spese di rappresentanza...

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lillo1
00giovedì 3 maggio 2007 21:14
la Corte dei Conti, sezione seconda d’appello, con sentenza n. 64/2007, ha chiarito che il pagamento con fondi pubblici di cene consumate a titolo privato costituisce un innegabile pregiudizio economico.

Nel caso di specie, la Corte dei Conti ha giudicato un ricorso in appello in merito alla condanna di un sindaco al risarcimento danni per l’illecito utilizzo di fondi comunali per offrire cene ad amici e parenti, qualificando i relativi costi come spese di rappresentanza inserite in apposite delibere di giunta, ed anche al risarcimento del danno non patrimoniale all’immagine. In particolare, la responsabilità amministrativa dichiarata in primo grado è stata fondata sulla condanna penale per il reato di truffa emessa in sede di giudizio abbreviato.
Come motivi d’appello sono stati dedotti l’assenza di prova sulla non pertinenza delle cene all’incarico istituzionale, l’inesistenza del danno all’immagine posto che il Comune interessato per la presenza di un casinò è sempre oggetto di articoli critici e faziosi da parte della stampa locale. Inoltre è stata contestata l’efficacia della sentenza penale nel giudizio di responsabilità amministrativa finanza la Corte dei conti, in quanto il giudice in primo grado ha ritenuto esistenti i fatti così come emersi nel giudizio penale, senza compiere alcuna autonoma valutazione.
La Corte dei Conti, con sentenza n. 64/2007, ha respinto l’appello. Anzitutto i giudici hanno ritenuto che la pertinenza delle cene all’incarico istituzionale era onere probatorio incombente sul convenuto in primo grado e sull’appellante in secondo grado, i quali dunque dovevano dimostrare che le cene de qua erano atti di rappresentanza. Per consolidata giurisprudenza le spese di rappresentanza possono essere ritenute lecite, solo se rigorosamente giustificate e documentate, con l’indicazione, caso per caso, dell’interesse istituzionale perseguito e del rapporto tra attività dell’ente e la spesa. Nel caso di specie, il carattere privato delle cene era stato accertato inequivocabilmente in sede penale ed il pagamento di fondi pubblici di tali spese costituisce un indiscutibile pregiudizio economico.
Il danno all’immagine è stato ritenuto come danno evento e non come danno conseguenza e ciò pertanto induce ad affermarne la risarcibilità nel momento in cui si verifica l’evento lesivo in sé senza necessità di doverne provare le conseguenze dannose. Infine, in merito all’efficacia del sentenza penale del rito abbreviato nel giudizio di responsabilità, la Corte dei Conti ha ritenuto che non deve essere paragonato tale rito a quello del patteggiamento. In questo rito, infatti, il giudice valuta sulla base degli atti solo la qualificazione giuridica del fatto, la corretta comparazione delle circostanze e la congruità della pena concordata. Nel giudizio abbreviato, invece, il giudice può decidere sulla base degli atti assunti nelle indagini preliminari che l’imputato accetta vengano utilizzati come prova nel momento della scelta del rito, oppure può disporre attività probatoria integrativa. Di conseguenza nel rito abbreviato il giudice penale compie un accertamento del fatto diversamente dal patteggiamento e ciò giustifica il motivo per cui il Legislatore ha escluso l’efficacia del giudicato nei giudizi di responsabilità solo per il patteggiamento e non anche per il rito abbreviato.

lillo1
00venerdì 4 maggio 2007 13:07
comunque, se avete cinque minuti, la sentenza è da leggere. il buon sindaco sostiene, nella difesa, che è normale che un amministratore nelle cene di rappresentanza si faccia accompagnare da parenti e amici (stiamo parlando di spese per cene per circa 37 milioni di vecchie lire..). come è normale che un sindaco di un comune ove è presente un casinò, che rappresenta la principale attrazione del territorio, frequenti abitualmente il casinò stesso per promuoverlo...

scusate la volgarità del paragone. ma mi sorgeva spontaneo domandarmi, in base a tale principio, cosa dovrebbe fare il sindaco del comune di C...., qui vicino, per promuovere la principale attrazione del suo comune, costituita da un lungo viale alberato ad alta densità di traffico, ove stazionano regolarmente prostitute di tutte le nazionalità....
marco panaro
00venerdì 4 maggio 2007 13:29
Magari già lo fa, che ne sai tu?
lillo1
00venerdì 4 maggio 2007 18:07
giusto. speriamo non con i soldi del comune... [SM=g27825]
lillo1
00mercoledì 18 marzo 2009 10:08
Anche gli enti locali devono ridurre le spese di pubblicità e rappresentanza, così come previsto dal D.L. 112/2008.


La sezione regionale di controllo per la Toscana della Corte dei conti, con il parere del 12 marzo scorso n. 12, ritiene che l'art. 61, comma 5, del D.L. 112/2008 si applica anche agli enti locali almeno in via di principio.

La norma prevede che le pubbliche amministrazioni non possono effettuare spese di relazioni pubbliche (rappresentanza, pubblicità, convegni e mostre) per un importo superiore al 50% delle spese sostenute nel 2007 per le medesime finalità.

il comma 15 del medesimo articolo sancisce che detta disposizione non si applica in via diretta a regioni, province autonome, enti del Ssn ed enti previdenziali privatizzati.

i magistrati toscani confermano che l'esclusione operata dall'art. 15 è conforme ai principi costituzionali (e meno male!) per i quali lo stato non può introdurre leggi che quantifichino in modo puntuale le riduzioni di spesa che gli enti locali devono operare, ma può soltanto richiamare l'applicazione di norme che assumono la natura di principi generali di finanza pubblica.

Pertanto, fermo restando l'inapplicabilità diretta del comma 5 dell'art. 61 agli enti locali, è comunque necessario effettuare una riduzione della spese di pubblicità, nell'ottica di contenimento del passivo pubblico: infatti, il D.L. 112 , nello stabilire la non diretta applicabilità della disposizione, implicitamente ha stabilito che tali norme valgono come principi generali cui gli enti locali devono adeguarsi

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