La pratica della scomunica ha effettivamente un valido fondamento biblico che come dicono i tdG si fonda essenzialmente su due passi: 1 Corinti 5:11 e 2 Giovanni 9-10.
Cominciamo con l'esaminare il versetto di Paolo (CEI2008):
"Vi ho scritto di non mescolarvi con chi
si dice fratello ed è immorale o avaro o idolatra o maldicente o ubriacone o ladro: con questi tali non dovete neanche mangiare insieme".
Intanto esaminando tutto il contesto del capitolo, non solo capiamo che la questione riguarda un grave caso di immoralità, ma il rimprovero è rivolto anche alla comunità che, al versetto 2, addirittura sembra che si vanti di questa grave situazione peccaminosa, piuttosto che esserne afflitta. Leggendo con attenzione lo stesso versetto 11 in questione Paolo sottolinea il fatto che questi immorali si definiscono fratelli. Questo ha un significato chiarissimo a parer mio: ai fini della scomunica non importa tanto la gravità del peccato, ma quanto l'atteggiamento che chi commette il peccato assume in relazione alla propria fede. Qui siamo di fronte ad un grave caso di immoralità che non viene percepito come tale nè dal fornicatore direttamente interessato, nè dalla comunità che appunto tollera tale situazione. Ecco quindi perchè Paolo specifica il fatto che questo individuo si definisce fratello, perchè è convinto che la sua condotta è compatibile con la propria vita di cristiano. Mi chiedo quindi cari fratelli tdG se nella vostra pratica della disassociazione si tiene conto di questo aspetto. Quanti dei fratelli che sono stati disassociati sono venuti in congregazione ad affermare con forza che il loro stato di grave peccato è approvato da Geova? Non solo, ma mi sembra evidente come la scomunica non possa essere applicata per chi si dissocia, dato che sicuramente non si può dire che si definisca ancora un fratello.
Adesso esaminiamo il passo di Giovanni (CEI2008)
"Chi va oltre e non rimane nella dottrina del Cristo, non possiede Dio. Chi invece rimane della dottrina, possiede il Padre e il Figlio.
Se qualcuno viene a voi e non porta questo insegnamento, non ricevetelo in casa e non salutatelo".
Ancora una volta non si vuole rimarcare tanto il peccato ( di apostasia in questo caso) ma quanto l'atteggiamento di questo fratello che va dai suoi fratelli proprio per tediarli e portarli sulla falsa dottrina. Vi faccio ancora una volta la stessa domanda di prima: quanti fratelli disassociati vengono a voi per tediarvi? Solo in questo caso non dovreste rivolgere loro la parola.
Mi sembra chiaro che la pratica della scomunica nei tdG sia stata travisata per quello che è il significato biblico. La Bibbia non dice mai che il fratello che pecca debba essere buttato fuori dalla comunità. Certo, chi ha conosciuto la verità commette un peccato grave se si allontana volutamente da essa, ma questo non giustifica la scomunica biblica, poichè allo stesso tempo ci deve essere l'azione specifica del peccatore nel non riconoscere il peccato e quindi la volontà di tediare i fratelli che cammina sulla retta via. Del resto questa pratica della disassociazione è incompatibile con il concetto biblico del buon pastore che lascia le 99 pecore per cercare quella smarrita. Vi chiedo sempre cari fratelli tdG di cercare di capire chi può essere questa pecorella smarrita. E' luomo del mondo che non è mai stato tdG? Non credo proprio, dato che è sempre una pecorella, cioè un fratello che prima faceva parte del gregge, cioè della congregazione. Quindi la Bibbia dice chiaramente che il fratello fornicatore che non viene più in sala perchè riconosce il suo stato di peccato, non deve essere scomunicato con quello che ne consegue, ma anzi deve essere ricercato per poterlo appunto aiutare.
[Modificato da VVRL 22/02/2014 17:42]