Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, sent. 3433/2007
L’errore di fatto, che può dar luogo a revocazione della decisione ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., consiste nell’erronea percezione degli atti di causa che si sostanzia nella supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure nella supposizione dell’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza impugnata per revocazione abbia pronunciato; tale genere di errore presuppone, quindi, il contrasto tra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti processuali, purché, da un lato, la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di valutazione o di giudizio e, dall’altro, quella risultante dagli atti e documenti non sia stata contestata dalle parti.
L’errore di fatto di cui si tratta consiste, invero, nel c.d.
“abbaglio dei sensi” e, cioè, nel travisamento delle risultanze processuali dovuto a mera svista, che conduca a ritenere come inesistenti circostanze pacificamente esistenti o viceversa; sicché esso non è ravvisabile quando si lamenta una presunta erronea valutazione delle risultanze processuali o una anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, in quanto ciò si risolve in un errore di giudizio (cfr., tra le altre, Cons. St., Ad. Plen., 11 giugno 2001, n. 3; Cons. St., sez. V, 7 novembre 2002, n. 6146).