità.
Al Senato ancora ferma la riforma del risparmio
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ROMA - Il Governatore della Banca d?Italia Antonio Fazio fa sapere che sarà
al vertice del Fondo monetario internazionale che comincia oggi a Washington.
La circostanza imbarazza lo stesso Fmi, la drammatica rottura che ha portato
alle dimissioni del ministro dell?Economia Domenico Siniscalco che aveva
premuto a lungo per quelle del Governatore. Ieri il capo economista del Fondo,
Raghuram Rajan, ha espresso «preoccupazione» e ha invitato a «fare chiarezza
il più presto possibile». In gioco c'è la «credibilità» del Paese, concordava
ieri Siniscalco subito prima di dimettersi. Sulla stessa linea anche il ministro
delle Politiche agricole, Gianni Alemanno, che auspica «un gesto da parte
del Governatore», altrimenti «sarà necessario affrontare la situazione in
Parlamento per trovare una soluzione».
Ma al Senato la riforma del risparmio e l?emendamento del governo sul mandato
a termine del Governatore non fanno passi in avanti. Per ben sette volte,
infatti, è mancato il numero legale, la cui verifica è stata chiesta dalle
opposizioni. E questo nonostante il sottosegretario Maria Teresa Armosino
avesse sottolineato «l?assoluta priorità» del provvedimento.
Preoccupati anche gli industriali, che osservano come la mancata soluzione
del problema Fazio finisca per pesare sulla competitività del Paese. Ieri
Confindustria è tornata a criticare il numero uno della Banca d?Italia e
ha chiesto che le competenze Antitrust sugli istituti di credito oggi in
mano a Fazio passino invece all?Autorità per la Concorrenza. A fianco del
Governatore restano invece, oltre a un gruppetto di parlamentari a lui fedeli,
guidati da Luigi Grillo (FI) e Ivo Tarolli (Udc), la Lega. Ieri il ministro
del Lavoro, Roberto Maroni, è andato dallo stesso Fazio. «L?incontro è andato
bene», ha detto Maroni senza voler aggiungere altro. Secondo alcune indiscrezioni
il ministro avrebbe tra l?altro toccato con il Governatore anche il tema
della Bpi, banca cara alla Lega, nella bufera dopo le dimissioni dell?ex
amministratore delegato Gianpiero Fiorani.
R. R.
22 settembre 2005

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